Mafie, il pentito: così Grande Aracri si prese Reggio

3 ottobre 2017 | 13:08
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Mafie, il pentito: così Grande Aracri si prese Reggio
Mafie, il pentito: così Grande Aracri si prese Reggio
Mafie, il pentito: così Grande Aracri si prese Reggio
Mafie, il pentito: così Grande Aracri si prese Reggio

Antonio Valerio ha raccontato oggi la lotta per il predominio nella città fra i due clan

REGGIO EMILIA – All’inizio c’era solo Antonio Dragone, a Cutro come in Emilia. Poi, approfittando anche della detenzione del vecchio boss del quale era stato luogotenente, si e’ fatto avanti Nicolino Grande Aracri. E’ in sostanza questo il quadro in cui si collocano le nuove vicende – tra gli anni ’90 e il 2000 – riferite oggi in collegamento da un sito segreto con l’aula di Reggio Emilia del processo Aemilia dal pentito di ‘ndrangheta Antonio Valerio.

Che prosegue dunque il resoconto di progetti di fatti di sangue, maturati nella citta’ del Tricolore in un clima di sospetto diffuso, dove anche il non salutare qualcuno poteva essere male interpretato e costare caro. Ma anche dove, chi rimaneva in bilico tra le fazioni in lotta per il predominio, veniva ad ogni buon conto eliminato.

La guerra tra Dragone e Grande Aracri – che Valerio ha definito oggi “architetto” riferendosi alla strategia organizzata per ascendere al controllo della cosca – termino’ poi nel 2004 con l’omicidio a Cutro del vecchio boss, poco dopo essere uscito di prigione. In Emilia invece le ostilita’ cessano prima: “Dopo il 2000 non si spara piu’. Si agiva diversamente perche’ si era capito che i morti si pagano o con la giustizia o con altri morti. E nel nuovo millennio i momenti stavano diventando prosperi”, spiega l’attuale collaboratore di giustizia. Inizia cioe’ la stagione dei soldi e delle false fatturazioni su cui si concentra larga parte dell’impianto accusatorio del processo.

Del periodo in esame, Valerio racconta in particolare di due tentati omicidi, poi sfumati, che avrebbero dovuto essere commessi in provincia di Reggio Emilia. Il primo e’ quello di Raffaele Todaro, genero del boss Toto Dragone, ma anche “braccio economico” della sua parte, che non riusci’ perche’ si rese irreperibile. Il secondo, quello di Salvatore Arabia, uomo della “vecchia guardia” che venne cercato anche “con un elicottero”, ma non sfuggi’ al suo destino nel 2003 in Calabria.

Il pentito ha ripercorso anche la sua carriera criminale, con la “ritualizzazione” dell’affiliazione e i gradi conquistati: nel 2000 sgarrista, nel 2010 “la santa” e infine dal 2010 (sotto Grande Aracri) “quartino” e tre “quartino”. Da quel momento, spiega Valerio, “posso finalmente dire che tutto quello che ho fatto e’ ‘ndrangheta e non criminalita’” (Fonte Dire).