Smartphone insanguinati, viaggio nel cuore di tenebra del Congo

11 febbraio 2017 | 11:24
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Smartphone insanguinati, viaggio nel cuore di tenebra del Congo
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Smartphone insanguinati, viaggio nel cuore di tenebra del Congo

Il fotografo Ermanno Foroni, che è stato arrestato per qualche ora durante il suo reportage, racconta l’inferno delle miniere di Coltan

REGGIO EMILIA – Un viaggio nel cuore di tenebra del Congo dove minatori bambini iniziano a morire già da piccoli, giorno dopo giorno, scavando nelle viscere della terra per portare alla luce il Coltan, la sabbia nera radioattiva da cui si ricava il tantalio che aumenta la potenza dei nostri smartphone, tablet e computer. Lo ha fatto il fotografo reggiano Ermanno Foroni, 59 anni, che è appena tornato dall’Africa con una serie di scatti che documentano l’inferno delle miniere.

Foroni, fra l’altro, è tornato proprio nei giorni in cui il presidente Trump vuole smantellare il Dodd-Frank Act, diretto a colpire le aziende americane che acquistano minerali provenienti dalle zone in conflitto nell’Rd Congo, alimentando il sistema economico dei numerosi gruppi armati dato che, a suo parere, crea troppi danni economici alle compagnie Usa. L’atto, approvato nel 2010, obbliga le compagnie quotate in borsa a garantire che nessun prodotto contenga minerali provenienti dalla Repubblica democratica del Congo o dai paesi vicini.

Il viaggio del fotografo reggiano, che è stato in Congo per la terza volta e ha alle spalle diversi reportage in diversi luoghi del pianeta, Brasile, Napoli, Sarajevo, Sooweto, Varanasi (India), Nazaré (Portogallo), Sanà (Yemen), è iniziato il 5 gennaio scorso quando ha preso un volo da Milano Malpensa ed è arrivato in Uganda a Entebbe e da lì a Muhanga. Racconta: “Ho fatto il viaggio con padre Giovanni Piumatti, un sacerdote di Torino che ha una piccola missione in Congo, di trenta capanne, a Muhanga nel Nord Kivu che, in dialetto swaili, significa “dentro al cielo”. Per arrivare lì ci abbiamo messo due giorni, dato che le strade non sono asfaltate”.

Una volta alla missione, Foroni ha noleggiato un moto con un conducente che, attraverso la foresta, lo ha portato in una miniera di Coltan a diciassette chilometri da Muhanga, in mezzo alla foresta. Dice il fotografo: “Lì ho dato 50 dollari al padrone per poter parlare con chi ci lavorava e fare foto. C’erano dei bambini che entravano dentro a un buco che penetrava nella terra in orizzontale e in verticale. Li ho visti scavare a mani nude per estrarre il coltan. Loro li preferiscono i bambini, perché hanno più resistenza. Entrano nelle miniere da piccoli ed escono che sono già grandi”.

Dalla miniera, a piedi, con i sacchi sulle spalle, questi ragazzini vanno fino a Goma per vendere il Coltan. La paga? Cinque dollari al giorno per lavorare dodici ore in un inferno di fango, a contatto con materiale radioattivo che provoca tumori e impotenza sessuale. Il Congo ha le maggiori riserve mondiali (80%) di questo metallo che serve per ottimizzare il consumo della corrente elettrica nei chip di nuovissima generazione e rende possibile un notevole risparmio energetico.

Continua Foroni: “I minatori vivono nella foresta, accanto alla miniera. Mangiano manioca tutto il giorno e si riposano solo la domenica quando vanno a ubriacarsi e a consumare buona parte del loro stipendio in qualche bettola. La loro aspettativa di vita è al massimo di 50 anni in quelle condizioni”. Dopo l’esperienza nelle miniere di Coltan, Foroni si è trasferito, ottenendo un passaggio da un convoglio dell’Onu, a Goma la principale città nella parte orientale del Congo.

Dice: “Qui, il 29 di gennaio, mi hanno arrestato per qualche ora dato che stavo scattando foto, cosa che là è proibita, dato che quella è una zona militare. I soldati mi hanno portato in una baracca di legno e mi hanno tenuto lì. Per fortuna è intervenuto il vescovo di Goma che mi ha fatto liberare. Ho dovuto dargli cento dollari, però, per farmi restituire la macchina fotografica. Il giorno dopo sono andato a visitare le carceri di Goma. Non mi hanno permesso di portare la macchina fotografica. C’erano duemila persone in un posto che poteva tenerne 300. Erano tutti ammassati sotto dei cellophane trasparenti perché pioveva. Sentivo i loro occhi addosso mentre mormoravano “musungu” (bianco in swaili, ndr). Mi ricordava le scene che ho visto nei film sui lager. Non riuscivo a guardarli perché, senza macchina fotografica a fare da schermo, ero pietrificato dai loro sguardi, mi sentivo nudo”.

Il viaggio di Foroni è terminato a Goma. Il commercio del Coltan, che insanguina i nostri cellulari e che alimenta il sistema economico dei numerosi gruppi armati ribelli in quelle zone, no e rischia di prosperare ancora di più sotto la nuova amministrazione Usa.