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Gerusalemme, il mondo contro Trump: scontri a Gaza e Cisgiordania

7 dicembre 2017 | 17:41
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Gerusalemme, il mondo contro Trump: scontri a Gaza e Cisgiordania

Palestinesi indicono lo sciopero generale. Netanyahu: “Altri Paesi seguiranno gli Usa”

REGGIO EMILIA – Continua a salire il bilancio dei dimostranti palestinesi feriti negli scontri odierni con reparti militari israeliani in Cisgiordania, a Gerusalemme est e lungo la linea di demarcazione con Gaza. Da fonti mediche palestinesi il quotidiano israeliano Maariv ha appreso che finora si ha notizia di 114 palestinesi che hanno necessitato soccorsi medici perché feriti da armi da fuoco, o intossicati da gas lacrimogeni o contusi da proiettili rivestiti di gomma.

Due razzi sono stati lanciati dal nord di Gaza verso Israele. Lo ha riferito il portavoce militare israeliano secondo cui entrambi sono caduti all’interno dell’enclave palestinese. Nelle zone israeliane attorno alla Striscia poco prima erano risuonate le sirene di allarme e la popolazione è corsa nei rifugi.

“Facciamo appello per una nuova intifada contro l’occupazione e contro il nemico sionista, ed agiamo di conseguenza”: lo ha affermato il leader politico di Hamas, Ismail Haniyeh, in un discorso pronunciato dalla propria abitazione a Gaza e trasmesso dall’emittente di Hamas ‘al-Aqsa tv’, mentre nelle strade della città si notano numerose manifestazioni di protesta contro gli Stati Uniti. “Il riconoscimento di Gerusalemme quale capitale di Israele è una dichiarazione di guerra nei nostri confronti”, ha aggiunto.

Le autorità palestinesi hanno proclamato per oggi lo sciopero generale in Cisgiordania, a Gerusalemme est e a Gaza per protesta contro le decisione del presidente Usa Donald Trump su Gerusalemme. Lo riporta l’agenzia Wafa che segnala uffici, negozi e scuole chiusi in molte città palestinesi. Già ieri notte, secondo la stessa fonte, ci sono state manifestazioni spontanee di protesta a Gerusalemme, Ramallah, Betlemme e anche nella Striscia. A mezzogiorno (ora locale) è prevista una manifestazione oggi presso la Porta di Damasco della Città Vecchia.

Benyamin Netanyahu è tornato a felicitarsi con Donald Trump per il riconoscimento di Gerusalemme quale capitale di Israele (“Ha legato per sempre il suo nome con la storia della nostra capitale”) e ha rivelato che altri Paesi potrebbero seguire il suo esempio. “Siamo in contatto con altri Paesi affinché esprimano un riconoscimento analogo – ha detto il premier in un discorso al ministero degli Esteri – e non ho alcun dubbio che quando l’ambasciata Usa passerà a Gerusalemme, e forse anche prima, molte altre ambasciate si trasferiranno. E’ giunto il momento”.

“In seguito ad un esame della situazione da parte dello Stato maggiore, è stato deciso che un certo numero di battaglioni saranno inviati come rinforzo in Giudea-Samaria (Cisgiordania)”: lo ha reso noto il portavoce militare israeliano. Le forze armate hanno messo in stato di allerta anche altre unità, ha aggiunto, “per far fronte a possibili sviluppi” legati alle proteste palestinesi per il riconoscimento Usa di Gerusalemme come capitale di Israele.

L’unico a esultare è il premier israeliano Benyamin Netanyahu, che parla di “pietra miliare” e di “decisione storica”: un atto – aggiunge – “giusto e coraggioso” da parte della Casa Bianca. Non la pensano così Iran e Turchia, i due Paesi musulmani che hanno replicato in maniera più dura a Trump, parlando di provocazione ingiustificata e minacciando rappresaglie. “La Palestina sarà liberata”, ha reagito l’ayatollah Khamenei.

Mentre la Lega Araba si prepara sabato a riunire i suoi ministri degli Esteri, e il presidente turco Erdogan ha convocato un summit dei Paesi islamici a Istanbul. Si lavora insomma alle contromisure, con alcuni degli osservatori che non escludono cambiamenti sul fronte geopolitico. Ma strali sulla decisione del presidente americano sono arrivati anche dall’Europa, dalla Nato e dal Palazzo di vetro. Il segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres ha espresso tutto il suo disappunto per una decisione che smentisce 70 anni di risoluzioni Onu, dicendosi contrario a ogni decisione unilaterale.

Poi il monito: “Gerusalemme è la capitale di Israele e dei palestinesi. E non esiste un piano B rispetto alla soluzione dei due Stati”. Le parole più severe sono quelle del presidente francese Emmanuel Macron, che parla di decisione “deplorevole”. Per la premier britannica Theresa May “Gerusalemme deve essere una capitale condivisa”.

Preoccupazione trapela anche dal Quirinale e da Palazzo Chigi, con Gentiloni che ha indicato nel “processo di pace basato sui due Stati” l’ambito nel quale definire il futuro status di Gerusalemme.