Endometriosi, la battaglia di Sara arriva in Regione

5 luglio 2023 | 17:10
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Endometriosi, la battaglia di Sara arriva in Regione

La 35enne reggiana e le attiviste di tante associazioni hanno presentato una proposta per finanziare il Pdta: appuntamento il 26 luglio in Regione

REGGIO EMILIA – Sara Beltrami ha 35 anni e si occupa di europrogettazione, ma, da più di dieci anni, è una attivista per i diritti delle donne con endometriosi. Nel 2022 ha portato una petizione da più di 4.000 firme in Regione Emilia-Romagna ed ha ricevuto formale impegno dal presidente Stefano Bonaccini e dalla Regione per dare le tutele mediche complete alle donne con endometriosi. Lo scorso maggio Sara e le attiviste di tante associazioni hanno presentato una proposta di progetto e di budget per finanziare il Pdta (Percorso diagnostico terapeutico assistenziale) regionale, e l’esenzione ticket per le terapie ormonali destinate alle donne in possesso del codice 063. Ora si sono date di nuovo appuntamento in Regione Emilia-Romagna per il 26 luglio, momento in cui in regione si discuterà la variazione di bilancio.

Sarà che cos’è l’endometriosi?
L’endometriosi è una malattia cronica caratterizzata dalla presenza di tessuto simile a quello endometriale (mucosa che normalmente riveste esclusivamente la cavità uterina) all’esterno dell’utero. La malattia può interessare organi dell’apparato genitale o extragenitale come le ovaie, la vescica, l’intestino e persino i nervi. Questi tessuti ogni mese, sotto l’effetto del ciclo mestruale possono generare sanguinamenti, aderenze, cisti e noduli e più in generale causare sintomi che possono risultare invalidanti. Esistono anche casi di endometriosi quasi asintomatica, tuttavia la sintomatologia è prevalentemente dolorosa e comprende dolore mestruale, dolore pelvico, dolore ai rapporti sessuali e lombari, infertilità, dolori ad andare in bagno e affaticamento cronico. Si tratta di una malattia molto frequente e molto diffusa, la stima è che ne sia affetta il 10% della popolazione femminile in età fertile, e può interessare la donna già alla prima mestruazione, e accompagnarla fino alla menopausa.

Sembra una patologia davvero difficile da diagnosticare
Esattamente. Per diagnosticare l’endometriosi è necessario rivolgersi ad un ginecologo specializzato nella malattia. Si tratta di una diagnosi “operatore-dipendente”, questo significa che può bastare una diagnosi ecografica purché effettuata da personale formato nella malattia, abituato a cercarla e a “pensare come l’endometriosi”. Questo perché riuscire a definire l’endometriosi come un’unica e definita entità patologica è estremamente difficile a causa della variabilità di presentazione. Il tempo medio per la diagnosi è ancora lunghissimo e varia tra i 9 e i 10 anni a partire dall’insorgenza dei sintomi. Si stima che occorrano circa 4 anni prima che la paziente consulti il medico e altri 4 per l’identificazione e la conferma della diagnosi, dopo una media di circa 5 medici consultati. Questo perché non è solo la formazione del personale sanitario a contribuire al ritardo diagnostico, ma anche il nostro retaggio culturale, una questione di genere, che porta le pazienti a pensare che in qualche modo il dolore femminile sia normale e accettabile, e quindi a non indagarlo se non quando diventa invalidante. Per questi fattori la diagnosi certa arriva a seguito di una ricerca diagnostica lunga e dispendiosa, mentre la diagnosi precoce della patologia rappresenta ancora una sfida per molti medici. Per battere sul tempo la malattia dobbiamo quindi lavorare al contempo sulla formazione del personale e sulla sensibilizzazione della cittadinanza.

Oggi che tutele mancano alle donne con questa malattia?
L’endometriosi è riconosciuta come malattia cronica e invalidante dallo Stato italiano, ma non è sostanzialmente tutelata, nonostante la malattia rappresenti la prima causa di dolore pelvico cronico in donne in età fertile. Questo significa che oggi abbiamo donne giovani che spesso hanno difficoltà a compiere anche le normali attività quotidiane come lavorare, fare sport o semplicemente uscire per una pizza. Quando la malattia è in fase acuta può risultare fortemente invalidante, con ricadute importanti sulla salute psicofisica delle pazienti e sulla sfera sociale, lavorativa e affettiva. Nonostante questo oggi in Italia non ci sono tutele lavorative, non c’è esenzione ticket per i farmaci, e visite ed esami principali sono a carico delle pazienti. Se si considera anche quanto il mondo del lavoro veda una disparità occupazionale e salariale tra uomini e donne, capiamo che questi fattori, proiettati su donne affette da patologia cronica non tutelata, generano su queste persone una conseguente perdita di capacità di cura e di spesa per la cura. Oggi, per come viene gestita l’endometriosi, è una malattia sociale spesso costosa per tutto il sistema sanitario e sociale.

