L’omelia di Pasqua del vescovo Camisasca

29 marzo 2016 | 16:25
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L’omelia di Pasqua del vescovo Camisasca

L’omelia e il saluto ai fedeli del vescovo nel giorno di Pasqua

GUASTALLA (Reggio Emilia)  – Ecco il testo dell’omelia che il vescovo Massimo Camisasca ha pronunciato nel corso della messa del giorno di Pasqua nella Chiesa dei Servi a Guastalla.
Cari fratelli e sorelle,
l’annuncio che oggi risuona in tutta la Chiesa riempie i nostri cuori di gioia e di speranza: «Morte e Vita si sono affrontate
in un prodigioso duello.
Il Signore della vita era morto;
ma ora, vivo, trionfa» (Sequenza di Pasqua)!

La resurrezione di Gesù è la fonte principale della nostra speranza.
Cristo risorto ci dice innanzitutto che esiste una vita oltre la morte, una vita nella quale il nostro stesso corpo sarà glorificato. Questa certezza dona spessore eterno alla nostra vita qui sulla terra, rivela la profondità delle nostre azioni. Salva e infonde un valore, altrimenti impensabile, a tutto il dolore e la sofferenza che attraversiamo nel nostro pellegrinaggio terreno.

Se, infatti, non c’è una vita eterna, se ciò che viviamo sulla terra è destinato alla morte, allora non c’è più alcuna differenza tra bene e male, tra giusto e ingiusto, tra amore e odio. Non si comprende più il significato dei legami che instauriamo. Tutto si appiattisce e, nello stesso tempo, si assolutizza.
Si appiattisce, perché senza una prospettiva che dia respiro e senso alle nostre azioni, che renda ragionevoli il sacrificio e il lavoro, che allarghi gli orizzonti dei nostri desideri e delle nostre possibilità, tutto diventa uguale. Non vale più la pena impegnarsi per costruire o affermare qualcosa se, come il suo contrario, è desinato a perire.
Ma accade anche che tutto contemporaneamente si assolutizza. Perché se non c’è una vita oltre la morte, se tutto ciò che esiste vive solo nello spazio limitato della nostra esistenza terrena, allora ci si attacca spasmodicamente e affannosamente a tutto ciò che ritentiamo indispensabile per la nostra vita. Ci si rapporta in modo distorto alle cose e alle persone. La salute, la ricerca del piacere a tutti i costi e la cura del corpo si trasformano in idoli a cui sacrificare tutto. La vita stessa diviene un oggetto di cui disporre a proprio piacimento, decidendone impunemente l’inizio e la fine. La vecchiaia, la sofferenza e la malattia diventano delle maledizioni da cui rifuggire.
È significativo come nella mitologia greca il tempo (Kronos) sia rappresentato come un gigante orribile, che mangia i suoi figli, poiché ha paura di essere spodestato da uno di loro. Questa immagine del tempo come nemico da temere, come tiranno che divora tutto ciò che genera è sconfitta definitivamente solo dall’incarnazione, morte e resurrezione di Cristo. La resurrezione di Gesù ci rivela che la morte non è l’ultima parola sulla vita. Che esiste una prospettiva eterna nella quale la nostra esistenza si colloca e da cui trae direzione e significato. Che il tempo è abitato dall’eterno, è lo spazio in cui il cielo si incontra con la terra.
Eppure, osservando la società in cui viviamo, sembra quasi di essere ritornati ad una concezione pagana dell’esistenza. Da come ci si rapporta all’amore, alla vita, alla sofferenza, al proprio corpo o al corpo degli altri, l’orizzonte sembra essersi richiuso nei limiti mortali di questa vita.

Comprendiamo allora la grave responsabilità di riannunciare agli uomini e alle donne di oggi la resurrezione di Gesù. Di testimoniare la bellezza di una vita che riposa nella certezza della sua presenza, nella quale tutte le cose ridiventano amiche. Una esistenza in cui il tempo e il cuore dell’uomo sono stati redenti.
Quante volte, invece, come Maria di Magdala, anche noi ci scoraggiamo di fronte all’apparente vittoria della morte, quante volte anche noi, pieni di tristezza, diciamo: Hanno portato via il Signore… e non sappiamo dove l’hanno posto!. E ci attacchiamo alle nostre povere cose. Ma il Signore è lì, davanti a noi, come davanti alla Maddalena. I nostri occhi sono incapaci di riconoscerlo perché il corpo risorto del Signore non è più soggetto ai limiti di tempo e di spazio. È un corpo trasfigurato che ci introduce in una nuova modalità di rapporto con lui. Egli si fa presente nella nostra vita in tanti modi, ma nessuno di essi è tale da costringere la nostra libertà.

Riconoscere il Signore risorto, nei modi sempre nuovi che egli sceglie per raggiungerci, è dunque la strada maestra per vivere con fiducia e gioia la nostra vita e, nello stesso tempo per annunciare una possibilità nuova al nostro mondo che muore per mancanza di speranza.

Questo è il mio augurio per ciascuno di voi e per tutti i vostri cari: che abbiate a riscoprire la bellezza dell’incontro vivo con Gesù e possiate così annunciarlo con gioia a tutti coloro che incontrerete sul vostro cammino.
Un pensiero e un saluto particolare vorrei che arrivasse, attraverso di voi, anche a tutti coloro che non hanno potuto prendere parte a questa celebrazione, soprattutto a coloro che sono ammalati o per altre ragioni impossibilitati a muoversi da casa.
A tutti la mia benedizione e la mia preghiera. Buona Pasqua!