L’appello: “La Costituzione non merita una controriforma”

Appello di esponenti della cultura e della formazione della nostra città

REGGIO EMILIA – “Nell’aderire all’appello nazionale promosso da giuristi, costituzionalisti, donne e uomini della cultura italiana, intendiamo segnalare in primo luogo un primo grave pericolo che va profilandosi, e non per la prima volta, nel nostro Paese: la Costituzione, che per sua natura non può appartenere ad una parte politica, viene trascinata in un confronto del tutto improprio sull’operato di un governo o addirittura sul destino politico del suo stesso leader. Assistiamo così, anche sull’onda di un bombardamento mediatico incessante, al delinearsi di una sorta di “plebiscito”, che punta esplicitamente ad impedire un reale confronto di merito sulla natura di una riforma, che, unitamente ad una legge elettorale su cui già gravano fondati sospetti di incostituzionalità, rischia di determinare un vero e proprio “corto-circuito della democrazia rappresentativa”.

In una città come la nostra, così sensibile anche nella sua tradizione storica, alla cultura costituzionale, sentiamo il bisogno di far sentire la voce delle donne e degli uomini impegnati nelle diverse realtà culturali e formative, contro  pericolosi e illusori luoghi comuni che sembrano diffondersi, di fronte alle difficoltà della politica ad affrontare i problemi di un mondo sempre più globale e disuguale: la concentrazione del potere, la logica dell’uomo solo al comando, il fastidio verso gli spazi e gli strumenti di dialogo e di partecipazione.

Finalmente una grande riforma, ci viene detto e ripetuto da un coro di nuovi e vecchi conformismi. Pur di trasmettere un messaggio apparentemente convincente e risolutivo, non si esita neppure di fronte ad una raffazzonata ed improvvida modifica costituzionale, che mette in discussione alcuni principi fondamentali, come quello di rappresentanza e di uguaglianza.

Nulla sull’esautoramento del Parlamento, nulla sulla centralità di un esecutivo, che rischia di operare senza pesi e contrappesi, nulla sulla confusione del nuovo processo legislativo, nulla sulla ulteriore diminuzione e umiliazione della sovranità popolare, nulla sul grave ridimensionamento della rappresentanza, che mina alle fondamenta una democrazia vista solo come confronto ogni quattro- cinque anni tra ristrette oligarchie, costituite da minoranze trasformistiche e affaristiche.

In un delirio di “populismo dall’alto”, ogni ragionamento di ripensamento razionale ed equilibrato del nostro sistema politico-istituzionale, fondato su un saldo ancoraggio ai principi costituzionali, viene irriso e   liquidato come inutile passatismo. Quando nulla è più antico del sogno del potere di vivere senza controllo e senza alcun limite.

Ci dicono che così va il   mondo, che il primato è del mercato, che la democrazia è un lusso che non ci possiamo permettere. E non si curano delle grandi contraddizioni in cui oggi l’umanità si trova a vivere, in un mondo sempre più globale ed ingiusto. E che proprio per questo richiede un di più di partecipazione e democrazia.

Si dicono riformatori e si rifiutano di pensare che il mondo deve e può cambiare. E forse è giunto il momento di ricordare che il re è nudo quando più si compiace del suo consenso. Di recente ancora Gustavo Zagrebelsky con parole severe ed equilibrate ha ben evidenziato la necessità di guardare ben al di là della pseudo- riforma del Senato (peraltro confusamente ridimensionato e ridotto ad una sorta di “dopolavoro di nominati”).

Rispetto ai mali che tutti denunciamo (rappresentanti che  non rappresentano, partiti asfittici e verticistici e, dall’altro lato, cittadini esclusi e impotenti) che significa la riforma costituzionale unita a quella elettorale? A me pare di vedere il sogno di ogni oligarchia: l’umiliazione della politica a favore di un misto di interessi che trovano il loro equilibrio non nei Parlamenti, ma nelle tecnocrazie burocratiche.

Profondamente condividiamo il suo appassionato invito a promuovere un grande discorso democratico, franco, sincero, che non nasconda le difficoltà e chiami tutti a uno sforzo di responsabilità, ciascuno secondo le proprie possibili, mobilitando le energie civili del Paese e recuperando sovranità. Dal mondo della cultura e della formazione, come da quello delle più diverse professioni, crediamo che queste parole possano essere pronunciate, divenire comunicazione e trasformarsi in movimento.

Nell’appello nazionale,  ritroviamo gli argomenti fondamentali con cui affrontare una vasta campagna di informazione e di discussione. Con questo nostro primo atto, ci rendiamo disponibili a sostenere e a promuovere nuove iniziative e mobilitazioni in vista del Referendum d’autunno.