Aemilia, Signifredi: “Cosca voleva finto collaboratore di giustizia”

3 marzo 2017 | 17:49
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Aemilia, Signifredi: “Cosca voleva finto collaboratore di giustizia”

Il “commercialista” della ‘ndrangheta racconta: “Rocca diceva che avrebbe sciolto nell’acido o dato da mangiare ai maiali, come si faceva giu’, sia me che la mia famiglia”

REGGIO EMILIA – Sul banco dei testimoni del processo Aemilia sfila un altro collaboratore di giustizia. E’ Paolo Signifredi, 52enne di Baganzola in provincia di Parma, ritenuto il “commercialista” della ‘ndrangheta e coinvolto in tre inchieste. Nel processo Pesci, il Tribunale di Brescia lo ha condannato a sei anni di reclusione per estorsione e associazione di stampo mafioso (la sentenza di primo grado e’ stata appellata), mentre nel processo Kyterion a Crotone si segue il filone degli affari calabresi della cosca di Cutro.

In Aemilia gli inquirenti lo ritengono infine coinvolto in una maxi-frode da 130 milioni con l’acciaio, compiuta nientemeno che con Massimo Ciancimino, figlio dell’ex sindaco di Palermo e superteste nel processo sul presunto patto Stato-mafia. Signifredi e’ noto a Reggio anche perche’ tra il 2003 e il 2004 fu presidente della squadra di calcio del Brescello, Comune oggi sciolto per mafia. La collaborazione con la giustizia e’ per lui iniziata nell’agosto del 2015 inizialmente, come ha spiegato questa mattina in videoconferenza dal carcere segreto in cui e’ detenuto, sotto minaccia.

“Durante la mia detenzione nel carcere di Voghera – spiega Signifredi – c’era nella mia stessa sezione il detenuto Antonio Rocca (ritenuto insieme a Francesco La Manna il referente della cosca per il mantovano). Ogni giorno mi minacciava dicendomi che avrei dovuto iniziare a collaborare, perche’ lui non poteva farlo, altrimenti avrebbe sciolto nell’acido o dato da mangiare ai maiali, come si faceva giu’, sia me che la mia famiglia”.

E ancora: “Rocca mi dettava in carcere il resoconto di alcuni fatti che avrei dovuto riferire in aula per sembrare attendibile e poi scagionarlo da due altri episodi in cui era coinvolto. Naturalmente al primo interrogatorio il pm si e’ accorto che di quello che leggevo non sapevo nulla, che non era farina del mio sacco e allora ho deciso di collaborare con la giustizia solo per quello che effettivamente avevo vissuto”.

Rocca e Signifredi non erano pero’ due estranei. Si erano conosciuti verso la fine del 2011 quando un direttore di banca di Gonzaga li aveva presentati. Rocca aveva un’azienda in crisi e, non potendola sanare, Signifredi gli consiglio’ di metterla in liquidazione. Tra i due venne in seguito stretto un patto per il quale Rocca presentava al commercialista persone con aziende in crisi, di cui Signifredi aveva il compito di rilevare le quote di per poi metterle in liquidazione e acquisirne il patrimonio.

Eventuali lavori di ristrutturazione di quest’ultimo, li avrebbe eseguiti la ditta edile di Rocca. “Pensavo in quel periodo di aver conosciuto delle belle persone, di cui in quel momento non sospettavo nulla”, dice Signifredi. E’ poco tempo dopo, a gennaio del 2012, che il commercialista parmense, capisce con chi ha a che fare. Invitato ad un incontro da Rocca per una transazione finanziaria con un imprenditore, assiste ad un diverbio per soldi tra lo stesso calabrese e Salvatore Muto. E’ quest’ultimo che lo stesso giorno porta Signifredi a Cremona dove gli presenta Francesco Lamanna chiarendo che “per tutto quello che farai dovrai fare riferimento a lui e non a Rocca”. Durante il viaggio, riferisce il testimone, “Muto, mentre chiacchieravamo del piu’ e del meno mi punto’ una pistola alla tempia”.

Del capoclan Nicolino Grande Aracri, che Signifredi ha ammesso di avere incontrato personalmente nel giugno e nell’agosto 2012, andando direttamente a Cutro, parlo’ invece per la prima volta al contabile Francesco Bonaccio. Signifredi ha infine spiegato di aver conosciuto anche Antonio Valerio, altro imputato di Aemilia, perche’ un suo amico di Reggio Emilia aveva bisogno di soldi. La proposta di Valerio fu di restituirli “con un interesse del 7% alla settimana” (Fonte Dire).