Riforma Fornero, la rabbia dei pensionati: “Vuêter si mia a post”

13 maggio 2015 | 09:41
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Riforma Fornero, la rabbia dei pensionati: “Vuêter si mia a post”

REGGIO EMILIA – “Vuêter si mia a post”. Con sana concretezza reggiana Vittorio, pensionato da 1.500 euro netti al mese, risponde così ai politici presenti in studio a Ballarò durante il collegamento di ieri sera con piazza Prampolini. In studio il presidente della Regione Puglia uscente Nichi Vendola, l’eurodeputata Simona Bonafè (Pd), Laura Ravetto (Fi), Carla Ruocco (M5s), l’economista Veronica De Romanis, il direttore del Tg3 Bianca Berlinguer e l’editorialista de Il Foglio Mario Sechi. Poco prima c’era stata un’intervista al ministro delle Infrastrutture, Graziano Delrio.

Al centro della puntata il rebus dei rimborsi ai pensionati dopo la sentenza shock della Consulta che ha cancellato il blocco della perequazione delle pensioni degli anni 2012-2013. Le “trappole” del 730 precompilato predisposto dall’Agenzia delle Entrate per 20,4 milioni di contribuenti. L’apertura del M5s nei confronti del Pd sul reddito di cittadinanza purché non sia al di sotto dei 780 euro al mese.

In piazza, in collegamento con la giornalista Francesca Biaggiotti, c’era la rabbia dei pensionati che vogliono subito indietro i soldi che la riforma Fornero gli ha tolto e confrontano le loro misere pensioni con quelle degli ex parlamentari che, fra l’altro non hanno subito nessun taglio dato che la riform a loro non si applica, ma decide il Parlamento che, guarda caso, non ha mai votato a favore di una decurtazione. L’unico ex parlamentare reggiano che ha accettato di venire in piazza, ieri sera, è stato l’ex senatore del Pci, Alessandro Carri. Tutti gli altri hanno declinato l’invito della trasmissione.

Ma sentiamo i pensionati reggiani. Il più ricco è Mauro, con 4.500 euro netti  di pensione. Dice: “Sono frutto di 43 anni di versamenti, gli ultimi 15 anni come dirigente. Sono un ammortizzatore sociale, dò una mano a mia figlia che è stata licenziata e poi a mio figlio. Poi mantengo agli studi un’altra. Basta usare le pensioni come bancomat per sistemare il debito pubblico”.

Prende poi la parola Vittorio, pensionato da 1500 euro al mese netti. Racconta: “Anche io ho una nipote che devo aiutare. Ho dovuto pagarle un corso per assistente socio sanitaria e sarà assunta con il Jobs act. Mentre stiamo facendo questa discussione sulla Consulta probabilmente anche questa legge sarà dichiarata incostituzionale. E poi voi dite che io tolgo il mangiare ai giovani”. E chiude in dialetto reggiano: “Vuêter si mia a post”. Giannini dallo studio ride e commenta: “Non ho capito bene le parole, ma il senso è chiaro”.

Silvano si lamenta, invece, perché ha versato in 38 anni ben 450mila euro di contributi (valore dell’anno 2000) e con questo ha una pensione lorda di 1.900 euro. Dice: “Questi soldi non sono adeguati a coprire tutto quello che ho versato e questo salario previdenziale è credito da lavoro la rivalutazione monetaria va riconosciuta tutta”. Marco conclude: “Io sono stato fregato non dall’Europa, ma dai governi che hanno gestito l’operazione del passaggio dalla lira all’euro. Non avete controllato gli aumenti del costo della vita e le pensioni sono state tutte dimezzate. Ricordatevi che i pensionati sono quelli che tengono in piedi questo Paese”.