Reportage – Miratovac, il primo approdo in Serbia per i rifugiati

22 novembre 2015 | 17:15
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Reportage – Miratovac, il primo approdo in Serbia per i rifugiati

REGGIO EMILIA – Reggio Sera continua il viaggio con l’associazione onlus trentina Speranza-Hope for childrennata un anno fa con lo scopo d’intervenire nella grave emergenza umanitaria del popolo siriano. Un volontario dell’associazione, Vittorio Fera, sta compiendo un viaggio da Sid, al confine serbo/croato fino all’estremità della Grecia all’isola di Lesvos (Lesbo) su cui arrivano i rifugiati che scappano dalle guerre attraverso il mare della Turchia.

Con lui c’è Hope, un piccolo pupazzo di stoffa, realizzato dalle mamme siriane nelle campagne di Aleppo (come lui ce ne sono tanti e l’associazione, insieme ad altri prodotti locali, li mette in vendita per permettere il sostentamento delle famiglie in Siria, ndr) che accompagnerà Vittorio in questo viaggio a ritroso verso la sua casa, la Siria, oggi dilaniata dalla guerra civile.

Sestatappa

Reportage di Vittorio Fera

Il piccolo paese di Miratovac è il primo approdo in Serbia per i rifugiati. Oltrepassando la barriera macedone e in prossimità del vessillo che sancisce l’inizio del territorio serbo trova il campo Unhcr dove possono rifocillarsi ed é presente una tenda della croce rossa per prestare le cure mediche di emergenza. E’ inoltre presente un servizio di trasporto per le persone disabili gli anziani o infermi che conduce al luogo dove partono le navette per Presevo (che dista solo 5 chilometri).

Tutti gli altri rifugiati per raggiungere le navette devono invece percorrere un tratto di cammino di circa 2 chilometri dal campo Unhcr. Oggi ho percorso a piedi questo tratto di strada assieme ai rifugiati (che tralaltro pensavano lo fossi anch’io, ironia della sorte). E’ stata una piacevole camminata in un paesaggio bucolico, ma bisogna specificare che c’era un clima ottimale, erano le 2 del pomeriggio, non mi stavo sobbarcando zaini e buste di plastica e per me costituiva un fatto inusuale.

Immaginate compiere lo stesso tragitto di notte con un freddo pungente che ti entra nelle ossa e stremati dall’odissea che stanno attraversando da settimane. Alcuni attivisti locali dicono che presto questo percorso verrà snellito risparmiando il tratto da percorrere a piedi mettendo a disposizione le navette direttamente dal campo Unhcr, inshallah.

Un ragazzo siriano che incontro sulla strada mi racconta che la polizia macedone anche oggi ha bloccato tutti rifugiati non afghani, siriani e iracheni ed é iniziata una protesta per avere il diritto di passare. Diritto ovviamente negato. Mi racconta anche di file lunghissime al confine greco macedone per la registrazione, in condizioni pessime e di come i servizi di prima necessità all’interno dei campi siano scarsi e poco dignitosi.

Mi chiede come mai li stiamo trattando come bestie e perché non hanno il diritto di essere trattati come esseri umani. Non so cosa rispondere se non vergognarmi di questa Europa fatta di muri, filo spinato, divieti e violazione di diritti umani verso chi scappa da guerre e terrorismo.