La forza lavoro? Oggi si compra in tabaccheria: boom dei voucher

26 settembre 2016 | 17:27
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La forza lavoro? Oggi si compra in tabaccheria: boom dei voucher

L’anno scorso sono stati ben un milione e 432mila nel Reggiano. Potrebbero avere dato “impiego” ad oltre duemila persone. La Gelosini (Cgil): “Nascondono lavoro in nero, è l’apoteosi della smaterializzazione del rapporto di lavoro”

REGGIO EMILIA – La forza lavoro? Nel 2016 si compra anche in tabaccheria. Stiamo parlando dei voucher che a livello provinciale, nel 2015, sono stati ben un milione e 432mila nel Reggiano. Ogni tagliando ha un valore di dieci euro: di cui un euro e trenta va alla gestione separata dell’Inps, settanta centesimi all’Inail per l’assicurazione, cinquanta centesimi al gestore del servizio. Sette euro e cinquanta netti restano al lavoratore.

“L’apoteosi della smaterializzazione del rapporto di lavoro”, commenta Vanna Gelosini, della segreteria della Cgil. Difficile darle torto vista la precarietà che ne deriva. Ma vediamo quante persone possono impiegare. Se ognuno di questi lavoratori che percepiscono i voucher lavorasse le canoniche 2.080 ore l’anno, teoricamente, avremmo 689 posti di lavoro in più a livello locale. Ma non è così perché, secondo il Jobs Act un soggetto può essere impiegato, al massimo, per settemila euro annui (duemila per ogni datore di lavoro). Se così fosse, potremmo avere ben 2.045 lavoratori che accedono a questo strumento nella nostra provincia.

Lavoratori in condizioni di estrema precarietà che, tuttavia, finiscono nelle statistiche Istat degli occupati anche se è difficile considerare lavoro una condizione in cui una persona viene pagata con voucher per 10 euro l’ora per un totale di 7mila euro annui, senza un contratto, tredicesima, ferie pagate e tfr. I tagliandi si possono comprare sul sito Inps, in Posta, in banca e, appunto, dal tabaccaio, insieme alle sigarette.

Il lavoratore, dopo aver ricevuto il buono lavoro o voucher, può incassarlo negli uffici postali, entro 24 mesi dal giorno dell’emissione; online tramite l’InpsCard; tramite bonifico su un conto domiciliato presso un ufficio postale; dal tabaccaio autorizzato o in banca, dal secondo giorno successivo alla fine della prestazione di lavoro accessorio e entro 1 anno dall’emissione.

Il problema, come fa notare la Gelosini, è che questo strumento, al di là della estrema precarietà che introduce, ha aperto anche la porte al lavoro nero. Dice la sindacalista “Non c’è un un rapporto di lavoro e un contratto: è una prestazione che rendo e in cambio mi danno questi assegnini. Se arriva uno dell’ispettorato del lavoro, il datore di lavoro, per esempio, gli fa vedere che ha comprato venti voucher. Ma come fa a dire che corrispondono alle ore lavorate? E’ facile che si creino situazioni in cui una parte dello stipendio viene data con i voucher e il resto in nero”.

Il governo se n’è accorto e, non a caso, il nuovo testo che ne disciplina l’utilizzo fissa l’obbligo per l’azienda di comunicare all’Ispettorato del lavoro, mediante sms o posta elettronica, i dati anagrafici o il codice fiscale del lavoratore, il luogo e la durata della prestazione di lavoro accessorio, almeno 60 minuti prima dell’inizio della prestazione stessa.

I voucher, inizialmente introdotti per fare lavorare i disoccupati, sono esplosi. A livello nazionale nel 2015 sono stati staccati 115 milioni di voucher il 66,35% in più dell’anno precedente. Sempre a livello nazionale, nel periodo gennaio-luglio 2016 sono stati venduti 84,3 milioni di voucher, con un incremento, rispetto ai primi sette mesi del 2015, pari al + 36,2%. Si può ritenere che una crescita simile sia avvenuta anche nella nostra provincia.

Il fatto che il sistema dei voucher nasconda lavoro nero, lo si desume anche dai dati Istat secondo cui circa un milione di questi lavoratori che usano i voucher ha percepito meno di 500 euro l’anno con questo strumento. Difficile immaginare che vengano pagati solo con quella somma in dodici mesi.

Conclude la Gelosini: “I voucher erano nati per fare emergere il lavoro nero e per favorire quelli che avevano difficoltà a trovare un lavoro e i disoccupati di lunga durata. Per consentirgli di fare dei piccoli lavori domestici a carattere straordinario. Ora si è trasformato in un modo per coprire il lavoro in nero e per sostituire quello che prima era il contratto a chiamata. Critichiamo anche lo strumento, perché è l’apoteosi della smaterializzazione del rapporto di lavoro. Abbiamo raccolto un milione e mezzo di firme contro l’utilizzo dei voucher”.