“Camera di commercio non vuol dire solo tesoretto”

7 settembre 2016 | 17:13
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“Camera di commercio non vuol dire solo tesoretto”

Il presidente di Confcooperative, Matteo Caramaschi: “Spendere tutto e consegnare una scatola vuota ai futuri partner ci condannerebbe a un ruolo subordinato”

REGGIO EMILIA – “Il futuro della Camera di Commercio non è questione semplicemente riconducibile al come usare il suo “tesoretto” prima che vada in porto una qualsiasi  delle ipotesi di fusione in campo dopo la riforma e l’ultimo decreto del Governo”.

Il presidente di Confcooperative, Matteo Caramaschi, scende così in campo dopo affermazioni e scambi di battute che “possono indurre a pensare – sottolinea Caramaschi – che la prima preoccupazione delle amministrazioni e della politica sia quella di utilizzare ogni risorsa accumulata dall’Ente camerale, consegnando poi una scatola vuota ai futuri partner”. “Un’opzione – sostiene Caramaschi – che non solo determinerebbe un ruolo del tutto subordinato della nostra città nel confronto con gli Enti camerali delle altre province potenzialmente interessate, ma significherebbe l’abbandono, in prospettiva, di enti come il Crpa o Ifoa che rappresentano un patrimonio per il nostro territorio e sono sempre stati fortemente sostenuti dalla Camera di Commercio”.

“Le amministrazioni locali, la politica e le associazioni d’impresa – prosegue il presidente di Confcooperative – hanno tanto altro di cui discutere e su cui confrontarsi, a partire dalle funzioni assegnate dall’ultimo atto del Governo, per arrivare alla sede (e all’indotto che genera, ad esempio,  con le sue attività di incoming), ai contributi che verranno a mancare alle imprese, al futuro dei dipendenti, all’impatto complessivo che sul territorio, sul tessuto economico e anche su tante realtà culturali determinerà una riforma per molti versi incomprensibile”.

“La legge di riforma – osserva Caramaschi – è un esempio di iniquità per come ha messo sullo stesso piano le Camere di Commercio più efficienti ed efficaci, come quella di Reggio Emilia, e quelle senza alcun peso nel territorio e magari in costante perdita, stabilendo semplicemente il parametro del numero di imprese iscritte (e magari chiuse, ma mai cancellate dagli elenchi) per determinare chi fosse chiamato o meno ad accorpamenti”.

“La stessa riforma ha determinato un taglio drastico delle risorse derivanti dal contributo camerale, che con il 2017 giungerà al 50%; il risparmio medio annuo per le imprese reggiane è pressochè insignificante (circa 50 euro all’anno) di fronte ai milioni di investimenti che verranno a mancare e che già stanno mancando sul bilancio 2016 per sostenere il credito, l’innovazione tecnologica, lo start up d’impresa, l’internazionalizzazione, la promozione del territorio e dei suoi prodotti, eventi e istituzioni culturali, la formazione, la ricerca”.

“Dobbiamo allora parlare di questi aspetti e, soprattutto – sottolinea il presidente di Confcooperative – crediamo necessario parlare della funzione della Camera di Commercio come asset di sviluppo per i prossimi anni, evitando che tutto si riduca ad una questione di “tesoretto” da spendere oggi senza una prospettiva e senza tracciare un futuro nel quale queste risorse potrebbero essere non solo utili, ma essenziali per il sistema economico locale, l’occupazione, la promozione d’impresa”.

“Giungere ad accorpamenti con risorse da spendere nel territorio di attuale competenza e con idee buone sulla valorizzazione delle funzioni e del patrimonio dell’Ente camerale è sicuramente meglio – afferma Caramaschi – dell’arrivare poveri e senza idee ad un confronto che sarà tutt’altro che semplice”.

“Il tema non è non spendere o risparmiare, soprattutto per una Camera di Commercio che in questi anni di crisi ha messo mano a risorse straordinarie per fronteggiare la pesante congiuntura; il problema, semmai – osserva Caramaschi – è guardare al tempo stesso a questioni attinenti il patrimonio, il futuro, sede e soprattutto nuove funzioni di questi enti”.

“L’ultimo decreto del Governo – prosegue il presidente di Confcooperative – assegna più peso alle Camere di Commercio nel settore del turismo, ma toglie dalle loro competenze, ad esempio, tutto il capitolo della ricerca e dell’innovazione e, conseguentemente, i rapporti con Università e centri di ricerca, ma anche la possibilità di interventi a sostegno delle imprese, quando quest’anno i dati ci dicono che sono pervenute più di mille richieste alla Camera di Commercio, soddisfatte comunque per quasi il 50% nonostante le riduzioni determinate sul bilancio camerale da un taglio governativo che sembra più legato a questioni di facciata che non di sostanza”.

“E’ di fronte a questi dati di fatto e alla complessità della situazione – sostiene Caramaschi – che è urgente un confronto tra tutti i soggetti rappresentati in Camera di Commercio (associazioni d’impresa, banche, professioni, sindacati), istituzioni e politica per definire, se possibile, un’azione comune sul come tutelare il futuro dell’Ente e le sue funzioni a sostegno del tessuto imprenditoriale”.