Agac infrastrutture, un mutuo pagato a peso d’oro

10 ottobre 2017 | 07:34
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Agac infrastrutture, un mutuo pagato a peso d’oro

Sei milioni di perdite in tre anni per un contratto derivato finito in rosso. La società che gestisce le reti idriche aveva stipulato lo strumento finanziario nel 2005 con Unicredit per proteggersi dai rischi di tassi elevati.

REGGIO EMILIA – Agac Infrastrutture, l’azienda partecipata dai comuni reggiani che detiene la proprietà degli acquedotti reggiani, conclude in attivo i suoi bilanci, (+ 2,5 milioni nel 2016), ma i risultati sarebbero anche migliori se la società non si trovasse a dover gestire un contratto derivato in rosso per circa 2 milioni di euro all’anno.

Il contratto ha determinato perdite per 2 milioni e 37mila euro nel 2016; 2 milioni e 5mila euro nel 2015; 1 milione e 953mila euro nel 2014. Fanno sei milioni di perdite in soli tre anni e fonti attendibili parlano di un totale superiore ai dieci milioni. Il problema è diventato così evidente che, quando l’assessore al bilancio al Municipio di Reggio era Francesco Notari, la società (partecipata in maggioranza dal comune capoluogo di provincia) ha avviato una azione nei confronti della banca con cui ha sottoscritto il contratto, ovvero Unicredit.

E nell’ultima assemblea di bilancio di Agac Infrastrutture, il consulente legale della società, l’avvocato Sica, si è espresso in modo particolarmente duro con la banca che ha emesso il derivato. Ecco le sue parole nell’assemblea dei soci: “L’avvocato Sica chiarisce che nel corso dell’esame della documentazione sono emerse delle violazioni di norme imperative da parte della Banca che sono state rilevate in sede di Arbitrato e che sarebbero idonee a determinare un impatto economicamente importante sugli interessi passivi dovuti da Agac Infrastrutture. L’avvocato Sica, a seguito di specifica domanda sul punto, fa presente che nella malaugurata ipotesi di rigetto della domanda arbitrale, Agac Infrastrutture dovrà continuare ad applicare il tasso fisso sino ad ora applicato”.

In sostanza l’avvocato sostiene che il contratto è viziato da illegalità e che la società pubblica non si era accorta, al momento della sottoscrizione del derivato, del contenuto del contratto. Situazione piuttosto grave, dunque, anche se ora è in corso un arbitrato che dovrebbe arrivare ad una soluzione positiva per la partecipata pubblica.

Ma perché Agac Infrastrutture nel 2005 sottoscrisse un contratto derivato? Lo spiega anche in questo caso il bilancio della società. “Il presente – si legge nel documento – è un contratto derivato, avente finalità di copertura, quotato sul mercato bancario, con il quale le parti si impegnano a versare o a riscuotere a date prestabilite importi determinati in base al differenziale di tassi di interesse diversi. Il derivato è stato stipulato a febbraio 2005 con finalità di copertura dal rischio di tasso relativamente al mutuo passivo stipulato con la banca (…), di originari euro 65,5 milioni; il tasso applicato è variabile e, essendo la durata del finanziamento molto lunga, la società ha inteso tutelarsi da un eventuale lievitare dei tassi di interesse. Il presente derivato prevede la liquidazione dei differenziali due volte all’anno (al 30 giugno 2016 e 31 dicembre 2016) e pertanto rientra nella tipologia dei c.d. contratti pluriflusso perciò i differenziali maturati nel corso dell’esercizio figurano tra gli interessi passivi”.

In sostanza a metà del decennio scorso la società si impegnò con un mutuo a scadenza a lungo termine: i soldi servivano per gli investimenti sulla rete idrica pubblica provinciale. Il problema era rappresentato dal tasso di interesse variabile: si immaginava il rischio di un possibile aumento del tasso negli anni a venire. Per questo Agac, in via precauzionale, fece ricorso al derivato: uno strumento che avrebbe controbilanciato il rischio di esborsi maggiori per l’ente pubblico, prevedendo un meccanismo che avrebbe portato la banca a versare somme alla società. Il problema è che i tassi di interesse, invece di aumentare, per effetto della crisi crollarono. E in questo caso era la società pubblica a dover sborsare alla banca.

Per risolvere il problema si è passati di fatto alle vie legali: “Agac Infrastrutture – si legge nel verbale dell’assemblea dei soci – nell’ottica del contenimento dei costi finanziari (con riferimento agli obiettivi strategici 2017 stabiliti dai soci e di cui al successivo punto 5 ), ha ritenuto opportuno procedere alla riduzione del tasso di interesse applicato al mutuo contratto con Unicredit, avviando un contenzioso arbitrale attualmente in corso, di cui si è già dato atto nelle precedenti riunioni assembleari”.

Nonostante la non perfetta riuscita dell’operazione derivato 1, Agac infrastrutture ha sottoscritto tre anni fa un ‘derivato 2’: “In data 07 febbraio 2014 la società ha sottoscritto con Cassa Centrale banca un contratto derivato, del valore nozionale originario di 3 milioni di euro con scadenza 31 ottobre 2024, denominato Cup di copertura del finanziamento in essere di 5 milioni di euro stipulato in data 14 novembre 2013 e scadente in data 31 ottobre 2030”.