I politici a tavola, fra Bolliti, Pinot e Pop Corn

16 marzo 2018 | 16:00
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I politici a tavola, fra Bolliti, Pinot e Pop Corn

Satira politico-gastronomica: associamo a ogni leader un piatto, un alimento, una bottiglia di vino

REGGIO EMILIA – In Italia, è noto, le cose di solito finiscono a tarallucci e vino. Spesso, ma non sempre: a volte, infatti, finiscono proprio male. Le recenti elezioni politiche hanno prodotto un esito clamoroso ma prevedibile, con l’avanzata trionfale dei 5 Stelle e di Salvini, che ora si contenderanno la guida del Governo del Paese. Le elezioni potrebbero provocare una mezza Rivoluzione, ma, come nella commedia di Shakespeare, è più probabile che in Italia, la terra dei cachi e dei gattopardi, creino tanto rumore per nulla. Proviamo allora a fare un gioco, scherzoso ma non troppo: facciamo un po’ di satira politico-gastronomica e associamo a ogni leader politico un piatto, un alimento, una bottiglia di vino. È un esercizio utile anche a ricordare a ciascuno di noi, e ai politici in particolare, una massima latina, il “sic transit gloria mundi” di imperitura validità: oggi sei frizzante, desiderato e invitato a tutte le feste come una bottiglia di champagne, domani ti ritrovi fatto a fette nel carrello dei bolliti. Ecco a voi, allora, il menu delle elezioni.

Il Pinot nero La Madeleine. Non sono andate benissimo le elezioni politiche per l’ex Primo Ministro nonchè ex segretario nazionale dei DS Massimo d’Alema, che tuttavia, sulla base del motto reso celebre anche da Tafazzi “mal comune, mezzo gaudio”, un risultato notevole l’ha ottenuto: dare un bel contributo alla sconfitta di Matteo Renzi. L’un tempo popolare Leader Maximo produce in quel di Narni, in Umbria, alcuni ottimi vini, come il Nerosè, apprezzato spumante di pinot nero, e La Madeleine, un altro pinot nero che prende il nome dalla cantina omonima della famiglia D’Alema. Ora che il suo ruolo in politica diventa sempre più marginale, D’Alema potrà gustarseli in santa pace in lunghe gite in barca a vela, dove non avrà più l’assillo di fare, e soprattutto disfare, partiti, compagini ministeriali e alleanze di sinistra. Come diceva la sua amica Condoleeza Rice, “bye bye, Max”.

Il Panino col salame. Sempre in prima fila nel fustigare i vizi della Kasta, Alessandro Di Battista non perde mai l’occasione per far vedere al mondo quanto schifi i privilegi dei politici molli e imbelli che stazionano nell’aula sorda e grigia del Parlamento. Il fascinoso Dibba dorme virilmente nei camper, gira in motoretta, mangia panini di dubbia qualità, anche per dare il buon esempio ai tanti illustri sconosciuti entrati negli ultimi anni nei Palazzi del potere grazie ai 5 Stelle. Celebre fu il caso del neodeputato grillino Adriano Zaccagnini che, appena entrato a Montecitorio nel 2013, si fiondò subito a pranzo alla bouvette della Camera, dove i camerieri portano i guanti bianchi, le stoviglie sono di porcellana e un pasto costa in media sugli 80-90 euro, di cui circa 15 a carico del politico di turno e il resto a spese dei contribuenti. Peccati di gioventù della truppa pentastellata, da grandi magari faranno anche peggio.

La Polenta con la porchetta. Sono finiti i tempi romantici in cui Matteo Salvini cantava alle Festa della Lega a Pontida, con un bicchiere di birra in una mano e il piatto di plastica con la polenta e la porchetta ad aspettarlo sotto il tendone (rutto libero alla Fantozzi) “senti che puzza, scappano anche i cani, stanno arrivando i Napoletani”. Va detto che di questa canzonaccia becera, imparata da adolescente sugli spalti di San Siro, il leader politico leghista si è poi scusato. La bella Elisa Isoardi ha gusti molto più raffinati, perciò da un po’ di tempo Salvini, nelle circostanze che contano, mette il doppiopetto e, quando accompagna la fascinosa fidanzata a cena con Marine Le Pen e altri politici di estrema destra, indossa il tovagliolo, sta attento a non sbrodolarsi la camicia di lino e non lascia cadere il ragù sulla tovaglia.

Il Vitello grasso non può mancare, di questi tempi, in una cena con Matteo Renzi. Con una particolarità: il vitello grasso che viene servito in tavola a mò di sacrificio umano per la Patria e per placare la italica sete di sangue della Kasta, in particolare del plasma di quella parte della Kasta che i favori li fa sempre agli altri, è lo stesso Renzi. Da bere? A Renzi stavolta tocca compiere un saggio gesto socratico e scolarsi fino in fondo un bicchierone di cicuta.

La cicoria è invece il piatto ad hoc per una cena a lume di candela con la romana de Roma Giorgia Meloni. Non invitatela però a visitare il museo Egizio perché, si sa, con la cultura non si mangia.

Pane e acqua. E’ il menu perfetto, frugale e poco costoso, per un pranzo con Graziano Delrio, che notoriamente, come dimostra ampiamente anche il suo fisico asciutto, non ama abbuffarsi a tavola. Pane e acqua sono particolarmente indicati anche per il percorso di espiazione penitenziale della Quaresima: quella del PD durerà parecchio, chissà se anche per il PD arriverà prima o poi la Pasqua di Resurrezione.

La mortadella spetta ad honorem all’ex Presidente del Consiglio Romano Prodi, è buona e saporita, e ai convegni può servire ad abbassare i picchi glicemici del Professore tra un pisolino e l’altro.

Il carrello dei bolliti. Non assomiglia neanche un po’ a quello dei Cattini, nemmeno a quello del Canossa o di Probo. Sul carrello dei politici potete trovare un Gianfranco Fini lesso, un arrosto di Tremonti, uno zampetto di Bersani o una testina di Bossi. Roba per stomaci forti, insomma.

Noccioline e popcorn. Ne va pazzo Luigi Di Maio, vincitore assoluto, insieme a Matteo Salvini, delle Politiche 2018: gli ricorda i bei tempi dell’unico lavoro che abbia mai praticato in vita sua oltre a quello del Parlamentare, quando faceva lo steward allo stadio San Paolo in occasione delle partite casalinghe del Napoli. Come recita un antico proverbio siciliano, cumannari è megghiu di futtiri, e fare politica, aggiungiamo noi, è meglio che lavorare in fonderia, dove Di Maio, questo è poco ma sicuro, non lo vedremo mai.

Mozzarella di bufala campana, pomodoro fresco, e carne chianina di primissimo taglio. Erano gli ingredienti del celebre menu tricolore servito nelle ancor più celebri cene eleganti, che Silvio Berlusconi organizzava a Villa San Martino insieme a Ruby Rubacuori, Nicole Minetti e altri procaci ragazze desiderose di apprendere i rudimenti della politica e del management dall’anziano ma arzillo signore di Arcore. Ultimamente le quotazioni di Berlusconi paiono un po’ in ribasso, ma un pronostico è facile: quando Mattarella porterà a termine il suo settennato, il vecchio Silvio ce lo ritroveremo Presidente della Repubblica.