Operazione Grimilde, sequestrati 10 milioni di euro ai fratelli Muto

14 ottobre 2022 | 09:08
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Operazione Grimilde, sequestrati 10 milioni di euro ai fratelli Muto

Nelle province di Reggio Emilia, Parma, Mantova e Crotone. Gli investigatori: “Le attività erano intestate a prestanomi”

REGGIO EMILIA – I carabinieri hanno sequestrato beni per un valore di circa 10 milioni di euro ai fratelli Antonio e Cesare Muto nell’ambito dell’operazione Grimilde, coordinata dalla procura distrettuale antimafia di Bologna. Antonio è stato condannato con sentenza irrevocabile nell’ambito del processo “Aemilia” per associazione di tipo mafioso, truffa ed estorsione, in quanto appartenente al sodalizio ‘ndranghetistico emiliano, storicamente legato alla cosca Grande Aracri di Cutro.

I beni sono stati sequestrati nelle province di Reggio Emilia, Parma, Mantova e Crotone. Si tratta di 5 aziende operanti nel settore degli autotrasporti ed immobiliare, del valore complessivo di 3 milioni di euro, 6 immobili (tra cui un capannone industriale sede delle aziende di autotrasporti, 4 abitazioni, un fabbricato in corso di costruzione), acquistati ad un prezzo complessivo di 3 milioni euro.

Oggetto del sequestro anche 92 veicoli, tra cui 28 trattori stradali, 43 semirimorchi, 5 autobus, 4 furgoni, 2 autocarri, 10 autovetture tra cui una Maserati e due Volkswagen, 1 motociclo ed 1 quadriciclo, acquistati ad un prezzo complessivo di oltre 1 milione e mezzo di euro. Ci sono anche 18 rapporti bancari le cui giacenze complessive sono tuttora ignote.

Scrivono gli inquirenti: “Le indagini patrimoniali condotte dal reparto Investigativo del Ros, svolte sulla scia degli accertamenti condotti per l’operazione “Grimilde”, hanno confermato la riferibilità ai fratelli Muto di diverse attività imprenditoriali, formalmente intestate a prestanome, nonché l’accumulo illecito di significativi patrimoni personali. Dall’esito delle indagini patrimoniali svolte nei confronti degli interessati, corroborate dalle risultanze emerse a seguito dei precedenti interventi, sono state trovate conferme in ordine alla gestione occulta di imprese operanti su tutto il territorio nazionale”.

Secondo quanto ricostruito dagli investigatori “in appena 2 mesi dall’interdittiva antimafia che li aveva colpiti nel 2013, i fratelli Muto hanno costituito ed avviato una nuova società di trasporti e viaggi turistici, la Cospar, intestandone le quote al prestanome Salvatore Nicola Pangalli, ingegnere di origini crotonesi. Grazie agli accertamenti bancari è stato possibile accertare che Pangalli ha costituito la Cospar con provvista messagli a disposizione dalle società dei Muto facendola transitare sui conti di una società “cartiera””.

E concludono:”Da ultimo, l’indagine economico-finanziaria ha confermato i legami tra i fratelli Muto e gli altri imprenditori già condannati per aver fatto parte del sodalizio ‘ndranghetistico emiliano, quali Giuseppe Giglio ed i fratelli Vertinelli”.

Intanto, dopo la conclusione del rito abbreviato di Bologna, con condanne per oltre 260 anni di carcere a 48 imputati, prosegue a Reggio Emilia il rito ordinario del processo legato all’inchiesta “Grimilde” (iniziato a dicembre del 2020), che vede alla sbarra 22 persone. Al centro del dibattimento le attività illecite della cosca Grande Aracri, con riferimento in questo caso ai suoi interessi a Brescello e nella Bassa reggiana.

Figure chiave dell’inchiesta sono Francesco Grande Aracri, fratello del boss Nicolino, e i suoi figli Paolo e Salvatore (quest’ultimo già giudicato in abbreviato e condannato a 20 anni) accusati con gli altri imputati (tra cui l’ex presidente del Consiglio comunale di Piacenza Giuseppe Caruso, anche per lui 20 anni in abbreviato) di una serie di reati come estorsione, trasferimento fraudolento di valori, intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro, danneggiamento e truffa aggravata. La sentenza di primo grado del rito ordinario è attesa per gli inizi di dicembre.