Il Vescovo invita a “uscire dalle mura, verso un mondo di bisognosi”

13 aprile 2017 | 20:18
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Il Vescovo invita a “uscire dalle mura, verso un mondo di bisognosi”

Il vescovo: “Seguire l’invito del Papa, uscire dalle mura in cui ci sembra di vivere sicuri, per andare verso un mondo che non conosce Cristo, di bisognosi”

REGGIO EMILIA – Sono iniziati i riti cristiani del Triduo Pasquale. Ecco l’Omelia che il vescovo Massimo Camisasca ha pronunciato oggi in cattedrale a Reggio, nel corso della Messa Crismale davanti a tutti i sacerdoti della Diocesi,n el corso della quale sono stati bendetti gli olii che poi serviranno nel corso dell’anno per somministrare i sacramenti (dal battesimo all’estrema unzione) nelle varie parrocchie.

Cari fratelli e figli,
Cari presbiteri della Chiesa di Reggio Emilia – Guastalla o che prestate servizio in questa Chiesa,
Cari diaconi aggregati dal mio venerato predecessore mons. Gilberto Baroni a questa celebrazione che vede quindi significativamente attorno al vescovo tutti coloro che partecipano del sacramento dell’Ordine,

a voi il mio saluto affettuoso e fraterno, che estendo volentieri a tutte le comunità a voi affidate.
La messa crismale, la messa in cui vengono benedetti gli olii santi per la celebrazione dei sacramenti del Battesimo, della Cresima, dell’Ordine e dell’Unzione dei malati, vede radunati in un’unica celebrazione tutti i presbiteri. È il segno più eloquente dell’unità di tutto il presbiterio di cui vi ho parlato due anni fa, proprio durante questa celebrazione. Voglia il Signore che questa unità sia soprattutto un’unità nella fede, nella carità, nella speranza.
Ricordando il giuramento avvenuto in occasione della nostra ordinazione, vogliamo rinnovare la nostra adesione concorde e convinta a tutte le verità contenute nel Simbolo degli Apostoli, convinti che esse non sono verità astratte o intellettuali, ma piuttosto il contenuto della nostra stessa vita. Amati e voluti dalla Trinità, a essa torniamo, portando con noi coloro che il Signore ci affida.
Unità nella carità significa amore al corpo di Cristo, alla sua Chiesa, amore che non tollera divisioni, «Ne nos mente dividamur caveamus» (Ubi caritas est vera di Paolino d’Aquileja). Carità tra di noi dunque vuol dire ricercare le strade per lavorare assieme, soprattutto là dove viviamo in un’unica unità pastorale; indica un preconcetto positivo verso il nostro fratello, un perdono reciproco, un’assenza di mormorazione o addirittura calunnia.
Unità nella speranza significa capacità di suscitare gli uni gli altri le ragioni che ci permettono di guardare al futuro con spirito costruttivo, sapendo che Gesù Cristo è lo stesso ieri oggi e sempre (Eb 13,8) e che egli chiede proprio a noi di diventare fecondi scrittori di una pagina nuova della sua Chiesa. Speranza vuol dire connettere il passato con il futuro, non chiudersi nella sterile difesa di ciò che è stato, ma neppure dimenticare o addirittura cancellare la grande Tradizione della Chiesa che è l’ossatura portante del popolo a cui apparteniamo.
Questo nostro ritrovo liturgico è per me l’occasione quest’anno per parlarvi della visita pastorale. Non potevo farlo prima perché essa era troppo agli inizi. Oggi, quando mi sto avviando a completare la visita di venti unità pastorali, un terzo dunque della nostra diocesi, posso iniziare a riflettere con voi su questo mio e nostro itinerario.
Vi devo confessare che, all’inizio, la visita pastorale mi spaventava. Non sapevo cosa avrei trovato. Non sapevo se avrei retto al peso della fatica. Non sapevo soprattutto se avrei trovato la nota giusta per incontrare e parlare con la mia gente.
Oggi posso dire che la visita pastorale, pur nella sua impegnativa richiesta di energie, costituisce una delle maggiori fonti di gioia del mio ministero episcopale. Diverse sono le cause di questa gioia.
La prima è rappresentata dalla possibilità di vedere i volti delle persone che compongono le nostre comunità. I volti sono spesso rivelatori dell’anima profonda della gente. Nella visita pastorale incontro volti pieni di attesa, talvolta volti disorientati, talaltra decisi ad affermare la positività di una storia che vedono in pericolo; volti di adulti, di giovani, di ragazzi. La nota più comune è quella del desiderio di un incontro. Non mi è difficile parlare durante la visita pastorale proprio perché percepisco l’attesa e le domande. Secondo l’impostazione che abbiamo dato, si può dire che la visita sia – nella maggior parte dei momenti che la compongono – soprattutto un dialogo tra il vescovo e la gente. Sono ore e ore di conversazione comune da cui traggo un grande beneficio e che mi permettono di conoscere sempre meglio il popolo della nostra chiesa di Reggio Emilia – Guastalla.

