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Cronaca
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“Sognavo di fare l’informatica e sono finita sulla strada”

6 ottobre 2017 | 00:30
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“Sognavo di fare l’informatica e sono finita sulla strada”

Il libro autobiografico della nigeriana Blessing Okeidon: “La morte fisica è più dolce rispetto a quella interiore che vivono ogni giorno le giovani che si prostituiscono”

REGGIO EMILIA – Citando il Vagelo – “Chi è senza peccato scagli la prima pietra” – il 9 aprile dello scorso anno, Papa Francesco ha incontrato una cinquantina di prostitute e trans da una decina di Paesi del mondo, accompagnati dai loro bambini e dal “cappellano matto” don Daniele Simonazzi. Parroco a Pratofontana, cappellano dell’Opg, da sempre è in prima linea accanto ai più emarginati, nel 1995 ha fondato “Rabbunì”, associazione che si occupa proprio di vittime della prostituzione.

“In questi anni – spiegava don Daniele all’Osservatore Romano – abbiamo incontrato tantissime ragazze: una parte di loro sta continuando il proprio cammino con noi o lo ha concluso ottenendo la propria autonomia e, in qualche caso, tornando in patria. Abbiamo incontrato anche le loro famiglie e i loro popoli, in particolare quello albanese, quello nigeriano e, più recentemente, quello romeno”.
Il quotidiano della Santa Sede scriveva anche: “Anche le donne costrette a prostituirsi hanno qualcosa di bello dentro da condividere e da presentare al Papa”.

E Bergoglio ha definito più volte la tratta un “crimine contro l’umanità”.
Tra i progetti di “Rabbunì c’è anche l’attivazione “di percorsi legislativi rivolti a vittime di tratta e sfruttamento sessuale o lavorativo” e mettere a disposizione delle vittime una rete di supporto non solo sanitario, abitativo e psicologico, ma anche legale. Infatti, per la legge italiana chi denuncia i propri sfruttatori ha diritto al permesso di soggiorno oltre che a protezione.

Una delle ragazze che lo ha fatto è la nigeriana Blessing Okeidon, che domenica scorsa (24 settembre) è stata inviata da Rabbunì a raccontare il suo calvario in un incontro alla Parocchia di Regina Pacis. Blessing è autrice del libro “Il coraggio della libertà – Una donna uscita dall’inferno della tratta”, scritto insieme alla giornalista Anna Pozzi con la prefazione di Dacia Maraini. Blessing, laureata in informatica, cercava di costruirsi un futuro a Benin City. Qui una “pia donna pia”, membro di una delle tante chiese cristiane africane le propone di venire in Europa per lavorare per il fratello che gestisce negozi di informatica… Ma una volta arrivata, spiega Blessing, “mi hanno detto che dovevo loro 65mila euro e ho capito che ero nelle mani dei trafficanti. Essendo una persona istruita, che legge i giornali , sapevo che loro erano più forti di me, ed ero a loro disposizione da sfruttare”.

Racconta ancora: “Da qual momento ho solo pensato a chi potermi rivolgere per fuggire. Perché sono stata così stupida ad accettare quella proposta? Invece di prendere uno stipendio, con le conoscenze acquisite con tanti sacrifici, dovevo finire in mezzo alla strada?”. Dopo tre giorni la ragazza riesce a contattare la polizia e scappa. Oggi fa la mediatrice: “Quando stavo per la strada mi consideravo morta, in un minuto era scomparsa la mia dignità. Non mi sentivo una persona, ma un prodotto da comprare, da usare, da consumare. La morte fisica è più dolce rispetto alla morte interiore che vivono quotidianamente la ragazze nella strada”. Oggi Blessing insegna alle vittime che c’è possibilità di rinascita.