Pestarono camionista, tre arresti: l’ombra della ‘ndrangheta

19 gennaio 2018 | 14:12
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Pestarono camionista, tre arresti: l’ombra della ‘ndrangheta

In carcere Salvatore Spagnolo, 25 anni, e Giuseppe Arabia, 52 anni, fratello del luogotenente dei Dragone. Il figlio di quest’ultimo, Salvatore, è finito ai domiciliari

REGGIO EMILIA – Era stata un’aggressione particolarmente violenta, ma ricondotta inizialmente solo ad una banale rapina. Invece, il pestaggio di un’autotrasportatore avvenuto a giugno dell’anno scorso in provincia di Reggio Emilia – a Ghiardo di Bibbiano a meta’ strada tra il capoluogo e Quattro Castella – ha ora assunto tutt’altri e piu’ foschi connotati. Secondo la Polizia, infatti, i tre uomini che si recarono a casa del camionista, reggiano d’adozione, per massacrarlo di botte, misero in atto una vera e propria “spedizione punitiva” per insegnargli “a stare al suo posto”.

Difficile poi non vedere sullo sfondo, un possibile coinvolgimento della ‘ndrangheta nell’episodio, considerato soprattutto il “profilo” dei responsabili della violenza, arrestati stanotte dagli uomini della Questura reggiana in esecuzione di tre ordinanze di custodia cautelare emesse dal pm della Procura Giacomo Forte. Si tratta infatti di tre uomini originari di Cutro due dei quali, padre e figlio, portano il cognome “pesante” di una famiglia coinvolta nella guerra di mafia della fine degli anni ’90 tra il clan del vecchio boss Antonio Dragone e quello di Nicolino Grande Aracri, suo luogotenente, che nel 2004 lo uccise e lo soppianto’ al comando.

In carcere a Reggio e’ finito Giuseppe Arabia di 52 anni, mentre per il figlio 25 enne, Salvatore Arabia, incensurato, sono stati disposti gli arresti domiciliari. Dietro le sbarre anche il terzo autore dell’aggressione all’autotrasportatore, Salvatore Spagnolo, 27 anni, che secondo quanto ricostruito dai poliziotti fu anche l’autista del raid punitivo. Giuseppe Arabia e’ fratello di Salvatore Arabia, soprannominato Petti Palumba, considerato un luogotenente dei Dragone che fu ucciso nel 2003 sulla spiaggia di Cutro durante un soggiorno nel paese natale.

La loro sorella, inoltre, sposo’ prima uno e poi l’altro figlio di Antonio Dragone, morti il primo di overdose e il secondo ucciso. Tornando al pestaggio dell’estate del 2017, la Polizia ha appurato che la vittima, dipendente di una societa’, voleva lasciarla per cambiare lavoro e rivendicava alcune pendenze contrattuali di fine rapporto. A dirimere il contenzioso si presentarono pero’ – per cause non chiare – non il suo formale datore di lavoro, ma i tre calabresi che risolsero la questione a modo loro.

Dopo le botte al camionista, che riporto’ lesioni multiple alle vertebre cerebrali e un trauma toracico giudicati guaribili in 90 giorni, i tre rubarono alla vittima portafoglio e telefono cellulare. L’aggredito non ha mai sporto denuncia ed e’ stato ascoltato solo come persona informata dei fatti. Determinante per individuare gli aggressori e’ stata invece la testimonianza della fidanzata della vittima. I tre calabresi sono stati arrestati con l’accusa di lesioni gravi, ma sono indagati anche per violenza privata (reato che nel parere del Gip ha sostituito la rapina) e minacce.

Circa un mese dopo i fatti, i calabresi continuavano a perseguitare il camionista, dicendogli: “Allora non hai ancora capito. Io ti brucio. Non ho paura di te, ne’ della Polizia, ne’ dei Carabinieri. Non hai capito che ti vengo a prendere fino a sotto casa. Non mi interessa della denuncia”. Sulla vicenda indaga la Procura ordinaria di Reggio, mentre non pare che gli atti saranno trasmessi a quella antimafia (fonte Dire).