Tripoli contro la missione italiana

4 agosto 2017 | 20:56
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Tripoli contro la missione italiana

Arriva da Tripoli un attacco alla missione delle navi italiane. “La sovranità nazionale è una linea rossa da non oltrepassare”. Per Emergency la missione è una “evidente negazione dei diritti umani fondamentali di chi scappa dalle guerre e dalla povertà.

TRIPOLI (Libia) –  Arriva da Tripoli un attacco alla missione delle navi italiane. Il vice del premier Sarraj, Fathi Al-Mejbari, chiede all’Italia di “cessare immediatamente la violazione della sovranità libica” e chiede l’intervento del Consiglio di Sicurezza dell’Onu. Per il sito della tv LibyaChannel, “Al-Mejbari ha anche chiesto alla Lega Araba e all’Unione Africana di esprimersi al riguardo”. Viene intanto dall’Onu l’allarme sulle condizioni dei profughi in Libia: “Non ci sono centri, ma carceri orribili”, dice all’Ansa Vincent Cochetel, inviato speciale dell’Unhcr per la rotta del Mediterraneo Centrale.

La Camera dei deputati italiana due giorni fa aveva dato il via libera alla missione internazionale in Libia, a supporto della Guardia Costiera libica; prevede l’invio di navi militari italiane: la misura (passata con 328 sì) era stata annunciato la settimana scorsa da Paolo Gentiloni che , al termine dell’incontro a Roma con il premier libico, aveva spiegato come quella dell’Italia fosse una risposta, doverosa, ad una richiesta del premier libico Al Sarraj. Per la verità, lo stesso Serraj all’indomani aveva puntualizzato, con un comunicato inviato ai media libici, che “la sovranità nazionale è una linea rossa da non oltrepassare” e che all’Italia era stato chiesto solo un sostegno alla Guardia costiera per addestrarla. Tra l’altro anche la Commissione sicurezza e difesa della Camera dei Deputati libica non condivideva la decisione del premier di chiedere aiuto all’Italia che coglierebbe “ogni pretesto per compiere violazioni”. La proposta di Serraj veniva dunque bocciata  definendola “incostituzionale e lesiva della sovranità dello Stato, e che rappresenta l’imposizione di un fatto compiuto sui propri cittadini”. E si faceva “appello alle forze armate arabe libiche affinché rispondano al proprio dovere di tutelare la Libia contro ogni tipo di violazione”.

Strategia complessa. Intanto, l’ambasciatore italiano a Tripoli, Giuseppe Perrone, in una intervista al Corriere della sera ha detto che la situazione non ferma “la missione italiana, già concordata con le legittime autorità libiche che fanno capo al Consiglio presidenziale sulla base di una sua richiesta… Noi siamo interessati a operare d’intesa con tutti i libici se è possibile, e ovviamente con il generale Haftar. Quindi cercheremo il contatto anche con lui e faremo in modo di spiegare gli obiettivi di una missione che non è militare, ma di assistenza alle autorità libiche affinché possano esercitare la loro sovranità in tutto il territorio del Paese. Lo stiamo spiegando a tutte le autorità. È una missione che serve a rafforzare la sovranità libica, non a indebolirla”. “La nostra – fa anche sapere Perrone – è una strategia complessiva. Con la Guardia costiera libica, una parte. Lavoriamo al Sud anche con la Guardia di frontiera e con i Paesi vicini. L’obiettivo è che il traffico di esseri umani non entri proprio in Libia. Agiamo con sindaci del Sud e della costa perché ci siano alternative all’economia di questo traffico. Importante è anche migliorare le condizioni dei campi di accoglienza in Libia”.

Il codice di condotta per le Ong. Emergency ritiene che il Codice di condotta per le Ong che operano nel Mediterraneo metta “a rischio la vita di migliaia di persone e costituisce un attacco senza precedenti ai principi che ispirano il lavoro delle organizzazioni umanitarie”. L’organizzazione medico-umanitaria (che non è direttamente interessata ai salvataggi in mare) ritiene  “inaccettabile” il Codice imposto dall’Italia alle Ong e critica fortemente anche la decisione di Roma di inviare navi militari in Libia, che in una newsletter definisce “un atto di guerra contro i migranti”. Non solo: la richiesta di consentire l’accesso sulle navi delle Ong di poliziotti armati è, per Emergency, “una aperta violazione dei principi umanitari che sono il pilastro delle azioni delle Ong in tutto il mondo”. Una concessione che “rischia di creare un pericoloso precedente”. “Questo codice di condotta – continua Emergency – è la foglia di fico di un’Europa che continua a dimostrarsi indisponibile, ancor prima che incapace, a gestire questa crisi con responsabilità e umanità… L’unica risposta sembra essere, ancora una volta, quella militare, sia nel Mediterraneo che nei Paesi di origine e transito”. Infine, l’invio di navi militari in Libia per l’organizzazione medico-umanitaria è una “evidente negazione dei diritti umani fondamentali di chi scappa dalle guerre e dalla povertà. Migliaia di persone verranno respinte in un paese instabile e saranno esposte a nuovi crimini e violenze, senza alcuna tutela”.