Orari di lavoro, stato di agitazione all’ospedale

14 novembre 2015 | 17:04
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Orari di lavoro, stato di agitazione all’ospedale

Le organizzazioni sindacali denunciano “una situazione viziata e aggravata dalla carenza di dotazioni organiche, ormai inadeguata al fabbisogno, dove il benessere lavorativo viene ignorato dalle rispettive amministrazioni”

REGGIO EMILIA – Si è chiusa ieri negativamente la trattativa in corso sulla modifica degli orari di lavoro all’ospedale, come prevede la normativa 66/2003, tra i sindacati, le Rsu e le aziende sanitarie reggiane. Fanno sapere Cgil, Cisl, Uil e Fials: “C’è stata una chiusura netta da parte del Santa Maria Nuova e della Usl sulle proposte avanzate dai sindacati. Le aziende sanitarie reggiane, invece di reperire le risorse necessarie per integrare gli organici sufficienti per garantire la continuità assistenziale, hanno risposto picche”.

“La ricetta delle aziende che intende somministrare a migliaia di dipendenti della nostra sanità per far fronte agli obblighi di legge in materia di orario di lavoro – continuano i sindacati – è stata quella di proporre ai rappresentati dei lavoratori  turni di lavoro acrobatici e massacranti, tali da compromettere seriamente la qualità del lavoro e con essa la sicurezza e la cura dei pazienti”.

Le organizzazioni sindacali denunciano “una situazione viziata e aggravata dalla carenza di dotazioni organiche, ormai inadeguata al fabbisogno, dove il benessere lavorativo viene ignorato dalle rispettive amministrazioni”. Si è così giunti, dopo l’incontro di ieri, alla proclamazione dello stato di agitazione del personale delle aziende Usl di Reggio e Santa Maria Nuova per esprimere la più netta contrarietà verso le scelte aziendali.

“E’ l’avvio di una campagna di mobilitazione delle lavoratrici e dei lavoratori della sanità pubblica reggiana – concludono le organizzazioni  sindacali – con assemblee e iniziative di lotta, a partire dal blocco degli straordinari, raccolta delle firme nei luoghi di lavoro e richieste d’incontro con le istituzioni locali”.