Endometriosi, la Beltrami: “La partita in Regione non è chiusa”

17 agosto 2023 | 18:52
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Endometriosi, la Beltrami: “La partita in Regione non è chiusa”

L’attivista reggiana: “Siamo uscite letteralmente a mani vuote da quell’incontro, con la maggioranza in Regione che ha rigettato le nostre richieste sull’esenzione ticket e sul finanziamento del PDTA esistente”

REGGIO EMILIA – L’endometriosi è una malattia invalidante che colpisce milioni di donne in Italia. Nel nostro paese ci sono poche tutele, la fotografia che emerge è quella di un’Italia dove ci sono regioni virtuose e altre no. Ad esempio una ragazza toscana potrà accedere alla crioconservazione, per giunta gratuita, mentre una ragazza abruzzese no. In Emilia-Romagna come è la situazione? Abbiamo intervistato nuovamente l’attivista Sara Beltrami, 36 anni, che da più di due anni lavora per far approvare una legge per dare l’esenzione ticket e cure puntuali per le donne con questa patologia.

Sara quali tutele hanno ad oggi le donne con endometriosi in Italia?
Sul lato pratica, quasi nulla. Dal 2016 l’endometriosi è inserita nell’elenco delle patologie croniche e invalidanti, negli stadi più avanzati riconoscendo alle pazienti il diritto ad usufruire in esenzione di alcune prestazioni specialistiche di controllo, va detto, secondare. Il codice di esenzione 063 riconosce l’endometriosi come malattia cronica e invalidante, per la quale il Servizio Sanitario Nazionale prevede la possibilità di usufruire in esenzione dal ticket di alcune prestazioni di specialistica ambulatoriale, finalizzate al monitoraggio della malattia e alla prevenzione di complicanze e aggravamenti. Tali Prestazioni vengono inserite nei LEA, ma non sono da confondere con il codice di invalidità “vero e proprio” in quanto non hanno a che fare con le tabelle di invalidità, intese come le intendiamo noi oggi. Nel 2012 furono approvate le nuove tabelle indicative delle percentuali di invalidità, e l’endometriosi era stata inclusa. Questa era stata accolta come una buona notizia, ma l’allora ministro Renato Balduzzi non emanò il decreto attuativo prima della fine della legislatura e non lo fece nemmeno chi prese il suo posto negli anni successivi. Fate voi i conti. Siamo fermi da 11 anni e il più delle volte la valutazione dello stato di salute è rimandata alla discrezione della commissione di invalidità esaminante, e in ogni caso le attuali tabelle non favoriscono la comprensione dell’impatto dell’endometriosi sulla vita lavorativa. Una situazione stagnante aggravata dall’assenza di tutele lavorative per le pazienti, e dalla mancanza di congedi mestruali nel nostro paese. Le pazienti raramente raggiungono il punteggio necessario a vedersi riconosciuta una percentuale significativa di invalidità, continuando così a trascinarsi (doloranti) in luoghi di lavoro non sempre a misura di donna.

E in Emilia-Romagna invece?
Negli anni sono state mosse molte critiche alla formula adottata per questo tipo di esenzione. La prima su tutte riguarda il fatto che i LEA garantiscano prestazioni solo negli stadi più avanzati della malattia precludendo di fatto la prevenzione secondaria negli stadi iniziali. Inoltre il codice 063 sminuisce e scredita chi non ha subito un intervento chirurgico e al contempo riserva alle pazienti prestazioni che di fatto sono secondarie all’interno del percorso di cura.  Oggi non sono erogabili in esenzione LEA tutte le prestazioni di specialistica ambulatoriale necessarie per la diagnosi, né l’assistenza farmaceutica e dei dispositivi, anche se la maggior parte delle Regioni nella determinazione dei ticket regionali sui farmaci ha già previsto una partecipazione ridotta per i soggetti esenti per patologia. Occorrerebbe un’analisi dell’implementazione dei LEA su 3 livelli: nazionale, regionale e locale (AUSL). Ecco perché avremmo voluto che, come avvenuto per altri ambiti importanti che riguardano la salute, fosse proprio la nostra Regione la prima a fare da apripista. Parliamo di una malattia che colpisce il 10% delle donne, e che ha un impatto sociale che dovrebbe far riflettere, soprattutto in un momento storico in cui si affrontano temi importanti che riguardano le questioni di genere.

