“Estendere durata permesso soggiorno in attesa di lavoro”

24 giugno 2016 | 19:18
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“Estendere durata permesso soggiorno in attesa di lavoro”

Si terrà martedì prossimo una giornata di mobilitazione unitaria a livello nazionale, con presidi territoriali, per sostenere la richiesta al governo di Cgil Cisl Uil di portarlo da 12 a 24 mesi

REGGIO EMILIA – Si terrà martedì prossimo una giornata di mobilitazione unitaria a livello nazionale, con presidi territoriali, per sostenere la richiesta al governo di Cgil Cisl Uil di estendere la durata del “permesso di soggiorno in attesa di occupazione” da 12  a 24 mesi. Anche da Reggio Emilia una delegazione di lavoratori e sindacalisti si unirà al presidio regionale che si terrà davanti la prefettura di Bologna.

Il tema è delicato, i casi di mancato rinnovo del permesso per chi ha perso il lavoro sono infatti numerosi, nonostante  la legge 92/2012 abbia già previsto l’elevazione della durata del “permesso per attesa occupazione” da sei mesi ad un anno e che il  permesso possa essere ulteriormente rinnovato in caso di utilizzo di un ammortizzatore sociale per “tutto il periodo di durata della prestazione di sostegno al reddito percepita dal lavoratore straniero, qualora superiore”, e nel caso in cui il lavoratore dimostri l’esistenza di un “reddito minimo annuo derivante da fonti lecite non inferiore all’importo annuo dell’assegno sociale” (poco più di 5mila euro).

Dai dati dell’ufficio migranti della Cgil reggiana in Provincia nel 2015 sono stati richiesti 463 permessi “in attesa di occupazione”, di questi 273 come prima richiesta e 190 come successiva. Nel 2016, dati però fino al 15 giugno, le pratiche aperte sono state 182, di cui 94 come prima richiesta e 88 come successive.

Scrive la Cgil: “Per via del funzionamento della richiesta di permesso, che non obbliga il ministero a fornire riscontro all’ufficio, perché la pratica è inoltrata direttamente dal soggetto interessato non abbiamo certezza su quante pratiche siano andate a buon fine e quante siano state respinte a Reggio Emilia. Conosciamo solo i casi (non numerosi) di respingimento in cui il cittadino immigrato ha chiesto la nostra assistenza. Sappiamo però che a livello nazionale i dati parlano di oltre 300 mila permessi non rinnovati tra il 2014 ed il 2015. Di circa 100 mila stranieri trasferiti all’estero e di restanti 200mila scivolati nell’illegalità del lavoro sommerso”.

In questi anni di crisi è stato colpito duramente anche il lavoro degli stranieri, tanto che il tasso di disoccupazione nazionale degli extracomunitari ha raggiunto il 17%. Ma anche a Reggio Emilia, dopo anni di trend in crescita, il processo migratorio ha avuto un calo legato proprio alle minori possibilità di lavoro offerte dal territorio: si registra infatti una contrazione della popolazione straniera, nel 2015 sul 2014, pari al meno 2,9%.  Un calo a forte concentrazione maschile, con provenienza dal Marocco, Tunisia e India, controbilanciato dall’aumento della migrazione femminile.

Dai dati dell’ufficio migranti della Cgil di Reggio si evince chiaramente come nel sia nel 2015, sia nel 2016, aumentano le richieste di “permesso per lavoro subordinato” di migranti georgiane e  ucraine. “Una connotazione geografica che ci sottolinea come con la crisi del welfare pubblico e della sua offerta – spiega Ramona Campari, segreteria Cgil  –  aumenti quelle figure che si pongono in sostituzione e a cui abbiamo affidato il welfare familiare in questo Paese”.

Fra le richieste che vedranno Cgil Cisl Uil in manifestazione il prossimo 28 giugno anche quella di sanare le posizioni dei lavoratori e lavoratrici immigrati che hanno perso lavoro e permesso di soggiorno, combattere il lavoro nero e lo sfruttamento dei migranti.  Ma Cgil Cisl Uil suggeriscono inoltre “la necessità di monitorare il comportamento delle questure, visto che il numero dei mancati rinnovi si è rivelato eccessivo. Si chiede inoltre al governo di fornire indicazioni univoche alle questure perché il permesso venga rinnovato correttamente e in maniera omogenea su tutto il territorio nazionale. E di mettere in campo politiche attive del lavoro per una maggiore inclusione sociale”.

“Le politiche attive del lavoro sono essenziali – ha aggiunto Ramona Campari – gli stranieri vivono con maggiore fragilità una situazione di difficoltà generale pagandola ad un prezzo ancora di più alto anche dal punto di vista sociale: a causa di emarginazione, pregiudizi e attraverso l’associazione impropria stranieri =problema sicurezza – ha concluso – .Tesi purtroppo suffragata anche dalle rilevazioni sulle assunzioni a tempo indeterminato che si sono avute con il Jobs Act dove si  evidenzia che la trasformazione a tempo indeterminato del rapporto di lavoro è stata per la maggiore a carico di italiani”.