Strozzinaggio con interessi da capogiro: sette arresti

10 febbraio 2016 | 13:26
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Chiedevano percentuali dal 180 al 350 per cento a un imprenditore a cui avevano prestato un milione. Contatti con la Camorra e con i Grande Aracri

REGGIO EMILIA – Sette persone sono state arrestate dai carabinieri per i reati, a vario titolo, di usura, estorsione in concorso aggravata e fatturazioni false, nell’ambito dell’operazione Don Matteo. Per un altro soggetto è stata disposta, invece, la misura cautelare dell’obbligo di dimora. Prestavano soldi con interessi da capogiro.

In particolare sono finiti in manette Claudio Citro, 33 anni originario di Salerno, residente a Correggio e Giuseppe Caso, 37 annni, originario di Torre Annunziata e residente a Correggio sono finiti in carcere. Ai domiciliari ci sono invece Stefano Bargiacchi, 43 anni, di Carpi, Andrea Davoli, 28 anni, di Bagnolo in Piano, Nicola Errichiello, 38 anni, originario di Napoli, residente a Correggio, Alfonso Febbraio, 45 anni, originario di Napoli, residente a Reggio e Aldo Griffo, 51 anni, originario di San Cipriano d’Aversa e residente a Campogalliano. Un salernitano 30enne residente Correggio è stato sottoposto alla misura cautelare dell’obbligo di dimora.

Alla conferenza stampa erano presenti il colonnello Antonino Buda e il tenente colonnello Alessandro Dimichino. Il colonnello Buda ha sottolineato come sia importante che gli imprenditori che hanno subito strozzinaggio si presentino a denunciare quanto accaduto e il tenente colonnello Dimichino ha aggiunto che, in questo caso, nei loro confronti non saranno presi provvedimenti come potrebbe accadere, invece, se da parte loro ci saranno delle reticenze.

Le indagini, coordinate dal sostituto procuratore Giacomo Forte, sono iniziate nel dicembre 2014 e l’operazione è stata condotta ieri mattina fra le province di Reggio Emilia, Modena, Forlì-Cesena.

Tutto è nato dalla denuncia di un imprenditore, vittima di usura, che si è rivolto allo sportello della Fondazione Antiracket San Matteo Apostolo di Bologna e all’organizzazione di volontariato Papa Giovanni XXIII di Reggio Emilia, sostenendo che che stava subendo pesantissime minacce rivolte allo stesso ed ai propri famigliari.

I militari hanno ricostruito che l’imprenditore doveva restituire un milione di euro ai suoi usurai con interessi compresi fra il 180 e il 350 per cento. E’ saltata fuori  anche un’attività di false fatturazioni di alcuni indagati per un controvalore di circa 800.000 di imponibile. Ma questo uomo non è l’unico ad essere stato vittime dell’attività degli usurai. Ce ne sono altri e i carabinieri li invitano a venire allo scoperto e a rivolgersi allo sportello della fondazione antiracket.

Le vittime, secondo quanto appurato dai carabinieri, venivano “cedute” tra i vari gruppi criminali sia per “regolarizzare” i rapporti economici con la cessione del credito che per generare nella stessa vittima una maggior intimidazione esercitata dal gruppo criminale subentrante.

Dalle indagini è risultato anche che uno degli arrestati, Claudio Citro, aveva contatti con esponenti dei clan camorristi Cava egemone in Quindici (AV) e Pagano, attivo nell’agro nocerino sarnese, mentre Giuseppe Caso ha stretti legami con Nicolino Sarcone, arrestato nell’inchiesta di ‘ndrangheta Aemilia per associazione a delinquere di stampo mafioso, che qualche mese prima di finire in carcere ha fatto da padrino al battesimo del figlio di Caso. Si è appreso anche che Caso, che è un imprenditore edile come Citro, aveva fatto richiesta di entrare nella white list cosa che ovviamente, ora, gli sarà negata.

Paolo Puggioli, della fondazione san Matteo Apostolo e Matteo Iori, presidente della Papa Giovanni XXIII, hanno detto: “Arrivano da noi persone distrutte. L’unica salvezza è aiutarli a fare la denuncia per tirarsi fuori da questa situazione”.