E’ morto Otello Montanari, l’uomo del “Chi sa parli” e del Primo Tricolore

17 aprile 2018 | 10:49
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E’ morto Otello Montanari, l’uomo del “Chi sa parli” e del Primo Tricolore

L’ex partigiano e deputato del Pci è spirato stanotte a 91 anni nella sua abitazione in centro a Reggio. Oggi la camera ardente al museo del Tricolore e domani i funerali

REGGIO EMILIA – E’ morto Otello Montanari (al centro nella foto). L’uomo del “Chi sa parli” e del Primo Tricolore, 91 anni, è spirato stanotte nella sua abitazione in centro a Reggio. Partigiano durante la seconda guerra mondiale e poi impegnato nel Pci, deputato del Pci dal 1958 al 1963.

Montanari partecipa alla guerra di Liberazione nelle file dei Gap. Rimane ferito il 1° gennaio 1945 durante un conflitto a fuoco con i fascisti sulla via Emilia. I colpi di arma da fuoco lo rendono immobile fino a fine 1946 e claudicante per sempre. Nel 1949-1951 diventa segretario della Federazione Mondiale della Gioventù Democratica il cui presidente all’epoca è Enrico Berlinguer. Nel 1955 accompagna Alcide Cervi (padre dei sette fratelli fucilati dai nazisti a Reggio Emilia) nel lungo viaggio attraverso la Russia, lungo il quale sono ricevuti da diverse personalità.

Deputato per il Pci nella terza legislatura, nell’aprile del 1960 partecipa alle proteste e agli scontri di piazza contro il governo Tambroni. Negli anni Ottanta fonda il Comitato Primo Tricolore ed è protagonista con Bettino Craxi della diatriba che divide Milano e Reggio Emilia sulle origini della bandiera italiana (secondo Montanari e altri nata a Reggio Emilia il 7 gennaio 1797).

Presidente dell’Istituto Alcide Cervi e dirigente dell’Anpi, il 29 agosto 1990 su il Resto del Carlino pubblica l’articolo “Rigore sugli atti di “Eros” e Nizzoli” ribattezzato “Chi sa parli” dove invita finalmente a far luce sui delitti compiuti nel dopoguerra, in particolare parla dell’assassinio dell’ingegnere Arnaldo Vischi, direttore tecnico delle Officine Meccaniche Reggiane.

Da quel dibattito pubblico emersero le testimonianze decisive a scagionare Germano Nicolini, il comandante Diavolo, ed Egidio Baraldi dall’accusa di aver ucciso Don Umberto Pessina e Ferdinando Mirotti: le condanne che Nicolini e Baraldi avevano subito ingiustamente furono annullate. Ma Montanari venne espulso dall’Istituto Cervi di cui era presidente, dal Comitato Provinciale dell’Anpi e fu aspramente contestato ed emarginato all’interno del partito comunista, malgrado fosse stato difeso da alcuni importanti esponenti del mondo partigiano (Maria Cervi) e del partito (Nilde Iotti, Antonello Trombadori, Piero Fassino), che, dopo quindici anni, rivalutarono ufficialmente la sua figura, mentre all’istituto Cervi fu riammesso l’anno successivo.

Otello Montanari lascia la moglie Maria Rosa Tincani, la figlia Laura, dirigente dei servizi ambientali del Comune, nonchè i familiari della moglie, il figlio Fabrizio Mangarin, il nipote Alesandro e la nuora Manuela. La camera ardente sarà allestita, a cura del Comune, nel Museo del Tricolore, in piazza Casotti 1. Chi vorrà fare visita alla salma potrà farlo dalle 16 alle 19 di questo pomeriggio e dalle 9 alle 13.30 di domani mattina. Alle 14 la salma sarà portata al cimitero di San Maurizio, dove si svolgerà la sepoltura.

Numerosissimi i messaggi di cordoglio arrivati da Andrea Costa, segretario provinciale del Pd, Graziano Delrio, capogruppo del Pd alla Camera, dal presidente della Provincia, Giammaria Manghi, dal sindaco Luca Vecchi, dal vescovo Massimo Camisasca, da Istoreco, Anpi, Istituto Cervi e Mdp.