Imprese, fatturati 2016 incerti: servono garanzie

1 dicembre 2016 | 18:08
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Imprese, fatturati 2016 incerti: servono garanzie

Se il 2015 è stato un anno stabile, il 2016 continua a mostrarsi più incerto

BOLOGNA  – Se il 2015 è stato un anno stabile, il 2016 continua a mostrarsi più incerto: oltre un terzo delle imprese fa fronte al proprio fabbisogno finanziario con difficoltà o ritardi, anche se nega responsabilità interne su questo. Oltre i meri conti correnti, comunque, il 29% delle aziende non esegue alcuna operazione finanziaria; del resto, l’87% si ritiene finanziariamente autosufficiente. Fino al 45% delle imprese si affida poi ad un’unica banca, cui vengono chieste di solito più flessibilità e migliori condizioni nei prestiti. La domanda di credito si mostra, comunque, poco dinamica.

In tutto questo, è conosciuto solo a macchia di leopardo il sistema delle garanzie Confidi, che se vuole ‘agganciare’ le riforme nazionali deve rinnovare la propria immagine (viene considerato molto costoso) e diversificare i servizi offerti puntando di più sulle consulenze. Basti pensare che nell’ultimo anno solo un’impresa su 10 ha fatto ricorso a un Confidi. È questo lo spaccato sulle piccole e medie imprese, dipinto da Sigma Consulting, che introduce oggi la tavola rotonda “Le imprese, tra capacità progettuali e opportunità finanziarie”, di scena in via Brini a Bologna nella sede Cofiter (Confidi terziario Emilia-Romagna, dallo scorso agosto tra i 10 consorzi nazionali iscritti da Bankitalia nel nuovo albo degli intermediari finanziari).

Il sondaggio illustrato da Alberto Paterniani di Sigma (interviste dal 12 al 28 ottobre su 600 pmi di Emilia-Romagna, Piemonte, Lombardia e Veneto) premette che il 65% delle imprese rileva nel 2015 un livello di ricavi simile a quello del 2014. Nel 2016, invece, aumentano le aziende che inseriranno a bilancio un fatturato più basso di quello dell’anno scorso. Allo stesso tempo, la auto-valutazione delle performance è positiva: oltre la metà delle aziende interpellate (il 54%) definisce “buona” o “ottima” la propria competitività.

Non solo: nove imprese su 10 affermano di riuscire a far fronte al proprio fabbisogno finanziario, anche se ben il 36% ammette di farlo solo con difficoltà o ritardi. È qui che emerge una probabile sopravvalutazione delle abilità interne: le cause che generano difficoltà nel coprire il fabbisogno, infatti, secondo gli imprenditori interpellati attengono soprattutto alla sfera delle entrate aziendali. Meno rilevanti appaiono le cause legate alle caratteristiche strutturali dell’azienda come il deficit (7%) e, appunto, gli errori di valutazione delle spese (6%).

In questo quadro, la principale leva utilizzata dalle imprese per far fronte alle difficoltà legate alla copertura finanziaria è il pagamento ritardato delle competenze: il 45% delle aziende interpellate adotta questo comportamento nei confronti dei propri fornitori mentre il 25% nei confronti dello Stato (il 13% delle aziende anche verso i propri dipendenti). E se tutto sommato la fiducia verso il sistema bancario si aggira intorno al 46%, emerge uno scarso dinamismo nella domanda di credito: nell’ultimo anno l’85% delle imprese non ha visto aumentare la proprie necessità e nello stesso arco di tempo solo il 20% ha avanzato una richiesta di finanziamento al sistema bancario.

All’interno del campione considerato, la conoscenza dei Confidi, poi, riguarda più o meno sette imprese su 10 (il 67%). Ecco su cosa dovranno lavorare i Confidi: per il 54% delle aziende interpellate i costi delle garanzie sono troppo alti, per il 25% la presenza della garanzia dei Confidi stessi non sarebbe in grado di favorire un abbassamento dei tassi d’interesse applicati dalle banche.

In generale, poi, le aziende gradirebbero più servizi di consulenza, oltre le garanzie in senso stretto. Così, alla tavola rotonda in via Brini il direttore Cofiter Marco Barbero, al fianco del presidente Marco Amelio, riconosce che “il ruolo dei Confidi si sta trasformando e dobbiamo reagire al contesto difficile con una reazione che vada oltre il breve periodo”. E se Lorenzo Gai, professore di economia all’Università di Firenze, cita i dati della Banca d’Italia per i quali in Emilia-Romagna le imprese garantite registrano comunque un tasso di ingresso in sofferenza più basso di quelle di altre regioni, Guglielmo Belardi, presidente del comitato di indirizzo Rti gestore del Fondo di garanzia per le pmi, ricostruisce il contesto nazionale, dove stanno cambiando i criteri di valutazione economica delle imprese usati per l’ammissione agli interventi del Fondo di garanzia medesimo: si passerà dall’attuale sistema di credit-scoring ad un modello di rating che, nelle intenzioni del ministero dello Sviluppo economico, dovrebbe consentire di estendere l’operatività del Fondo anche alle imprese con merito di credito più basso. Stringe sui Confidi Belardi: “I Confidi che si limiteranno alle garanzie usciranno dal mercato, ora le aziende vogliono qualcuno che li sostenga più a 360 gradi nei rapporti con le banche”.