25 Aprile, Vecchi e Manghi: ripartiamo dall’Europa

25 aprile 2017 | 15:24
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25 Aprile, Vecchi e Manghi: ripartiamo dall’Europa

Il sindaco: “La madre di Regeni mi ha detto: ‘Giulio è morto come i fratelli Cervi perché era un uomo libero'”. Il presidente della Provincia: “I muri contro i migranti sono una vittoria del terrorismo”

REGGIO EMILIA – “La crisi, diceva Antonio Gramsci, è quel momento in cui “il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere… ”. Ed è indubbio che noi oggi siamo li, nel pieno di una crisi della prospettiva europea ma non ancora sufficientemente aggrappati ad una grande idea che riconsegni a milioni di cittadini europei l’idea di Europa come una speranza e non come una prospettiva generatrice di inquietudini e paure”.

Lo ha detto il sindaco di Reggio, Luca Vecchi, stamattina in piazza Martiri del 7 Luglio, alla Celebrazione del 72° anniversario della Liberazione, a cui hanno preso parte numerosi cittadini. Dopo la messa di suffragio celebrata in Ghiara da don Giuseppe Dossetti, il corteo per le strade della città accompagnato dalla Banda filarmonica Città del Tricolore e la deposizione delle corone ai monumenti alla Resistenza e ai Caduti di tutte le guerre, si sono svolti gli interventi dello stesso sindaco, del presidente della Provincia Giammaria Manghi, di Danilo Morini presidente di Alpi Apc in rappresentanza della Associazioni partigiane e degli studenti Beatrice Cottafavi, Chiara Ferretti e Maria Cristina Blancato (del Liceo Canossa) e Luca Costi (dell’Iti Nobili), che hanno partecipato al Viaggio della Memoria 2017.

Vecchi: “Reggio non è mai stata alla finestra ad aspettare e subire il destino del proprio tempo”
Ha aggiunto il sindaco:”In tutta questa lunga storia Reggio Emilia non è mai stata alla finestra ad aspettare e subire il destino del proprio tempo, ma ha sempre saputo essere, anche a costo di dolorosi sacrifici, in prima linea, ha sempre saputo essere fondamentale crocevia della storia politica del nostro paese. Lo è stata il 7 Gennaio 1797 anticipando ed avviando un processo risorgimentale e repubblicano che ha visto nascere qui in questa città il Primo Tricolore. Lo è stata nella intransigente esperienza antifascista. Lo è stata il 28 luglio del 1943 alle Reggiane. Lo è stata a Cervarolo e a Bettola, lo è stata a Fabbrico e allo Sparavalle, lo è stata nel sacrificio di Don Pasquino Borghi e dei sette Fratelli Cervi, lo è stato nell’esperienza collettiva di una resistenza che gli è valsa la Medaglia d’oro al Valore Militare. Lo è stata nel contributo alla scrittura della Costituzione con Dossetti, Ruini e Nilde Iotti. Lo è stata anche il 7 Luglio del 1960 quando, in questa piazza, lo Stato sparò a se stesso uccidendo cinque giovani con le magliette a strisce”.

“E’ nel suo livello di civiltà che Reggio ha trovato la sua forza”
Ha ricordato Vecchi: “E’ essenzialmente nel suo livello di civiltà che Reggio ha trovato la sua forza e che Howard Gardner ha colto perfettamente definendoci “una grande comunità etica”. E’ essenzialmente in quel livello di civiltà che troviamo la forza di rispondere ai grandi problemi del nostro tempo, impegnati sul fronte della cultura della legalità per sconfiggere ogni forma di infiltrazione mafiosa nei nostri territori, consapevoli della grande difficoltà che ogni giorno ci impegna sull’accoglienza e e la gestione dei rifugiati. Ma sopratutto è il livello di civiltà di questa città che ha fatto si che ci si sia sempre occupati degli ultimi, prima ancora di chi è primo e può correre forte. E’ nel suo livello di civiltà che Reggio ha trovato il giacimento valoriale per costruire la propria identità, la propria comunità di generazione in generazione”.

“La madre di Regeni mi ha detto: ‘Giulio è morto come i fratelli Cervi perché era un uomo libero'”
E ha concluso:”Pochi giorni fa abbiamo ricevuto in Sala del Tricolore Paola e Claudio Regeni, genitori di Giulio Regeni. Lo abbiamo fatto perché fin dal giorno del ritrovamento questa città ha chiesto verità, e la verità è una sola, non ci sono mezze verità e continueremo a tenere vivo il nostro impegno fino a quando quel risultato sarà compiuto. La mamma di Giulio mi ha detto tre cose che penso siano rivolte alla città intera. “Giulio è morto come i fratelli Cervi perché era un uomo libero”. Poi mi ha chiesto di fotografare la Sala del Tricolore dicendomi “perché tutto è partito qui…”. E infine mi ha detto una cosa bellissima, “voi siete così perché avete le più belle scuole dell’infanzia del mondo e questo fa crescere il vostro essere cittadini”. Ecco carissimi, in un mondo dove la democrazia è in discussione, e talvolta sembra non bastare più a se stessa, noi siamo questa cosa qui. Discendenti dei partigiani e dei costituenti, figli di questa lunga storia, figli del senso profondo di questa lunga storia. E quel trattore e quel mappamondo, che anche oggi visiteremo a Casa Cervi, che sta lì da oltre un secolo, è il simbolo potente, antico e contemporaneo al tempo stesso di ciò che siamo. Lì c’è quel che siamo: la solidità dei nostri valori, quelli che nascono dalla terra, coltivati e lavorati dal trattore, lì c’è lo sguardo sul mondo, l’importanza dell’educazione, del sapere, della cultura plasticamente rappresentato da quel mappamondo. Lì c’è una idea di cittadinanza, un modo di essere comunità, l’eredità migliore che la resistenza ci ha lasciato”.

