L’ex prefetto: “Ho amato Reggio, poi ho visto chi stava con la mafia”

4 aprile 2017 | 14:37
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L’ex prefetto: “Ho amato Reggio, poi ho visto chi stava con la mafia”

La De Miro stamattina in aula: “Pensare che un politico, pezzi della societa’ reggiana delle professioni, avvocati, giornalisti, una giornalista che aveva frequentato la prefettura amabilmente, potessero stare con chi ritenevo essere l’anti-Stato mi ha sorpresa e amareggiata”

REGGIO EMILIA – “Ho amato questo territorio, ritenevo che esercitando la mia funzione potessi difenderlo dalle infiltrazioni. Pensare che un politico, pezzi della societa’ reggiana delle professioni, avvocati, giornalisti, una giornalista che aveva frequentato la prefettura amabilmente, potessero stare con chi ritenevo essere l’anti-Stato mi ha sorpresa e amareggiata”.

Sono le parole del prefetto di Palermo Antonella De Miro, dal 2009 al 2014 in carica a Reggio Emilia, dove ha aperto la stagione della lotta alla ‘ndrangheta con le interdittive. Dopo il rinvio della deposizione a inizio febbraio per un cavillo sollevato dagli avvocati difensori, questa mattina De Miro e’ ritornata nell’aula reggiana del processo Aemilia a chiarire la sua non breve attivita’ di presidio del territorio alle infiltrazioni criminali per la quale, secondo il quadro ricostruito dagli inquirenti, anche il prefetto e’ diventata un bersaglio – insieme a Provincia e Camera di commercio – della strategia di delegittimazione messa in atto dalla cosca.

In particolare, durante il mandato mandato di De Miro, la Prefettura di Reggio ha lavorato circa 16.000 pratiche di controlli di vario tipo sulle aziende: dalle iscrizioni alla white list, alla verifica di appalti e subappalti, fino a provvedimenti singoli di ritiro del porto d’armi ad alcuni degli odierni imputati del processo. Dagli uffici di corso Garibaldi sono partite 61 interdittive contro 48 ditte con titolari non solo imprenditori calabresi, ma anche campani e pugliesi; 13 aziende sono state escluse dalla white list. Sul fronte della prevenzione alle infiltrazioni, invece, sono stati siglati 36 protocolli di legalita’ sugli appalti con i Comuni reggiani, le aziende sanitarie, Iren e Anas.

Insieme a Carabinieri, Polizia, Guardia di Finanza e Dia, sono stati infine costituiti quasi subito due nuovi gruppi di lavoro “interforze”. Un prefetto instancabile insomma De Miro, che aveva avuto sentore che qualcosa non quadrasse fin dal suo arrivo, con i numerosi incendi dolosi che si erano verificati ai danni di autotrasportatori calabresi e due criptici striscioni “di benvenuto” appesi su un ponte in citta’. Attivita’, quelle prefettizie, diventate sempre piu’ incalzanti e sgradite al clan che reagi’ dapprima blandamente, con lettere di protesta di singoli imprenditori (una delle quali indirizzata pero’ ad un ufficio che solo gli addetti ai lavori potevano conoscere), poi in modo piu’ aggressivo.

Cioe’ con una campagna sui media locali in cui si sosteneva un uso scorretto delle informative antimafia per emanare le interdittive. Fino ad arrivare al 20 marzo del 2012 quando fu recapitata in prefettura a Reggio una busta con un proiettile e una lettera dai toni minacciosi, anche se non rivolta al prefetto in prima persona.

“Convocai una riunione – ricorda De Miro – in cui era presente anche il procuratore Giorgio Grandinetti perche’ ero molto preoccupata. Mi disse che ero la persona piu’ a rischio a Reggio”. Qualche mese prima De Miro aveva ricevuto in Prefettura una delegazione di tre consiglieri comunali di origine calabrese, Salvatore Scarpino e Antonio Olivo del Pd e Rocco Gualtieri del Pdl, accompagnati dall’allora sindaco Graziano Delrio. “Sono venuti accompagnati dal sindaco: erano Olivo, Scarpino e Gualtieri che parlo’ poco. Olivo e Scarpino fecero riferimento al risalto delle infiltrazioni mafiose di ditte calabresi, avvertivano la preoccupazione dei calabresi di essere accumunati alla ‘ndrangheta, si parlo’ anche delle interdittive”, ricorda l’ex prefetto.

“Ebbi parole di rassicurazione, dissi che le persone perbene che abitano a Reggio di qualunque provenienza sanno fare la differenza tra chi appartiene alla mafia e chi no. Feci riferimento alla mia origine siciliana. Sentire dire che cosa nostra e’ siciliana non mi preoccupa in quanto siciliana, mi preoccupa in quanto italiana. Mi hanno raccontato la vita degli imprenditori emigrati dalla Calabria, mi hanno dato un libro sulla storia dell’immigrazione, un colloquio sereno”.

De Miro ha poi sottolineato in diversi passaggi la “collaborazione” e la “vicinanza” dimostrata dalle istituzioni reggiane, come testimoniato anche dalla calorosa accoglienza riservata oggi in aula all’ex prefetto. Gremiti i banchi del pubblico in cui siedevano tra gli altri, i segretarii della Cgil Guido Mora e della Cisl Margherita Salvioli, diversi sindaci, il presidente della Provincia Giammaria Manghi, il direttore di Cna Fabio Bezzi, l’ex presidente della Provincia Sonia Masini e una rappresentanza dell’Istituto Cervi (Fonte Dire).