Che cosa ho notato spesso in questi dialoghi? La ricerca, a volte pacata, altre affannosa, di punti di riferimento. Tutti avvertono gli enormi cambiamenti che stiamo vivendo. Quasi nessuno sa quale sarà il volto del nostro futuro, ma tutti si aspettano dal vescovo un aiuto a vivere il presente. Ecco allora che la visita pastorale diventa per me, ma sono sicuro anche per i presbiteri, i diaconi e i tanti laici responsabili delle comunità, un’occasione privilegiata per rispondere assieme alle domande che la nostra gente ci rivolge, per meditare assieme, per trovare assieme le strade delle risposte.

La seconda ragione di gioia della mia visita pastorale è la scoperta che vado facendo in modo sempre più vivo della fede del popolo. Rendo grazie a Dio per voi e per tutti coloro che vi hanno preceduti nel ministero presbiterale. La fede del nostro popolo è molto chiara ed esige da noi altrettanta chiarezza e disponibilità a indicare ciò che è essenziale per vivere la sequela di Cristo. La nostra gente vuole che coniughiamo sempre verità e misericordia, vuole ascoltare il punto alto ed esigente a cui tutti siamo chiamati, ma nello stesso tempo vuole una mano misericordiosa che  accompagni e rialzi quando si cade, vuole che il passo di chi guida si moduli sul passo di chi deve essere aiutato a camminare.

La visita pastorale mi ha permesso di vedere la grande passione di carità che anima tutte le nostre comunità. Le iniziative di incontro, di aiuto ai poveri e ai bisognosi sono moltissime. Nello stesso tempo è altrettanto urgente seguire in profondità l’invito di papa Francesco, che ci invita a uscire dalle mura in cui ci sembra di vivere ben protetti e sicuri, per andare verso un mondo che non conosce Cristo, ma anche verso un mondo di bisognosi che ci possono aiutare nel nostro cammino verso Cristo.

Cari fratelli e figli, ogni volta che termino una visita pastorale elevo al Signore la mia preghiera di gratitudine per il vostro ministero. Non sentitevi mai soli: c’è il Signore accanto a voi, c’è il vescovo, ci sono i fratelli e le sorelle che compongono la nostra Chiesa. Non pensate mai che il vostro lavoro sia inutile. Non scoraggiatevi quando sembra che le forze vengano meno: tutti noi possiamo offrire sempre la nostra malattia, la nostra stanchezza, la nostra debolezza, persino la nostra condizione di peccatori, perché essa ci rende umili di fronte a Dio e agli uomini. Perdoniamo le offese che ci siamo fatti reciprocamente e ricominciamo con freschezza – come il primo giorno, anzi con una maturità nuova – il nostro servizio, cercando sempre nell’eucarestia celebrata e adorata il vigore e il significato del nostro pellegrinaggio terreno.
Amen.