I segreti dell’erbazzone reggiano

26 ottobre 2015 | 17:45
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I segreti dell’erbazzone reggiano

Mercoledì al Palazzo dei Musei, dalle 19 alle 20, nuovo appuntamento del ciclo di incontri “Noi amiamo mangiare bene/30 eccellenze della nostra tavola

REGGIO EMILIA – Mercoledì al Palazzo dei Musei di Reggio Emilia (via Spallanzani 1), dalle 19 alle 20 si svolge un nuovo appuntamento del ciclo di incontri “Noi amiamo mangiare bene/30 eccellenze della nostra tavola”, legato alla mostra NOI, dedicato all’erbazzone. L’iniziativa è a cura dello chef Gianni D’Amato (Caffè Arti e Mestieri), Roberto Solimè (Solimè srl), Fabio Notari (Molino Denti) e Stella Mei (Studio Grafico Sm).

Nato dalle mani di una “razdora”, vera regina del focolare domestico emiliano, l’erbazzone è espressione della cultura gastronomica della provincia di Reggio Emilia. In origine il suo nome era “scarpasòun”, espressione dialettale che faceva riferimento ad una ricetta contadina che prevedeva l’uso del fusto bianco della bietola, detto scarpa. Successivamente è diventato “erbazzone” (grande torta d’erba), ad indicare chiaramente gli ingredienti base di cui è composto il suo ripieno.

La pasta azzima che avvolge il ripieno dimostra una contaminazione da parte della cultura ebraica: in città, infatti, la comunità ebraica era particolarmente numerosa e ad essa si devono molte specialità culinarie locali. Il primo a mettere in vendita l’erbazzone fu il forno del ghetto in via dell’Aquila, nel centro di Reggio Emilia: da lì si diffuse in tutta la città e successivamente in tutta la provincia.