Sanità, “anti cicogne” contro micro punti nascite: “Non sono sicuri”

5 maggio 2017 | 15:39
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Sanità, “anti cicogne” contro micro punti nascite: “Non sono sicuri”

Le associazioni di pediatri e neonatologi oggi all’Ausl: “Sotto i 500 parti l’anno vanno chiusi”. Il sindaco Bini: “Se non è sicuro, allora chiudetelo domani mattina”

REGGIO EMILIA – Nei punti nascite degli ospedali periferici con pochi bebe’ atterrano le “anti cicogne”. Ospitati nella sede reggiana dell’Ausl di via Amendola, i rappresentanti regionali delle associazioni di categoria di pediatri e neonatologi spiegano perche’, a loro dire, quei reparti sono insicuri e vanno chiusi. Nel mirino, le strutture che non garantiscono almeno 500 parti all’anno, limite che fa gia’ eccezione a quello fissato dalla Conferenza Stato-Regioni nel 2010 di almeno mille interventi per attivare o mantenere i punti nascita.

Un numero pesante per la realta’ reggiana che, sulla carta, dovrebbe determinare la chiusura di quasi tutte le nursery provinciali, ad eccezione di Montecchio, Guastalla e di quella del capoluogo, dove tra l’altro e’ all’orizzonte la realizzazione di un nuovo ospedale per la maternita’ e l’infanzia (il Mire). Sempre in ambito locale, le affermazioni dei professionisti calano una doccia gelata sul Comune di Castelnovo Monti, dove per l’ospedale S.Anna la Regione ha espresso la volonta’ di chiedere una deroga per il servizio alle gestanti.

“Il parto e’ un evento fisiologico e naturale che nella maggior parte dei casi non necessita di alcun intervento – spiega la presidente regionale della societa’ italiana di neonatologia Gina Ancora – ma come sapevano bene anche le nostre nonne, puo’ a volte trasformarsi in una reale emergenza che mette a rischio la vita della mamma, del bambino, o entrambi”. In questi momenti, continua il medico, “anche se i casi sono rari – circa quattro su 1000, ma per coloro a cui capita e’ il 100% – occorre prestare interventi in modo rapidissimo e coordinato, e’ questione davvero di secondi e serve un gruppo con competenze specifiche come quelle delle gare di Formula uno, dove il premio e’ la sopravvivenza e soprattutto senza conseguenze postume”.

Ebbene, continua la professionista: “Ci autodenunciamo: neanche il piu’ bravo fuoriclasse puo’ fare tutto da solo”. Ecco perche’, mancando negli ospedali periferici queste strutture organizzative, “tutte le attivita’ di urgenza devono essere centralizzate”, dicono le associazioni, secondo cui il metodo della rotazione dei professionisti per garantire i servizi e’ “inadeguato”. Discorso diverso, invece, per le attivita’ di controllo pre e post parto, che per Ancora, devono “essere rafforzate e prossime al domicilio”.

Quindi, dice la neonatologa, “che la nascita avvenga in un luogo centralizzato non vuol dire che lo siano anche la gravidanza e il puerperio. Tutto il controllo deve essere vicino alla famiglia. Tante risorse possono essere messe sul quotidiano in questa fase, mentre la sicurezza del parto va garantita assolutamente con la centralizzazione”. I professionisti rispondono anche alle obiezioni sollevate da numerosi comitati che chiedono punti nascita vicino casa per paura dei parti prematuri. “In realta’- afferma Ancora- i parti frettolosi che spesso vediamo anche nelle grandi citta’ sono quelli che comportano meno pericoli. Lo dicono le statistiche”.

Infine, alle accuse di chi, come il sindaco di Castelnovo Monti Enrico Bini, ha visto nella conferenza stampa un intervento politico, la dottoressa ribatte: “La nostra motivazione e’ la sicurezza: della mamma, del bambino e del nostro futuro. Questo e’ un tema scientifico e politico e interessa tutti a 360 gradi”. Passando ai numeri del territorio reggiano, i punti nascite che nel 2016 hanno superato i 500 parti sono Montecchio (639) e Guastalla (732). A Scandiano sono stati 490, in calo del 31% rispetto ai 707 del 2011 e a Castelnovo 153. Nel 2015 erano stati 162 e sei anni fa -nel 2011- 203.

Il sindaco Bini: “Se non è sicuro, allora chiudetelo domani mattina”
Se il punto nascite di Castelnovo Monti non e’ sicuro, “allora va chiuso domani mattina”. Lo ha detto Enrico Bini, sindaco del Comune dell’appennino reggiano, protagonista stamattina di un siparietto nella conferenza stampa nella sede dell’Ausl sul destino dei reparti di ostetricia con meno di 500 parti all’anno.

Ai rappresentanti delle associazioni di pediatri e neonatologi che ne teorizzano la soppressione il sindaco, presa la parola dopo i cronisti, dice: “Condivido le cose che dite perche’ la sicurezza deve essere al di sopra di ogni cosa. Siamo i primi che ci teniamo alla sicurezza del nostro ospedale e non vogliamo che ci siano rischi”.

Ma, prosegue Bini, “se un piccolo ospedale come il nostro ha tutti i passaggi, perche’ ha l’h24 ginecologico e di ostetricia, l’h24 di rianimazione e manca solo la copertura di una parte notturna del neonatologo pediatra, se quel problema viene risolto puo’ essere data una deroga o no? E’ sicuro o non e’ sicuro?”. Lapidaria la risposta dei professionisti: “Non e’ sicuro in maniera documentata e chiara”. Allora, “va chiuso domani mattina”, conclude Bini, che ha pero’ invitato i medici ad andare a visitare di persona la struttura.