Ricordando Alfredo Gianolio, una maialata da Nizzoli

15 aprile 2018 | 08:20
Share0
Ricordando Alfredo Gianolio, una maialata da Nizzoli

Lo straordinario rito kitsch, nel ristorante di Villastrada, è un’occasione per ricordare l’avvocato e intellettuale 90enne recentemente scomparso

REGGIO EMILIA – Come è noto, si è spento poche settimane fa, alla veneranda età di 90 anni, Alfredo Gianolio. Avvocato, critico d’arte, scrittore, Gianolio è stato un intellettuale sui generis, una delle figure più originali prodotte dal mondo della cultura emiliana dal dopoguerra a oggi. Molto si è scritto di lui nei giorni della sua scomparsa, sugli organi di informazione locale e non solo. Edoardo Camurri, ad esempio, ha tratteggiato un suo bellissimo e breve ritratto per “Pagina Tre” su Rai RadioTre.

Nessuno però mi pare che abbia ricordato la grande passione che ha accompagnato Gianolio fino agli ultimi giorni della sua esistenza terrena: quella per la buona cucina. Sono probabilmente due le opere principali di Alfredo Gianolio: “Vite sbobinate e altre vite” e “Pedinando Zavattini, immagini e testimonianze da Cerreto al Po”. Questi volumi hanno una cosa in comune: Arneo Nizzoli. Infatti al cuoco di Villastrada di Dosolo, nella Bassa Mantovana a un tiro di schioppo da Guastalla e da Suzzara, dove Gianolio era nato, è dedicato l’ultimo capitolo di “Vite sbobinate e altre storie”. Sempre Nizzoli campeggia sulla copertina di “Pedinando Zavattini”, insieme alle foto di altri due pezzi da novanta della cultura italiana, Cesare Zavattini, appunto, e Giovanni Lindo Ferretti.

A Nizzoli, Gianolio dedica righe memorabili: “Da ragazzo – scrive – Arneo studiava al collegio Benozzi di Viadana della Curia di Cremona con la prospettiva di diventare prevosto se non addirittura  monsignore. Ma il destino lo chiamò altrove. Fuggì dal collegio ripresentandosi a Villastrada dopo aver percorso dodici chilometri a piedi”. E’ un brano tratto dall’introduzione del capitolo “Arneo Nizzoli: riso e zucca per Zavattini, Bompiani e Bertolucci” che chiude appunto “Vite sbobinate e altre storie”. Dunque, quale occasione migliore della Maialata, una delle tante preparate anche nel 2018 dal Ristorante Nizzoli, per scambiare quattro chiacchiere con Arneo sull’illustre amico da poco scomparso?

Cotiche e zampette sugli assi di legno

Gianolio era una presenza assidua del ristorante: non si contano le volte che il vostro cronista, affezionato frequentatore della trattoria della Bassa, ha scorto a qualche tavolo del locale la sagoma inconfondibile del vecchio avvocato-scrittore. “In novembre, cinque mesi fa, abbiamo organizzato una cena al Teatro Sociale di Gualtieri – ricorda Arneo – e Gianolio c’era, non aveva voluto mancare”. La Maialata è uno straordinario rito kitsch, nel senso che dava a questo termine il grande Gillo Dorfles. Imitatissima e comunque inimitabile, si ripete ininterrottamente nel ristorante di Arneo, e anche di Lina, Dario e Massimo da 56 anni, sempre uguale a se stessa. La prima Maialata si tenne a fine autunno nel 1963, anno di apertura del ristorante, che all’epoca si estendeva su una superficie più piccola di quella attuale. In realtà, alle prime Maialate, che erano eventi unici che si tenevano in occasione della uccisione del maiale, partecipavano solo alcuni invitati: il sindaco, il maresciallo dei carabinieri, il medico, il farmacista e pochi altri. E’ solo a partire dagli anni ’70 che la Maialata inizia ad assumere i contorni odierni di grande festa popolare aperta al pubblico e negli anni ’80 diventa quasi fenomeno di costume, tanto da conoscere un successo che induce Arneo e famiglia a ripeterla anche 30-40 volte nel corso dello stesso inverno.

Il menu è una litania che siamo agevolmente in grado di recitare a memoria. Ci si siede, ed è lì ad aspettarci una scodella ricolma di ciccioli. Poi arriva l’antipasto, il cotechino con il purè e la polenta, sulla quale va spalmato il gràs pistà. Da questo momento in avanti, i piatti vengono portati su lunghe assi di legno, e ci si spartisce le pietanze col dirimpettaio e coi vicini di posto. Si succedono il risotto con la salamella, le cotiche coi fagioli e il fegato alla Veneziana, le ossa e gli zampetti, infine le costine col “culatello ecologico”, la zucca di cui Arneo si è autoproclamato re e imperatore. Il lambrusco, rosso c’al màcia, si versa in scodelle bianche da botti adagiate sui tavoli. Alla fine, piovono sbrisolone tagliate a pezzi da intingere in bicchieroni di nocino. Non manca niente della Maialata classica: il funerale del maiale, la cui testa viene portata in processione su un vassoio da uno stuolo di officianti travestiti da suore e prelati, le cover di grandi successi della canzone italiana cantate in coro dalla sala, guidata per l’occasione dall’attempato folksinger Lele, con accompagnamento di chitarra elettrica e pianola.

Poi, quando parte l’inno di Mameli, tutti ci alziamo in piedi, mettiamo una mano sul cuore, sul quale indossiamo la maglietta celebrativa col faccione di un maiale sorridente, e cantiamo a squarciagola, con Arneo che dà il ritmo battendo i piatti. Accanto a me ci sono ragazzi e ragazze provenienti da Catania, Padova, Savona, Genova, Asti, Torino e perfino due signore danesi, madre e figlia: la prima non manca un appuntamento con la Maialata dal 1989, poi prosegue il suo tour italiano verso la Toscana.

Arneo Nizzoli con un libro di Gianolio

Al termine della cena, Arneo Nizzoli, 83 anni molto ben portati, si siede a parlare con noi di Alfredo Gianolio: “I suoi piatti preferiti erano la spalla cotta alla Giuseppe Verdi, i cappelletti in triplo brodo di gallina, di manzo e di maiale, lo spezzatino con la polenta, e il sugo d’uva con lo zabaione. Il lambrusco lo voleva nero, doveva tingergli la lingua”. “Entrò per la prima volta nel mio ristorante – ricorda Arneo – nel 1964, accompagnato da Cesare Zavattini. Insieme avevano deciso di istituire un premio per i pittori naif, che poi si tenne a Luzzara fino al 2004. E fino agli anni ’80 la cerimonia di premiazione del vincitore si teneva proprio nel mio ristorante. Molti pittori – prosegue Arneo dando fiato ai ricordi – venivano qui a pranzo e spesso mi donavano i loro quadri, quelli che anche oggi si vedono alle pareti del locale. Gianolio è sempre venuto qui, fino a pochi mesi fa, spesso accompagnato dall’amico Carri” “Eh, sì – sospira Arneo – un ringraziamento per Gianolio è poco: lo abbraccio forte forte…Ma sono sicuro che da lassù mi segue ancora, come ha sempre fatto”.