“Io, molestata e perseguitata dal datore di lavoro”

17 ottobre 2017 | 10:06
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“Io, molestata e perseguitata dal datore di lavoro”

La storia di Angela, giovane dipendente di una piccola azienda della provincia, che ha dovuto andarsene dalla ditta: “Mi metteva le mani addosso. Ho trovato un altro impiego, ma mi ha fatto licenziare”

REGGIO EMILIA – Nel mondo del lavoro le discriminazioni contro le donne sono ancora all’ordine del giorno: non c’è solo la piaga delle dimissioni in bianco o di tutte le ritorsioni legate al periodo del ritorno dalla maternità. Anche in provincia di Reggio il quadro dei comportamenti illegali sul mondo del lavoro è composito. E’ di questi giorni il caso di una giovane donna che ha dovuto rifiutare un’offerta di lavoro perché sottoposta a ricatto dal proponente: la ragazza avrebbe dovuto promettere di non rimanere incinta per almeno tre anni dopo l’assunzione.

Un episodio emblematico, che ha dato seguito anche ad una interrogazione parlamentare: ma le discriminazioni sono di diverso tipo e non sempre sono collegate alla maternità. Lo dimostra il caso di Angela, una giovane lavoratrice che al primo impiego si è trovata a dover fare i conti con le molestie del datore di lavoro e con una vera e propria persecuzione. Angela si è rivolta alla consigliera di parità della Provincia di Reggio Emilia, la combattiva Maria Mondelli. Sono decine i casi che approdano sulla sua scrivania e questo è uno dei più spinosi tra quelli affrontati negli ultimi mesi.

Angela, nome di fantasia, è una ragioniera che lavora in una piccola azienda della provincia: una giovane donna di bell’aspetto, che i colleghi giudicano di bell’aspetto e volenterosa. “Ero al mio primo impiego – spiega – e avevo trovato un lavoro proprio vicino a casa. Mi ritenevo molto, molo fortunata”. Nei primi tempi le cose sembrano andare per il verso giusto e non emergono problemi. Poi però il comportamento del datore di lavoro cambia. “Dopo qualche mese sono cominciate le attenzioni da parte del mio capo. Prima si trattava solo di complimenti. Poi apprezzamenti sempre più espliciti. In breve si è arrivati agli inviti a cena, che ho sempre rifiutato”.

Nonostante l’atteggiamento corretto della donna, il datore di lavoro non si ferma passa alle maniere forti. “Mi invita a seguirlo in ufficio – racconta ancora Angela – e qui le molestie diventano fisiche”. L’uomo le mette le mette la mani addosso, ma Angela si divincola e riesce a scappare dall’ufficio. Nei giorni seguenti la giovane donna va da un avvocato per denunciare il sopruso: a norma di legge, spiega la consigliera di parità Mondelli, le molestie sul lavoro sono equiparate a discriminazioni. La situazione è insostenibile: la donna non può più lavorare in quel contesto e decide di aprire in contenzioso con il datore di lavoro. Le parti però si accordano: Angela si dimette in cambio di un incentivo all’esodo piuttosto modesto. Sembra sia la volta buona per voltare definitivamente pagina: ma la storia era lontana dalla sua conclusione.

Come accertato da una attività di verifica della stessa consigliera di parità, da qui in avanti la giovane donna verrà sottoposta ad una vera e propria attività di discriminazione da parte dell’ex datore di lavoro: “Appena trovo un nuovo lavoro, dopo qualche mese inspiegabilmente vengo lasciata a casa”. Dietro questa decisione c’è lo zampino del vecchio molestatore, che è molto conosciuto nel tessuto economico locale e non esita a diffamarla con i suoi colleghi: la apostrofa come poco di buono e rovinafamiglie. In alcuni casi sono le mogli degli imprenditori, in un contesto di realtà produttive a conduzione familiare, a spingere per i licenziamenti. Spesso la ragazza, dopo un impegno positivo, viene ‘liquidata’ con delle frasi come “possiamo fare a meno di lei”.

Dopo una serie di tentativi Angela, ormai provata da questa vera e propria persecuzione, deve gettare la spugna: “Ho deciso di cercare lavoro lontano da casa, anche se ho una mamma invalida e questo mi costa”. In questo caso la consigliera di parità ha dovuto prendere atto della situazione, senza poter trovare uno spiraglio per una azione legale. La donna si era accordata con l’ex datore di lavoro e purtroppo la maniera subdola con cui l’ex capo agiva non ha permesso di intraprendere una nuova causa nei suoi confronti.

“Anche se ‘sulla carta’ le donne hanno all’interno del mercato del lavoro gli stessi diritti degli uomini – spiega la consigliera di parità – nella realtà spesso si trovano in situazione di svantaggio nell’accedere e nel permanere nel mercato del lavoro. Per questo devono essere informate sui loro diritti e sostenute in tutti gli aspetti della vita lavorativa attraverso la corretta applicazione di quanto previsto dalla normativa vigente”.