Referendum, D’Attorre: “Riforma inefficace e confusa”

11 novembre 2016 | 11:16
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Referendum, D’Attorre: “Riforma inefficace e confusa”

Il deputato di Sinistra Italiana: “Non produce grandi risparmi e non velocizza le leggi. Renzi perderà perché è amico di Marchionne e dei grandi banchieri”

REGGIO EMILIA – “Una riforma nata male, inefficace e confusa. Che non produce grandi risparmi e non velocizza le leggi. Renzi perderà perché è amico di Marchionne e dei grandi banchieri”. Il deputato di Sinistra Italia Alfredo D’Attorre, nel partito Democratico fino al novembre del 2015, la pensa così sul referendum. Questa sera alle 18, alla Camera del lavoro di via Roma, parteciperà ad un dibattito sulle ragioni del sì e del no al referendum del 4 dicembre con l’ex deputato reggiano Pierluigi Castagnetti. Reggio Sera, prima del dibattito, lo ha messo a confronto con Castagnetti che è schierato per il sì (leggi qui).

D’Attorre, lei è contrario alla riforma costituzionale. Perché?
Per vari motivi. Il primo è di metodo. E’ stata approvata con una costante invasione di campo del governo che ha imposto la riscrittura completa della seconda parte della Costituzione e della legge elettorale. Renzi ha messo la fiducia tre volte sulla legge elettorale. Sulla riforma no, ma l’atteggiamento era del tipo: “O si fa così o si va tutti a casa”. Senza contare che l’impianto della riforma, per lunghi mesi, è stato sequestrato dal patto del Nazareno fra Renzi, Berlusconi e Verdini.

E la ragione di merito?
La riforma è nata male, è inefficace e confusa. Non abolisce il Senato e non supera il bicameralismo, ma lo rende più conflittuale. Crea una supercasta di consiglieri regionali e sindaci che avranno un doppio incarico e che non saranno eletti direttamente dai cittadini. Gli verrà attribuita l’immunità parlamentare con risparmi che sono risibili: un decimo di quello che dice Renzi, ovvero appena 50 milioni. L’unico risultato sarà di impedire di fare scegliere ai cittadini i loro rappresentanti. La verità è che Renzi cerca un via libera al suo progetto politico che punta poi a disattivare anche la prima parte della Costituzione come è dimostrato da quello che il governo ha fatto in materia di scuola, sanità e tutela del risparmio. Si vuole destrutturare e disarticolare la seconda parte della Costituzione per poi potere disattivare la prima parte e il no è un no a questo disegno. Chi è contento di quello che Renzi, Alfano e Verdini stanno facendo voterà si e chi non è contento voterà no.

I fautori della riforma sostengono che, in questo modo, le leggi saranno approvate più velocemente. E’ così?
In Italia si fanno più leggi che in Germania, Francia, Regno Unito e Spagna e quindi, semmai, il problema è che ne facciamo troppe. Poi noto che, quando c’è l’interesse a farle, come quelle a favore di Berlusconi, o la legge Fornero e il Jobs act e la scuola, vengono approvate molto rapidamente. Quando non si fanno è perché non c’è la volontà politica, come dimostra il blocco sulla prescrizione. In più con il nuovo articolo 70, che dovrebbe essere letto da tutti i cittadini, il procedimento rischia di diventare più confuso, perché neppure i costituzionalisti riescono a distriscarsi. Il rischio è che si determinino contenziosi davanti alla Corte Costituzionale. La famosa navetta, poi, rimane perché il Senato potrà richiamare tutte le leggi che vorrà. Si rischia di passare da un procedimento chiaro a un procedimento molto confuso.

Cosa pensa del rapporto fra riforma costituzionale e Italicum?
C’è un legame strettissimo fra la legge elettorale e la legge costituzionale. L’Italicum è stato approvato in funzione della riforma costituzionale. Riforma Boschi e Italicum sono gemelli siamesi, “simul stabunt, simul cadent”. Con Cuperlo hanno approvato solo una manovra diversiva, ma se vince il sì di quel foglietto non resterà traccia. Il referendum è un sì o un no anche sull’Italicum.

Crede che l’esito delle elezioni Usa possa in qualche modo influenzare il referendum del 4 dicembre? Pensa che ci possa essere una correlazione fra quello che accaduto negli Stati Uniti con la sconfitta della Clinton e quello che potrebbe accadere in Italia?
Effetti diretti dell’elezione americana sul referendum italiano non ne vedo, ma c’è oramai una maggioranza di cittadini che vota, da diverse latitudini, contro i politici che difendono l’attuale assetto economico-finanziario e che sono amici dei grandi magnati dell’industria e della finanza. Questi politici recentemente sono stati puniti nelle urne come dimostra quello che è accaduto in Gran Bretagna e negli Usa e che, a mio parere, succederà anche in Italia. La Clinton ha perso perché è il referente di Wall Street e Renzi perderà perché è amico di Marchionne e dei grandi banchieri. Con una contiguità che viene esibita in maniera sfacciata, vediamo quello che dovrebbe essere il capo del principale partito di centrosinistra che si trova più a suo agio con banchieri e petrolieri, piuttosto che con le rappresentanze del mondo del lavoro. Il no esprimerà il rifiuto di questo, ovvero a una riforma che sposta i poteri verso l’alto e i cittadini, così, si riprenderanno la loro sovranità.