Spiegaci meglio quali sono le vostre richieste e perché stai portando avanti questa campagna
Dopo una raccolta firme “lampo”, breve ma molto partecipata, a maggio dello scorso anno abbiamo portato al presidente Bonaccini le richieste sottoscritte in pochissimo tempo da migliaia di cittadini in tutta la Regione. Abbiamo chiesto al presidente di supportarci nella realizzazione di una campagna informativa rivolta alla cittadinanza e alle Ausl regionali, un aspetto si cui abbiamo lavorato all’inizio di quest’ anno. Oggi infatti, grazie alle firme raccolte, ospedali Ausl e consultori riportano la locandina con informazioni importanti, tra cui un elenco dei centri specializzati a cui rivolgersi per la diagnosi e il trattamento della malattia. Un passo semplice ma fondamentale, dal momento che spesso le donne non sanno a chi rivolgersi e affrontano viaggi costosi anche fuori dall’Emilia Romagna, ignorando il fatto che la nostra regione ospita professionisti di eccellenza, alcuni dei quali fanno scuola sulla patologia da anni. Il secondo punto riguarda il finanziamento del Pdta. Nel 2019 medici e istituzioni avevano lavorato a questo piano straordinario che comprende la formazione del personale sanitario in tutta la regione, e attiva un iter di presa incarico di diagnosi e trattamento per le donne con diagnosi o con sospetta endometriosi. Purtroppo però abbiamo capito che questo piano andava avanti grazie alla buona volontà dei nostri medici, ma che meritava di essere adeguatamente finanziato dalla Regione. Ricordiamoci che una diagnosi tardiva genera a cascata test diagnostici e trattamenti non necessari che possono generare effetti avversi e aumentare significativamente la spesa sanitaria. È nell’interesse della regione far sì che questi percorsi siano efficienti. Il terzo punto riguarda l’esenzione ticket per le donne con endometriosi che hanno già diritto al codice 063, un codice di esenzione che viene assegnato alle donne con endometriosi severa e grave, ma che ad oggi non prevede forme di esenzione significative e soprattutto non contempla l’esenzione per i farmaci.

endometriosi

Che impegno si è preso Stefano Bonaccini?
Bonaccini si è reso disponibile a sostenere la nostra causa, apprezzandone la concretezza delle richieste e promettendoci un dialogo diretto con l’assessorato, cosa che è effettivamente avvenuta in questo ultimo anno. Ora la palla passa alla politica, saranno i nostri consiglieri regionali eletti a votare la variazione al bilancio il 26 luglio e a decidere se e cosa approvare delle nostre proposte.

Siete speranzose che le vostre richieste entrino davvero nel bilancio della Regione?
Voglio crederci fino alla fine, perché il costo umano di questa battaglia è stato importante e qualsiasi risultato diverso dal voto positivo sarebbe una delusione per migliaia di donne che aspettano che il primo segnale arrivi dalla nostra regione virtuosa. Dopo l’invio del nostro progetto ad aprile di quest’anno, in cui argomentavamo le richieste sul voto con dati e proiezioni di spese, abbiamo avuto riscontri positivi da diversi consiglieri reggiani: Bondavalli, Costa, Mori (Pd), Catellani e Del Monte (Lega). Ma, se devo essere onesta, solo gli ultimi tre hanno dato segni di reale interesse. Comprendiamo il difficile stato in cui verte la nostra sanità, ma crediamo che anche per questa ragione questo momento possa rappresentare un’opportunità per mettere in campo nuove strategie più efficaci e costo-efficaci. Abbiamo fatto parlare di endometriosi e tutele tantissimo e in poco tempo, mobilitando un’intera regione anche se non avevamo risorse, questo perché le nostre proposte erano solide. Come spesso accade l’impressione è che i cittadini siano un passo avanti rispetto alle scelte politiche. Il voto del 26 luglio in regione potrebbe cambiare la storia e generare un effetto domino in altre regioni, ma anche rendere la regione Emilia Romagna un esempio virtuoso per altri paesi europei che si stanno impegnando con misure importanti, come il congedo mestruale e nuove strategie di diagnosi e cura. Ecco perché il 26 luglio chiediamo a tutti di partecipare con noi in Regione, a Bologna, perché questa è una battaglia per una salute più equa e questo è un tema che riguarda tutte e tutti, non solo le donne con endometriosi.

D.L.D.