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Cresce la speranza di vita, a 67 anni in pensione

25 ottobre 2017 | 06:33
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Cresce la speranza di vita, a 67 anni in pensione

Rapporto dell’Istat: a 65 anni l’aspettativa di vita arriva a 20,7 anni per il totale dei residenti, allungandosi di cinque mesi rispetto a quella del 2013. Nel 2016 -5% decessi, in totale 615 mila morti

REGGIO EMILIA – Si allunga l’aspettativa di vita: all’età di 65 anni, arriva a 20,7 anni per il totale dei residenti, crescendo di cinque mesi rispetto a quella registrata nel 2013. Lo rileva l’Istat. Quindi sulla base delle regole attuali l’età per la pensione di vecchiaia dovrebbe arrivare a 67 anni nel 2019. In una nota unitaria, Cgil, Cisl e Uil chiedono ‘il blocco dell’adeguamento all’aspettativa di vita previsto per il 2019 e l’avvio del confronto per una modifica dell’attuale meccanismo per superare e differenziare le attuali forme di adeguamento, tenendo conto anche delle diversità nelle speranze di vita e nella gravosità dei lavori’.

Cala la mortalità: nel 2016 sono stati registrati oltre 615 mila decessi tra i cittadini residenti, 32 mila in meno del 2015 (-5%). In rapporto alla popolazione, nel 2016 sono deceduti 10,1 individui ogni mille abitanti, contro i 10,7 del 2015. La riduzione nel numero di morti risulta omogenea sul territorio, anche se risulta più ampia nel Nord-ovest (-5,6%) e nel Sud (-5,7%).

I più longevi in Italia sono gli abitanti del Trentino Alto-Adige, quelli meno longevi invece i campani: è quanto certifica l’Istat nel report sugli indicatori di mortalità della popolazione residente relativi al 2016. Sono 2,7 gli anni che separano le donne residenti in Trentino-Alto Adige, le più longeve nel 2016 con 86,1 anni di vita media, dalle residenti in Campania che con 83,4 anni risultano in fondo alla graduatoria. Tra gli uomini il campo di variazione è più contenuto ed è pari a 2,3 anni, ossia alla differenza che intercorre, come tra le donne, tra la vita media dei residenti in Trentino-Alto Adige (81,2) e i residenti in Campania (78,9).

Lo scatto di età è automatico, ecco la legge
E’ da quasi un decennio che in Italia l’età pensionabile è in linea di principio collegata, praticamente in automatico, all’aspettativa di vita. La regola è stata stabilita, infatti, per la prima volta in una manovra estiva del 2009, poi rivista negli anni, passando per il ‘Salva-Italia’ di Monti-Fornero. La sostanza però non cambia: l’uscita dal lavoro va di pari passo con l’allungamento dell’aspettativa di vita. Il meccanismo agisce su tutti i lavoratori, sia privati che pubblici. L’aggiornamento è previsto ogni tre anni e dal 2019 ogni due. Si può adeguare solo al rialzo, non vale il contrario: se cala la speranza di vita l’età per la pensione di vecchiaia non scende. In caso quindi l’età resta congelata. L’aggiustamento viene fatto in base ai dati, agli indici demografici, che fornisce l’Istat. Si guarda precisamente alla speranza di vita a 65 anni. Le variazioni, calcolate in mesi, vengono trascinate sul requisito minimo per ritirarsi dal lavoro. Il tutto passa per un decreto ministeriale (Mef e Lavoro), direttoriale, che prende atto dei mesi guadagnati.

Provvedimento, di natura amministrativa, che va varato 12 mesi prima dell’aggiornamento dell’asticella. L’età per la pensione di vecchiaia è stata già rivista due volte: nel 2013, aumentata di tre mesi, e nel 2016, salita di quattro arrivando a 66 anni e sette mesi per gli uomini (65 anni e sette mesi per le dipendenti del settore privato). E a bocce forme, se nulla cambia a livello normativo, dal 2019 si alzerà ancora, di cinque mesi, toccando i 67 anni tondi. C’è da dire che la riforma Fornero contiene una ‘clausola di salvaguardia’ per cui l’aumento dell’età a 67 anni scatterebbe comunque, a partire dal 2021.