Lavoro, la Cgil all’attacco del governo: “E’ un flop act”

12 ottobre 2016 | 11:47
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Lavoro, la Cgil all’attacco del governo: “E’ un flop act”

Secondo i dati dei centri per l’impiego calano le assunzioni (-15,3%) e gli avviamenti al lavoro (-7,7) nella nostra provincia. Peggiorano le condizioni contrattuali ed esplode il fenomeno dei voucher. Il sindacato: “Non si riesce più a sapere quanti sono i disoccupati”

REGGIO EMILIA – Calano le assunzioni (-15,3%) e gli avviamenti al lavoro (-7,7) nella nostra provincia, secondo i dati dei centri per l’impiego, rispetto al primo semestre 2015. La Cgil parte lancia in resta contro il governo e parla apertamente di “Flop Act” a proposito del Jobs act del governo.

Nel dettaglio nel primo semestre di quest’anno ci sono state 7.513 assunzioni in meno (41.663 avviamenti nel 2016 rispetto ai 49.175 del 2015). Anche i lavoratori avviati (singole teste dato che un lavoratore può avere più assunzioni nel periodo, ndr) sono stati 2.438 in meno rispetto all’anno scorso ( 29.404 lavoratori avviati nel 2016 rispetto ai 31.842 del 2015).

Attacca la Cgil: “Per l’attuale governo, e in parte per quelli che l’hanno preceduto, la ripresa economica doveva passare da una riforma del lavoro che assicurasse il libero licenziamento (abrogazione dell’art 18) e garantisse alle aziende maggiore snellezza burocratica e flessibilità per adattare la forza lavoro ad un mercato sempre più “competitivo””.

“Un piano messo a segno che non ha visto alcuna ripresa economica e non ha prodotto la contropartita promessa ai lavoratori e ai giovani, cioè posti di lavoro e riduzione della precarietà, non è mai arrivata”, spiega Vanna Gelosini, del dipartimento Mercato del lavoro della Cgil reggiana.

Saldo tra lavoratori avviati e cessati positivo ma con peggioramento delle condizioni contrattuali
“Il saldo tra lavoratori avviati e lavoratori cessati  – rende noto la Camera del Lavoro – resta positivo con 3.977 persone, sulla stessa lunghezza d’onda del 2014, ma con un peggioramento delle condizioni contrattuali e di garanzia occupazionale. I contratti di lavoro a tempo indeterminato “le nuove tutele crescenti “ rappresentano solo l’11,5% degli avviamenti complessivi. E sono stati 4.782 contro i 7.120 del 2015 (meno 2.338 – meno 32,8%), anno nel quale il governo ha finanziato le assunzioni a tempo indeterminato con oltre 8.000 euro cadauna.  Dall’anno in corso l’incentivo si è considerevolmente ridotto provocando il calo di cui sopra”.

I contratti a termine invece, oggi liberamente attivabili sia con assunzione diretta da parte dell’azienda sia attraverso le agenzie interinali,  aumentano complessivamente dell’1,0%. Depurati dalle assunzioni per sostituzione aumentano del 10,9% (24.768 avviamenti).

“Per quanto riguarda l’apprendistato, grande cavallo di battaglia di questo Governo – continua Gelosini – questo rappresenta il 3% del totale delle assunzioni incrementando di un 0,7% rispetto all’anno scorso (1.263 avviamenti). Resta inalterata la possibilità per le imprese di non confermare il lavoratore al termine del periodo di apprendistato”.

Dopo alcune regole introdotte dal Governo per verificarne l’autenticità, il lavoro a progetto cala fino a raggiungere lo 0,9% del totale delle assunzioni (368). Il sindacato da anni “sostiene che la stragrande maggioranza dei lavoratori Co.Co.Pro. non sono altro che lavoratori dipendenti costretti, per poter lavorare, ad essere inquadrati come lavoratori parasubordinati.  Dove sono finite queste tipologie?”. I tirocini aumentano del 2,20% rispetto al 2012 (1.202). Non sono rapporti di lavoro e per il tirocinante è previsto solo un rimborso spese.

Il lavoro intermittente o “a chiamata” rappresenta il 2,6% (1.068) con un calo del 5,9% rispetto al 2012. “Anche in questa tipologia contrattuale si celava gran parte del lavoro nero – spiega Vanna Gelosini –  il lavoratore è assunto ma viene pagato solo quando l’azienda richiede la prestazione. A fronte dell’inserimento di alcuni vincoli, l’azienda è passata al voucher”.

