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Hybris, il nuovo spettacolo di Rezza e Mastrella

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Dal 9 marzo al 10 marzo
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Ingresso
A PAGAMENTO

Evento concluso

Sabato 9 (ore 20.30) e domenica 10 marzo (ore 15.30) al teatro Ariosto il duo prende di mira la nostra più grande e fasulla comfort zone: la famiglia

Hybris, il nuovo spettacolo di Rezza e Mastrella

REGGIO EMILIA – Hybris, il nuovo lavoro dei Leone d’oro alla Biennale di Venezia nel 2018, Antonio Rezza e Flavia Mastrella, arriva al Teatro Ariosto sabato 9 (ore 20.30) e domenica 10 marzo (ore 15.30) in tutta la sua dirompente forza dissacratoria e innovativa.

La loro folle e lucida scrittura scenica questa volta è incentrata su una porta – aperta e richiusa decine di volte durante lo spettacolo – che diventa qui la cesura tra un ambiente e l’anticamera di un altro mondo, o il filtro tra un Dentro astratto e un indefinibile Fuori, tra l’essere, l’esserci e un eventuale sarei. Un pastiche teatrale e linguistico accuratamente studiato e calibrato per apparire tanto disorientante quanto esilarante.

Flavia Mastrella e Antonio Rezza hanno creato un tipo di teatro del tutto singolare: attraversano il mondo dell’arte in modo trasversale, passando dal cinema, alla letteratura, all’arte plastica, alla fotografia. Raccolgono, nel corso della loro carriera, l’apprezzamento della critica internazionale (pluripremiati, si esibiscono regolarmente in contesti prestigiosi, da Parigi a Mosca, dal Festival di Avignone a quello di Spoleto) e di un pubblico appassionato.

Posseggono un modo graffiante, un segno di anarchia nel loro linguaggio che in “Hybris” – il loro ultimo spettacolo – assume anche tratti di rabbia, estraneità. In greco “hybris” significa “tracotanza”: è l’atteggiamento di sfida dell’uomo verso gli dèi, ma nella lettura di Flavia Mastrella oggi la hybris è anche nell’arte svuotata dei suoi significati, nella nostra società che ha perduto la capacità di guardare in profondità e si culla nella meraviglia e nella virtualità della tecnologia.

Antonio Rezza affronta in scena questi nuclei tematici assieme ad otto attori ed escludendo per una volta i tipici elementi che compongono le scene dei suoi spettacoli: qui campeggia sul palco solo una porta, pesante, cui bussano i diversi personaggi e che viene sbattuta centinaia di volte. Un simbolo del dialogo fra il dentro e il fuori, fra proprietà e collettività, fra apertura o difesa: un simbolo che chiama in causa la società contemporanea e le sue vuote certezze.