Italia e mondo

L’accesso alla pillola abortiva in Italia è una corsa ad ostacoli

28 settembre 2023 | 18:39
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L’accesso alla pillola abortiva in Italia è una corsa ad ostacoli

È la fotografia, tra luci e ombre, che emerge dal nuovo rapporto ‘Aborto farmacologico in Italia

ROMA – Il 28 settembre si celebra in tutto il mondo la Giornata internazionale per l’aborto sicuro: un diritto che in Italia è garantito dalla legge 194 del 1978, ma che spesso nella pratica si trasforma in una corsa a ostacoli e contro il tempo.

È la fotografia, tra luci e ombre, che emerge dal nuovo rapporto ‘Aborto farmacologico in Italia: tra ritardi, opposizioni e linee guida internazionali’ di Medici del Mondo, rete internazionale impegnata a garantire l’accesso alla salute, che evidenzia le ancora forti disuguaglianze nell’accesso alle pratiche abortive. Voci che accompagnano il viaggio della campagna ‘The Impossible Pill’, che, con il linguaggio ironico di Laura Formenti, attraversa il Belpaese per denunciare quanto l’Italia sia colpevolmente distante dalle direttive dell’Oms.

Nel nostro Paese, infatti, sebbene l’interruzione volontaria di gravidanza (Ivg) sia una prestazione compresa nei Lea – ovvero nell’elenco di prestazioni e servizi essenziali che il Ssn è tenuto a fornire a tutti i cittadini – poco più della metà delle strutture ospedaliere la effettua, e la pillola abortiva (RU486) continua a essere considerata un farmaco rischioso, nonostante in Europa si utilizzi da oltre 30 anni e dal 2006 l’Oms la consideri un farmaco essenziale per la salute riproduttiva.

Ma ci sono anche avanguardie, come la Regione Lazio che ha introdotto nel regime ambulatoriale la procedura at home, o come l’Emilia-Romagna che ha iniziato a distribuire la RU486 nei consultori. Secondo i dati del Ministero della Salute del 2020, le strutture con reparto di ostetricia che effettuano Ivg sono il 63,8%. Inoltre, è obiettore di coscienza il 36,2% del personale non medico, il 44,6% degli anestesisti e il 64,6% dei ginecologi, con picchi dell’84,5% nella provincia autonoma di Bolzano, 83,8% in Abruzzo e 82,8% in Molise.

Le discrepanze nell’accesso al servizio diventano ancora più evidenti rispetto all’aborto farmacologico (RU486), su cui l’Italia è ancora molto in ritardo: la pillola abortiva è arrivata solo nel 2009 e negli anni sempre più persone l’hanno preferita al metodo chirurgico, passando dallo 0,7% nel 2010 al 31,9% nel 2020. Numeri però lontani dagli altri Paesi: in Francia e in Inghilterra gli aborti farmacologici sono oltre il 70% del totale, con la possibilità di somministrazione fino alla nona settimana di gravidanza e in day hospital, possibilità che in Italia è stata introdotta solo nel 2020 mentre la deospedalizzazione dell’aborto farmacologico è prevista solo in alcune regioni e con grandi differenze.

L’accesso all’aborto farmacologico in Italia registra forti differenze tra le regioni, e sono poche quelle in cui è possibile effettuarlo in regime ambulatoriale. E’ il quadro tracciato da Medici nel mondo. Questi alcuni esempi.

SICILIA
È il caso, ad esempio, della Sicilia, dove su 57 reparti di ostetricia e ginecologia solo 31 effettuano Ivg e la RU486 è disponibile solo in ospedale. Oltre al sottodimensionamento dei consultori, c’è una grave carenza di personale: i ginecologi obiettori sono l’81,6%, con picchi del 100% in 26 strutture. A Catania l’Ivg farmacologica non è disponibile in nessun ospedale, mentre a Messina solo il Policlinico somministra la RU486 e lo fa solo da qualche mese. Ma all’Ospedale Cervello di Palermo le IVG farmacologiche sono l’80% del totale e al Policlinico il protocollo avviato negli ultimi mesi del 2021 ha portato a una riduzione degli interventi chirurgici del 50-60%, con il 20% circa delle pazienti che arriva da altre città.

PIEMONTE
Diverso il caso del Piemonte, che da avanguardia italiana è diventato terreno di uno scontro politico. Oggi le Ivg farmacologiche si effettuano in praticamente tutti gli ospedali del Piemonte, prima regione italiana per numero assoluto di aborti farmacologici. Ma nel 2020, la Regione, a guida centrodestra, ha diramato una circolare che vieta la somministrazione della RU486 nei consultori e attiva negli ospedali ‘sportelli informativi’ gestiti da associazioni antiabortiste. LAZIO. Opposto il caso del Lazio: per promuovere “un percorso di civiltà per tutelare il diritto alla salute e il diritto di scelta delle donne”, a dicembre 2020 la Regione ha approvato un nuovo protocollo operativo per l’Ivg farmacologica, diventando l’unica regione italiana a prevedere nel regime ambulatoriale la procedura at home, secondo le linee guida internazionali.

EMILIA-ROMAGNA
In questa direzione si è mossa anche la Regione Emilia-Romagna, che da settembre 2022 consente di accedere all’Ivg farmacologica in consultorio. Nel 2022 a Bologna l’Ivg farmacologica ha raggiunto l’80,4% dei casi, liberando la sala operatoria e impattando positivamente l’organizzazione del lavoro. Anche qui, molte le donne che arrivano da fuori regione.