Il bilancio del Califfo: entrate e uscite di Al Baghdadi

20 novembre 2015 | 18:12
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Il bilancio del Califfo: entrate e uscite di Al Baghdadi

La maggior parte dei soldi non arrivano dal petrolio, ma dal bottino di guerra. Le uscite sono soprattutto militari, ma ci sono fondi anche per giustizia, welfare e servizi pubblici

REGGIO EMILIA – Il Califfato ambisce a diventare uno Stato e, come ogni entità di questo tipo ha ovviamente un bilancio. L’Espresso ha pubblicato on line il bilancio della provincia creata nella Siria orientale, diffuso dal sito di Aymenn Jawad Al-Tamini.

Si tratta del budget relativo al gennaio scorso che fa vedere come il Al Baghdadi amministra la cosa pubblica con entrate e uscite. Vediamo le entrate. Per il 27% arrivano dalla vendita di petrolio, mentre per un altro 4% dalle bollette elettriche dato che l’Isis rifornisce di energia elettrica il territorio.

Poi, come in ogni Stato che si rispetti, ci sono le tasse dalle tasse, riscosse, a quanto pare, in modo inflessibile che ammontano al 23% delle entrate e c’è da scommetterci che qui l’evasione è sicuramente piuttosto bassa. Ma i proventi più cospicui vengono dalla voce “confische”: oltre il 44 per cento.

Si tratta del bottino di guerra, delle proprietà di chi è fuggito e dei rivali imprigionati o uccisi, greggi e mandrie sequestrate ai contrabbandieri; sigarette, alcolici e altri prodotti occidentali requisiti per la legge coranica.

Poi ci sono le spese dove la parte del leone, chiaramente, viene fatta per sostenre l’esercito. Il 43% va nelle paghe dei miliziani e un altro 20% per mantenere le basi, inclusa la manutenzione di armi e veicoli. Un decimo sovvenziona la polizia islamica, dato che nello stato islamico ci sono tribunali che amministrano la giustizia civile e dirimono le controversie commerciali.

Il 17,7% va nei servizi pubblici: riparazione delle strade, raccolta rifiuti, assistenza medica, rete idrica. Solo il 6% finisce in aiuti: elargizioni per la popolazione oppure contributi per rilanciare l’agricoltura. Infine il tre per cento finanzia l’apparato mediatico di propaganda ritenuto di importanza fondamentale per l’Isis.

Il quadro che ne esce è quello di uno Stato vero e proprio che si preoccupa di amministrare la giustizia, aggiustare le strade, dare assistenza sanitaria, raccogliere i rifiuti. Un po’ sbilanciato come bilancio sulle spese di guerra, forse, ma queste sono necessarie. E, d’altronde, sicuramente nessuno impugnerà il bilancio per protestare nelle terre dello stato islamico.