Manghi: “Guardiamo con preoccupazione al dilagare di logiche basate sull’esclusione e la paura”
Dopo di lui ha preso la parola il presidente della Provincia, Giammaria Manghi che ha detto: “Il ricordo delle vittime del terrorismo e delle guerre che ancora si continuano a combattere nel mondo si unisce oggi all’omaggio mai rituale che rendiamo alla memoria dei reggiani e degli italiani che 72 anni fa pagarono con la vita il riscatto dell’Italia e la conquista della libertà e della democrazia. Non possiamo e non vogliamo essere una generazione tanto insipiente da non preservare quel bellissimo dono consegnatoci dai resistenti, costituito da  oltre settant’anni di pace, di libertà e di democrazia. Un dono prezioso, il più importante, che in diverse parti del mondo oggi non è attualizzato. Anche per questo,  non possiamo che guardare con forte preoccupazione al dilagare di logiche basate sull’esclusione e la paura; basti pensare all’uscita della Gran Bretagna dalla casa comune europea o al rigurgito del sovranismo che promette di demolire la casa comune della cooperazione pacifica dei popoli europei. Segnali inquietanti di un modo non adeguato di affrontare le nuove sfide rappresentate da fenomeni globali, di fronte ai quali, come ci ammoniva il sociologo tedesco Ulrich Beck, “non ci si può salvare da soli”. Di queste nuove sfide, l’immigrazione rappresenta  forse quella più impegnativa. Che non può certamente essere vinta con la logica dell’ “io”, pensando all’essere primi e dimenticando gli ultimi.  Perché quest’ottica, come purtroppo stiamo vedendo, è in grado solo di innalzare barriere e inasprire diseguaglianze e conflitto e non di creare benessere, sicurezza e progresso”.

“I muri contro i migranti sono una vittoria del terrorismo”
E ancora: “I muri contro i migranti sono una vittoria del terrorismo. Ricordando Enrico  Berlinguer: “Ci si salva e si va avanti se si agisce insieme e non solo uno per uno”. Dobbiamo allora essere consapevoli che solo tutti insieme “noi” – noi intesi come comunità reggiana, come popolo italiano, come casa comune europea – possiamo vincere questa sfida, decisiva non solo per i destini delle centinaia di migliaia uomini, donne e bambini che chiedono aiuto, ma per il futuro stesso del nostro Paese e di un’Unione Europea chiamata a sostanziare con i fatti il riconoscimento della dignità umana a cui si ispira. Certo, la cultura dell’accoglienza e dell’integrazione è più difficile da attuare in una lunga stagione di crisi economica come quella che per certi aspetti stiamo ancora vivendo, ma è proprio in questi frangenti che i cittadini del mondo hanno la possibilità di scegliere tra ciò che è giusto e ciò che invece non lo è. Proprio come 72 anni fa furono chiamati a scegliere da quale parte stare i giovani, le donne  e gli uomini che hanno fatto la  Resistenza. Anche Reggio Emilia, l’Italia e l’Europa sono chiamate a proseguire sulla strada dell’incontro – un incontro che deve essere regolato in maniera chiara, sulla base di decisioni politiche condivise e non di ricatti emotivi  – che già nel  tempo ha prodotto esperienze positive di integrazione con cittadini di altri Paesi, di altre culture e di altre fedi religiose. E’ ciò che accade ogni giorno sui banchi di scuola  e nei luoghi di lavoro, quel lavoro  che rappresenta l’altra sfida che siamo chiamati ad affrontare”.

“Eliminare diseguaglianze  e disequilibri, promuovere l’affermazione della dignità delle persone, sono questi gli impegni che ci dobbiamo prendere”
E ha concluso: “È quindi necessario – oggi, giorno in cui celebriamo il 25 aprile e ricordiamo la Costituzione e, di conseguenza, la Repubblica fondata sul lavoro – ribadire il nostro impegno insieme ideale e fattivo, come istituzioni, in favore di chi l’occupazione l’ha perduta. Pur in un contesto in cui i dati complessivi della nostra provincia, messi a confronto con quelli del resto del Paese Italia sono positivi,  il nostro pensiero e il nostro impegno si rivolgono soprattutto a coloro che il lavoro  lo hanno smarrito in un contesto ampio e  nel quale, a fianco della  tenuta e dell’affermazione di tanti soggetti imprenditoriali, si è verificato, anche recentemente, il crollo di esperienze storiche – di varie ispirazione e provenienza – che avevano saputo contribuire nei decenni passati ad una diffusione larga di equità e benessere. Eliminare diseguaglianze  e disequilibri, promuovere l’affermazione della dignità delle persone, nell’ambito di un processo delicato quanto urgente di indispensabile pacificazione del contesto internazionale … Sono questi, dunque, tra gli altri, per concludere, gli impegni che dobbiamo assumerci per attualizzare il portato ideale che viene dalla Resistenza ed onorare in modo adeguato il 72esimo anniversario della Liberazione”.