Il processo alla 'ndrangheta |
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Aemilia, imputati ai domiciliari sorvegliati in aula

7 dicembre 2017 | 14:42
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Aemilia, imputati ai domiciliari sorvegliati in aula

Ordinanza della Corte dopo la querelle sul caso Costi

REGGIO EMILIA – Gli imputati di Aemilia sottoposti agli arresti domiciliari che assistono alle udienze del processo diventano “sorvegliati speciali”. Lo ha deciso questa mattina il presidente della Corte Francesco Maria Caruso che, in un’ordinanza, impone al comandante del servizio d’ordine “interno” all’aula di “verificare puntualmente” il loro comportamento. Il provvedimento del Tribunale scaturisce dalla querelle andata in scena la scorsa udienza sull’imputato Omar Costi, di cui il pm Marco Mescolini aveva chiesto la sospensione dei domiciliari e il ritorno in carcere.

Il magistrato aveva in particolare segnalato che la misura cautelare a cui Costi e’ sottoposto da quasi due anni gli vieterebbe di comunicare con terzi. Invece l’imprenditore reggiano accusato di estorsione e falsa fatturazione avrebbe mandato alcuni messaggi (con due computer e un telefono), direttamente dai banchi dell’aula del tribunale di Reggio, dove si celebra il maxi processo contro la n’drangheta. L’avvocato difensore di Costi, Vincenzo Belli, ha obiettato questa mattina che il suo assistito e’ stato riammesso nel giugno del 2016 al lavoro e svolge oggi la mansione di magazziniere addetto alle vendite e agli approvigionamenti di una pizzeria.

“Questo – sottolinea Belli – fa implicitamente decadere il divieto, poiche’ il mio cliente puo’ avere bisogno di comunicare con clienti e fornitori”. Quanto all’utilizzo dei computer, Belli sottolinea “che non c’e’ nessun divieto di usarli in udienza”. Tanto piu’ che Costi sta preparando una memoria difensiva. Insomma, conclude l’avvocato, “l’imputato fa tutto alla luce del sole, si siede sempre nelle prime file e in questi anni ha avuto centinaia di controlli a casa e sul posto di lavoro, da cui non e’ emersa alcuna irregolarita’”.

Poco convinto il pm Mescolini che ha depositato l’incartamento con le specifiche prescrizioni imposte a Costi dagli arresti domiciliari. Tra queste ci sono anche gli orari di lavoro dell’imputato: dal lunedi’ al sabato dalle 9 alle 18. Costi, intanto, questa mattina non era in aula. Nella mattinata il dibattimento e’ proseguito con il controesame dei difensori del collaboratore di giustizia Salvatore Muto che ha tra l’altro nuovamente tratteggiato la figura di Francesco Lamanna di cui era il braccio destro. Lamanna, ritenuto dagli inquirenti il referente della cosca nella zona di Cremona “era affliliato gia’ da giovane, quando era con i Dragone e negli anni e’ arrivato a diventare ‘padrino'”, ha detto Muto.

Grado che sarebbe stato conferito proprio dal boss Nicolino Grande Aracri, che di Lamanna si fidava ciecamente. Sempre secondo le dichiarazioni del collaboratore infatti, Grande Aracri lo aveva autorizzato “a fare il padrone in sua assenza”. Ma Lamanna, pur formalmente pari agli altri “generali” della cosca di Cutro radicata in Emilia, godeva anche di un maggior riconoscimento rispetto ad Alfonso Diletto e Nicolino Sarcone. Al punto, dice sempre Muto, da avere un diverbio con quest’ultimo che gli aveva mancato di rispetto alludendo alla passione di Lamanna per le slot machines. Fatto che porto’ “ad un chiarimento a cui andarono tutti i fratelli Sarcone (Giuseppe, Carmine, Gianluigi e Nicolino)” e dove Lamanna si fece valere facendo pesare a chi lo aveva offeso: “Per te ho rotto anche delle amicizie”.

Gli avvocati degli imputati hanno poi insistito molto sulle operazioni edili avviate da Muto, chiedendo se i lavori che aveva svolto (anche uno in Svizzera incompleto perche’ fu arrestato) fossero leciti o meno. Lapidaria la risposta del pentito: “Il lecito serviva per la falsa fatturazione. Senza il lecito non c’e’ l’illecito” (Fonte Dire).