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L’Italia domani al voto, in 46 milioni alle urne

3 marzo 2018 | 16:49
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L’Italia domani al voto, in 46 milioni alle urne

Chiusa la campagna elettorale, da oggi c’è il silenzio elettorale. Ogni leader in lizza ha lanciato il suo ultimo appello al voto, in vista dell’apertura dei seggi

REGGIO EMILIA – Silenzio pre elettorale oggi in attesa dell’apertura dei seggi domani dalle 7 alle 23. Chiamati al voto oltre 46 milioni e mezzo di elettori per la Camera dei deputati, quasi 43 milioni per il Senato della Repubblica. Si eleggono 618 deputati e 309 senatori, 18 parlamentari estero. Sarà un Election Day, in quanto si voterà anche per il rinnovo di Presidenza e Consiglio regionale di Lombardia e Lazio.

La caccia agli indecisi, che secondo i rilevamenti riservati ammontano a oltre 4 milioni, ha segnato ieri l’ultima giornata di campagna elettorale. Ad essi si è appellato soprattutto Matteo Renzi, mentre il centrodestra anche in questa giornata è apparso più impegnato nella competition interna. Luigi Di Maio fa mostra di sicurezza per attrarre gli elettori esitanti, dicendo che la partita è solo tra M5s e centrodestra. Per convincere gli indecisi Renzi ha puntato più al loro timore di ritrovarsi lunedì in mano “ai Mago Merlino”, cioè a Di Maio, al “partito dello Spread”, cioè Silvio Berlusconi, o ai “professionisti della paura” e quindi a Salvini.

Gentiloni avverte: “Chi ti promette la luna, di solito ti porta nel burrone”
“Chi ti promette la luna, di solito ti porta nel burrone” ha detto il premier Paolo Gentiloni attaccando chi vuole porre i “dazi” in Italia. I dati Istat che anche oggi confermano la ripresa economica, ha detto il premier, e spingono “a continuare il lavoro fatto e a non buttarlo” lanciandosi in “avventure”. Ha destato entusiasmo, sempre nell’ottica di convincere gli indecisi, la soluzione di una crisi Embraco da parte del ministro Calenda, evitando i 500 licenziamenti. Sia Gentiloni che Renzi hanno salutato positivamente l’esito. Renzi ha detto di puntare a che il Pd risulti il primo gruppo parlamentare ed anzi ha sostenuto che al Senato lo è già: “la partita è tra noi e M5s”.

Ciò consentirebbe ai dem di essere determinanti nella nascita del governo, e magari di aspirare ad esprimere il premier. Se poi in caso di sconfitta qualcuno pensa a sue dimissioni da segretario, sappia che lui “resterà in sella sino a fine mandato, nel 2021”. In ogni caso niente governo con “gli estremisti di M5s” perché è “meglio all’opposizione”.

Berlusconi incontra Tajani dopo il suo sì alla candidatura a Palazzo Chigi
Nel centrodestra Silvio Berlusconi ha incontrato Antonio Tajani, dopo il suo sì alla candidatura per Palazzo Chigi. “Lui è di casa in Europa – ha detto il Cav – questo significa che con Tajani avremo un premier che difende gli interessi italiani in Europa”. E soprattutto dal Ppe è arrivata la benedizione del presidente Josph Daul all’alleanza, unica in Europa, con due partiti della destra sovranista.

Ma Salvini insiste: “”Chi vuole Tajani presidente del Consiglio vota FI, chi vuole Salvini vota Lega”
Ma Matteo Salvini non rinuncia alla competition perché sia la Lega ad essere il primo partito e lui il nome di tutto il centrodestra per Palazzo Chigi: “Chi vuole Tajani presidente del Consiglio vota FI, chi vuole Salvini vota Lega. Io i patti li mantengo…”. Il rammentare ancora una volta i patti tra Fi, Lega e Fdi indica un sospetto non sopito in Salvini, che cioè dopo le urne gli “azzurri” si sfilino. Diffidenza condivisa da Giorgia Meloni: “Mi fido di tutti e di nessuno” ha detto, sottolineando che se il centrodestra non avrà la maggioranza parlamentare che “costringa” Fi a far un governo con gli alleati, dietro l’angolo si profila “un governo dell’inciucio”.

Di Maio: “Il centrodestra non raggiungerà il 40%”
Sul fronte pentastellato Luigi Di Maio prevede che “il centrodestra non raggiungerà il 40%”, utile per raggiungere la maggioranza parlamentare, e quindi “la sera delle elezioni si sfalderà contribuendo al caos”. Parole che evidentemente non scommettono sul fatto che M5s raggiunga la maggioranza nelle due Camere; ma ciò non impedisce di essere sicuro che M5s risulti il primo partito grazie ai collegi uninominali nel Sud sui quali Di Maio ha vaticinato di fare “cappotto” agli avversari. Una forza dimostrata dal fatto di essere l’unico ad aver chiuso con una manifestazione in piazza unitaria, come nel 2013. Se M5s sarà il primo gruppo diverrà centrale al momento della nascita di un governo: “o questi signori vengono a parlare con noi per fare un governo o la prossima legislatura neanche parte”. “La legge elettorale – ha aggiunto – e’ stata fatta per mettere insieme FI e Renzi e fare il 51% dei seggi ma non ce l’hanno più”.