Aemilia, i difensori torchiano Antonio Valerio

24 ottobre 2017 | 14:00
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Aemilia, i difensori torchiano Antonio Valerio

A Reggio prosegue il controesame del pentito di ‘ndrangheta

REGGIO EMILIA – Su un fronte sollevare le sue contraddizioni per minare la credibilita’ del “pentito”. E, parallelamente, promuovere un’immagine “piu’ sfumata” della posizione dei propri assistiti, opposta ai contorni netti delineati dall’impianto accusatorio. Continua cosi’ la controffensiva delle difese degli imputati del maxi processo reggiano Aemilia contro la ‘ndrangheta, che ha visto proseguire nell’udienza di oggi l’interrogatorio del collaboratore Antonio Valerio, gia’ sentito a lungo dai pubblici ministeri.

A “torchiarlo” sono in particolare gli avvocati difensori dei fratelli Palmo e Giuseppe Vertinelli (imprenditori edili di origini calabresi residenti a Montecchio che hanno subito in questi anni sequestri milionari di beni) e di Michele Bolognino, ritenuto il gestore delle attivita’ della cosca nel parmense, per conto del boss Nicolino Grande Aracri. Proprio con i Vertinelli Valerio inizio’ a lavorare appena arrivato negli anni ’80 dalla Calabria, “perche’ mio fratello Gaetano era gia’ con loro”.

Ma secondo il pentito i due imprenditori non erano proprio i datori di lavoro ideali: “A mio fratello facevano credere che era loro socio, anche perche’ era fidanzato con una loro sorella, ma non era vero, lo sfruttavano, anche qua c’era il caporalato. Infatti lui pensava ad andarsene ma poi sceglieva la sicurezza del lavoro”. Piu’ tardi Valerio e suo fratello rilevarono un bar, “l’ex Miro'” in via Toschi, in pieno centro storico a Reggio.

Incalzato dagli avvocati il pentito racconta anche di un incontro, avvenuto nel 1999 tra Palmo Vertinelli e Nicolino Grande Aracri. L’imprenditore si rivolse per organizzarlo proprio a Valerio, legato al boss da “una fratellanza criminale ‘ndranghetista” iniziata quasi 10 anni prima. “Nicolino mise Vertinelli in sudditanza psicologica e lui capi’ che Grande Aracri era il capo”. Dal legale di Bolognino sono invece contestate le dichiarazioni di Valerio che accusano il suo cliente di aver ucciso Francesco Capicchiano di Isola Capo Rizzuto, uno dei killer di Luca Megna, freddato il 22 marzo del 2008 a Papanice di Crotone.

“In quel periodo – obietta il difensore – Bolognino era semilibero, la sera doveva tornare in carcere”. Per Valerio il tragitto Reggio Emilia-Crotone in giornata “e’ pero’ fattibilie”. Infine e’ arrivata una protesta unanime dei difensori sull’accesso alle trascrizioni integrali degli interrogatori di Valerio che, assicurano i Pm, sono da oggi disponibili a Bologna. “Lanciamo un appello alla Procura per consentirci di lavorare nell’interesse dei nostri assistiti, perche’ cosi’ non e’ possibile”, dicono gli avvocati.