endometriosi

Cosa avete proposto voi al Presidente Bonaccini?
In primavera abbiamo presentato alla Regione Emilia Romagna una proposta di progetto e budget basata sulle richieste della Petizione, con l’obiettivo di finanziare e potenziare il PDTA regionale esistente, e di dare il via libera all’esenzione ticket per le terapie ormonali. Si trattava di un piano senza eguali in Europa, che affrontava al contempo il tema della formazione e dei percorsi di cura, e quello dell’accessibilità alle costose terapie per la malattia. Il progetto era stato inviato ai consiglieri firmatari (di tutti i gruppi politici, destra e sinistra) della risoluzione votata lo scorso 10 gennaio in Regione, per essere poi discussa e votata all’interno della variazione al bilancio di questo luglio. Avevamo sviluppato un progetto di 3 anni, che garantisse sostenibilità attraverso un finanziamento composto da 2 voci di spesa: un budget triennale per l’ implementazione del Piano Diagnostico Terapeutico Assistenziale (PDTA) esistente, per potenziarne strumenti, personale e formazione, ed un budget annuale che riguardava invece l’ esenzione dai costi per le terapie ormonali, per le donne in possesso di codice 063. Abbiamo chiesto un finanziamento concreto ma accessibile, ben argomentato dal progetto. Certi che, lavorando per accorciare i tempi di diagnosi e la conseguente progressione della malattia, si andranno a ridurre nel tempo anche i casi di endometriosi severa e grave aventi diritto al codice di esenzione 063, generando a cascata un circolo virtuoso in grado di contenere i costi sanitari oggi destinati a terapia e cura.

Cosa è successo in Regione? Perché non è stata votata la vostra proposta?
A metà luglio, io e le associazioni che si occupano di endometriosi, siamo state convocate in Regione Emilia Romagna dai capigruppo di maggioranza unitamente all’assessorato, per discutere dell’attuazione della risoluzione, alla quale avevamo fatto seguito con il progetto che servisse da stimolo, ma anche da indicazione prima del voto di luglio. Siamo uscite letteralmente a mani vuote da quell’incontro, con la maggioranza in Regione Emilia Romagna che ha rigettato le nostre richieste sull’esenzione ticket e sul finanziamento del PDTA esistente. Peraltro, in particolare sul punto che riguarda il PDTA si trattava di una somma davvero contenuta, soprattutto se si considera che gli strumenti proposti non andrebbero a beneficio delle sole donne con endometriosi, ma andrebbero a vantaggio di tutta la comunità di pazienti femminili in Emilia-Romagna. Si è trattato di un incontro con modalità che non hanno lasciato spazio ad alcun tipo di mediazione. Modalità lontane dai valori di partecipazione, equità e parità che dovrebbero contraddistinguere la nostra campagna così come la nostra regione virtuosa. Teniamo a sottolineare come ogni singolo passo in questi mesi, sia stato compiuto all’interno di un percorso ufficiale, in cui è legittimo sollevare iniziative e proposte e in cui dovrebbe risultare apprezzabile fornire strumenti di alto profilo che possano permettere di lavorare in sinergia con i decisori politici. Oltre 4.200 firme cartecee raccolte in Emilia Romagna in 2 mesi, decine di comuni italiani votanti, quasi 9000 firme italiane raccolte online nel mese di settembre 2022: tutto questo è stato tradito. Risultati senza precedenti che hanno fatto parlare di diritti per donne con endometriosi, si sono trasformati in un’occasione persa per la regione, che ha ignorato le richieste di migliaia di cittadini e gli strumenti forniti da un gruppo di lavoro come il nostro, arrivato a farsi sentire fino in Parlamento Europeo.

Quali le prossime mosse? Ci sono buone speranze?
Onestamente, noi ci rifiutiamo di accettare passivamente l’esito di quell’incontro, certi che si sia trattato di un momento particolare che non ha dato modo alla maggioranza di valutare le nostre proposte. Le donne non verranno abbandonate, abbiamo la responsabilità di rappresentare le persone che hanno firmato, che si associano o sostengono le nostre associazioni e che si aspettano di più da questi tempi moderni, ormai molto più che maturi. A seguito di quell’incontro abbiamo partecipato al voto del bilancio sperando che qualcuno tornasse sui propri passi, e in effetti in assemblea legislativa abbiamo assistito ad un vero e proprio botta e risposta sul tema dei diritti per le donne con endometriosi, sollecitato dai consiglieri reggiani di minoranza in regione. La partita non si è dunque chiusa, non vogliamo che tutto il lavoro fatto vada sprecato, ma che sia la base su cui lavorare. Tra qualche mese saremo di nuovo lì, a far valere le migliaia di firme che abbiamo raccolto e il movimento che si è creato intorno a questa petizione. Ho incontrato tante brave persone in questo cammino, che si sono impegnate moltissimo in questo progetto pur non avendo l’endometriosi, perché la nostra è una battaglia per il diritto alla cura, per l’equità, e questo potrebbe essere l’ultimo treno, considerato il trend negativo che la nostra sanità sta affrontando. Questo per dire che la posta in gioco è ancora alta e noi sentiamo la responsabilità di riprovarci fino alla fine.

D.L.D.