La trattoria Ai Due Platani, tradizione a regola d’arte

19 dicembre 2017 | 14:59
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La trattoria Ai Due Platani, tradizione a regola d’arte

Nella prima periferia di Parma si è materializzato un piccolo miracolo enogastronomico

REGGIO EMILIA – Nella prima periferia di Parma, vicino alla via Emilia in direzione Reggio, dove la pianura è ancora campagna, si è materializzato un piccolo miracolo enogastronomico: la Trattoria Ai Due Platani (Foto di Susanna Fragni da Tripadvisor). Vista da fuori, e anche dentro, in apparenza non ha nulla di eccezionale, anche se tutto è al posto giusto. Qualche dettaglio attira l’attenzione del visitatore più attento.

Ad esempio, in sala fa bella mostra di sé su una parete un quadro, che dentro la cornice porta l’effige di una grande “T”…I coperti non sono tanti, a occhio circa quarantacinque, le tovaglie sono a quadretti bianche e rossi – gli americani vanno pazzi per le tovaglie a quadretti nelle osterie italiane, ma siamo sicuri che la scelta di apparecchiare i tavoli così non sia nata per compiacere i gusti dei gourmand made in Usa –nel menu i piatti non sono tantissimi, e fondamentalmente richiamano la “tradizione”, termine quanto mai vago sul quale in tanti si sono sbizzarriti ad azzardare definizioni a volte ortodosse, a volte bizzarre.

Che cos’è la tradizione? Per Bottura – impossibile non citarlo, ormai è un riferimento per chiunque si occupi a qualsiasi titolo di cucina – piatti dell’Osteria Francescana come il “Ricordo di un panino alla mortadella” o il “Croccantino di fois gras” sono “tradizione in evoluzione”, ovvero “tradizioni gastronomiche” viste “ da un punto di vista critico e non nostalgico, per portare il meglio del passato nel futuro”. Nella trattoria “Ai Due Platani” la tradizione è una cosa diversa, molto più vicina alle radici antropologiche, storico e sociali della cucina italiana.

Qui capisci, se ancora nutrivi qualche dubbio, che il mito di Parma e della Food Valley non è fuffa confezionata dal marketing: è realtà. Ma facciamo un passo indietro, senza perderci in dispute terminologiche che ci porterebbero fuori strada. Il punto è che ci sarà un perché se Michael Ellis, e tutto il gotha della Guida Michelin, il giorno prima della consegna al Teatro Regio di Parma si sono recati a cena in questa trattoria a Coloreto, frazione del Comune di Parma. Ci sarà un perché se la cena di gala della consegna delle stelle della Guida Michelin è stata officiata da Massimo Spigaroli, Norbert Niederkofler, diventato appena poche ore prima il nono chef italiano insignito della terza stella Michelin, e dalla Trattoria Ai Due Platani. Ci sarà un perché se a pranzo ai Due Platani ogni tanto si ferma Gualtiero Marchesi.

Questa trattoria è indubbiamente un luogo abbastanza speciale. E gli emiliani se ne sono accorti da tempo. Desinare in questo ristorante il sabato sera o la domenica pranzo richiede un pizzico di impegno: bisogna prenotare con un mesetto di anticipo, a volte anche due: se il telefono risponde “Tuttu, tut-tu…Occupato”, conviene riprovare. E anche negli altri giorni la prenotazione è rigorosamente d’obbligo. Il rapporto qualità/prezzo è veramente straordinario. Facendo i rispettabilissimi conti della servetta, per un antipasto, un primo, un secondo e un dolce, si spendono circa 35 (trentacinque) euro.

Gli antipasti nascondono subito un trabocchetto: la torta fritta. Servita a pezzi di dimensioni né grandi né piccole, è quasi d’obbligo ordinarla con i salumi. Scrivo “quasi” perché viene proposta anche come pane, cioè senza l’accompagnamento degli straordinari affettati: il prosciutto crudo 30 mesi di Tanara, la Spalla di San Secondo Squisito di Soragna, la Coppa e la pancetta stagionate di Bruno Cavalier Ferrari di Mulazzano Ponte di Langhirano, il salame stagionato di Bocchi di Fornovo, la mortadella favola di cotenna di Palmieri, unico tributo della trattoria, tra gli affettati di maiale, all’Emilia non parmense.

La parola “trabocchetto” non è usata a caso, poiché a questo punto, a meno che non abbiate il privilegio e la fortuna di essere un’ottima forchetta, non è facile gustare appieno, in sequenza, anche il primo, il secondo e il dolce. Tra i quali non è facile scegliere, perché il cliente deve resistere alla tentazione di ordinare sempre, in particolare nella stagione giusta, alcuni piatti iconici, ad esempio i tortelli di zucca: è difficile, e qui lo proclamo solennemente, trovarne di più buoni in Emilia e in tutta la Bassa Lombardia.

Ai Due Platani sono chiusi al momento dell’ordinazione e racchiusi in un involucro di pasta sottile, ovviamente “fatta in casa”. Tra i secondi, il piccione “petto tenero e coscia croccante”, con taccole, rapa rossa e pane alle noci fatto in casa, attira magneticamente, come una calamita, diventa una melodia che risuona nelle orecchie, come il canto delle sirene di Ulisse, e sussurra: “ordinami, ordinami, ordinami”. Tra i dessert, confesso di non ricordare più il sapore della zuppa inglese della signora Paola, perché chiedo sempre il gelato alla crema mantecato al momento. Quando la vita sembra più cupa, il pensiero che una, due o tre settimane dopo, vedrai lo chef Gianpietro Stancari aggirarsi tra i tavoli con un carrello, sul quale troneggia una montagnola di gelato alla crema, è un miraggio che rinfranca, un faro che aiuta ad affrontare con lo spirito giusto le tenebre e le insidie esistenziali.

I gestori della trattoria

Nel momento i cui il carrello del gelato, preparato nel ristorante da una storica “Carpigiani”, arriverà al tuo tavolo, allora dovrai scegliere con cosa guarnirlo: di solito preferisco le noccioline avvolte nel cioccolato caldo. La cantina non è ricchissima ma ha le etichette giuste e molte bottiglie originali, offerte a prezzi con modesti ricarichi. Lo scrivente ricorda di aver bevuto con particolare piacere, ad esempio, il Timorasso Marina Coppi dei Colli Tortonesi 2013 dedicato a Fausto, e lo champagne Savart Premier Cru L’Ouverture.

Il merito di tutto ciò va al patron Giancarlo Tavani e al socio Matteo Ugolotti. La loro scuola, e quella dello chef Stancari, è stata una quindicina di anni fa la celeberrima Ambasciata di Quistello dei fratelli Tamani. Da lì proviene anche il bravo maitre Mattia Serventi. Non c’è che dire: hanno imparato bene, e poi, come si dice a Reggio, ci hanno messo del loro. A proposito: la “T” nel quadro è quella di Troisgros, forse il miglior ristorante di Francia.