L’esplosione dei voucher
I voucher rappresentano infatti una delle “esplosioni”  più negative degli ultimi anni. “Nel 2015 a Reggio Emilia ne sono stati venduti 1.432.294 – fa sapere la Cgil – e l’Inps dichiara che nel primo semestre dell’anno 2016 si è avuto un incremento del 36,2% rispetto all’anno precedente. Se ogni voucher venduto corrispondesse ad un’ora di lavoro, potremmo ricavare 689 posti di lavoro a tempo pieno, ma sappiamo che se ne celano molti di più perché è probabile che con 1 voucher si coprano anche diverse ore di lavoro visto che non c’è un rapporto prefissato tra prestazione e compenso”.

Continua la Cgil: “Si passa dal lavoro precario alla “smaterializzazione del rapporto di lavoro”, infatti con l’utilizzo del voucher non c’è contratto di lavoro, inquadramento, retribuzione oraria, ferie, etc : il paradiso del lavoro nero dato che nessun ispettore potrà mai determinare per quanto tempo il lavoratore abbia  prestato la sua attività e quanto sia  stato pagato per svolgerla”.

Non si riesce più a sapere quanti sono i disoccupati
Per quanto riguarda i dati sullla disoccupazione, infine, non è possibile precisare il livello di disoccupazione in Provincia. Scrive la Cgil: “I dati relativi agli iscritti ai Centri impiego  in qualità di disoccupati sono infatti aggiornati al 30 settembre 2015, perché a seguito dell’entrata in vigore del decreto legislativo 150/2015 (decreto attuativo del jobs act), lo scorso settembre, la Regione ha dato disposizione di non cancellare dalle liste di disoccupazione le persone che non si presentano agli appuntamenti concordati, come avveniva in precedenza. Inoltre le nuove regole dello stato di disoccupazione non consentono più né l’acquisizione, né la conservazione dello stato di disoccupazione alle persone che lavorano (seppur in condizione di precarietà reddituale).  Perciò ad esempio le persone che rientrano in queste casistiche dovranno essere cancellate tramite un’operazione massiva della Regione, ma al momento sono presenti”.

“Insomma,  la banca dati al 31 dicembre 2015 risulta ”inquinata” dai suddetti elementi con la conseguenza che il numero totale di disoccupati non è reale, dunque non raffrontabile con i dati precedenti – concludono da via Roma –  Ciò che si rileva dalla lettura dei dati, a fronte di una crisi che non solo non si è conclusa ma il cui superamento  sembra assai lontano, è che la precarietà non solo resta dominante ma si è ulteriormente allargata. Inoltre, con il Jobs Act anche gli assunti a tempo indeterminato sono precari perché le “tutele crescenti” non sono altro che un risarcimento del danno a fronte di un licenziamento per giustificato motivo “oggettivo””.

“I voucher invece si configurano da ultimo come ultima frontiera: euro 7,50 netti per ogni buono riscosso dal prestatore, sistema al quale nessuno si sottrae pur di risparmiare, comprese le Pubbliche Amministrazioni locali come il Comune di Cavriago che ha affidato a due “voucheristi” mansioni presenti all’interno dell’ufficio tributi – sottolineano –  La parola d’ordine del Governo e delle imprese è “libertà” anche se questo ha voluto dire lo smantellamento sistematico dei diritti dei lavoratori: dalla Legge 300/70, alle tipologie contrattuali, ai diritti sul lavoro, ai contratti nazionali di lavoro, all’estrema riduzione degli ammortizzatori sociali”.

Per contrastare questa deriva la Cgil ha presentato in parlamento, corredata da 1.150.000 firme raccolte trai lavoratori e i cittadini, la “Carta dei diritti universali del lavoro” , una proposta di nuovo Statuto dei diritti per ridare dignità a chi quotidianamente dà il suo contributo allo sviluppo economico del Paese. Anche la Cgil di Reggio Emilia ha fatto la sua parte con 34mila firme raccolte per dire che “senza lavoro e senza diritti non c’è futuro”.

Infine, “va detto che i dati nazionali non si discostano molto da quelli provinciali, ma la loro lettura può essere facilmente manipolata così come viene dimostrato quotidianamente dai comunicati “entusiasti” del governo. Non sarà lo Stretto di Messina a rilanciare l’economia e i consumi interni, le regole servono per ridare legalità, a evitare infiltrazioni illegali e a contenere l’evasione previdenziale e fiscale. I diritti servono a dare dignità al lavoro e ai lavoratori, a ridare speranza nel futuro a migliaia di giovani che oggi cercano il futuro altrove”.