Mafie, il Tar del Lazio: “Chiaro condizionamento Comune Brescello”

22 marzo 2017 | 22:00
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Mafie, il Tar del Lazio: “Chiaro condizionamento Comune Brescello”

I giudici hanno respinto il ricorso presentato agli inizi di giugno del 2016 dall’ex sindaco Coffrini: “Le prove? In supermercato, assuzioni e alloggi”

BRESCELLO (Reggio Emilia) – La prima sezione del Tar del Lazio ha respinto oggi il ricorso presentato agli inizi di giugno del 2016 dall’ex sindaco di Brescello Marcello Coffrini, contro lo scioglimento del Comune reggiano per mafia, avvenuto nell’aprile precedente. La misura era stata disposta dalla presidenza del Consiglio dei ministri a seguito di quanto rilevato dalla commissione di indagine disposta dalla Prefettura di Reggio sull’amministrazione, organo che aveva concluso i suoi lavori a gennaio dell’anno scorso.

Nel ricorso presentato da Coffrini e da alcuni ex amministratori della sua giunta si contestavano proprio le conclusioni della relazione della commissione viziate, a loro dire, da “eccesso di potere per difetto di istruttoria, travisamento dei fatti, errori e inesattezze”. Di diverso avviso i giudici del Tar che, respingendo il ricorso, hanno anche condannato i ricorrenti al pagamento delle spese di lite (circa 1.500 euro).

La commissione di indagine disposta dalla Prefettura di Reggio Emilia sul Comune di Brescello, sciolto per mafia ad aprile del 2016, “ha dato atto della sussistenza di concreti, univoci e rilevanti elementi su collegamenti diretti e indiretti degli amministratori locali con la criminalita’ organizzata di tipo mafioso e su forme di condizionamento degli stessi”, riscontrando pertanto i pressuposti per lo scioglimento. E’ quanto scrivono oggi i giudici del Tar del Lazio nella sentenza con cui hanno respinto il ricorso presentato dell’ex sindaco del paese di Peppone e Don Camillo, Marcello Coffrini, per contestare il provvedimento preso sull’amministrazione.

Secondo Coffrini infatti, la relazione della commissione prefettizia sarebbe stata caratterizzata da “numerosi errori e inesattezze che illustrano un quadro distorto della situazione” ma, soprattutto, non avrebbe portato alla luce “provvedimenti amministrativi che possano effettivamente essere considerati illegittimi”. Su questo punto i giudici ribattono invece ricordando “la vicenda della variante al piano urbanistico per la realizzazione di un supermercato in centro citta’ in cui e’ stato consentito a soggetti controindicati di programmare ed effettuare una rilevante operazione imprenditoriale” e “il fenomeno delle assunzioni, nel passato, seppur per brevi periodi, di soggetti legati a vario titolo ad esponenti della cosca”.

Nella sentenza si fa inoltre riferimento “all’assegnazione di un alloggio comunale, in deroga alle graduatorie, ad un parente del locale vertice della ‘ndrina e dell’assegnazione di un altro alloggio, dietro modesto canone, ad un soggetto legato da vincoli parentali con esponenti della consorteria criminale, in assenza di controlli sulla situazione reddituale dichiarata”. Il collegio dei giudici conclude quindi ribadendo che “il complesso quadro individuato non viene in concreto depotenziato dalle singole contestazioni contenute in atti che pur facendo emergere, a tutto concedere, alcune inesattezze, non risultano idonee ad elidere i profili di forte e decisa valenza rivelatrice dei collegamenti esistenti tra gli amministratori locali e la criminalita’ organizzata e i conseguenti condizionamenti”.