Le nuove inchieste antimafia di Cortocircuito in un libro

4 ottobre 2017 | 17:14
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Le nuove inchieste antimafia di Cortocircuito in un libro

Da giovedì in libreria con la prefazione del procuratore nazionale antimafia

REGGIO EMILIA – Leggendo i capitoli sembra di avere in mano un romanzo, talmente le vicende sono assurde e ricche di suspense. Eppure i fatti sono tutti veri, inclusi i dialoghi – a tratti surreali – e i dettagli. È il libro-inchiesta “Guardare la mafia negli occhi” pubblicato dall’editore Rizzoli (270 pagine) e scritto da Elia Minari (foto), studente di Giurisprudenza e coordinatore dell’associazione culturale antimafia Cortocircuito di Reggio Emilia, formata da studenti universitari. Il sottotitolo della pubblicazione è “Le inchieste di un ragazzo che svelano i segreti della ‘ndrangheta nel Nord Italia”. Il libro contiene la prestigiosa prefazione del magistrato Franco Roberti, procuratore nazionale antimafia.

Dal 2009, quando frequentava il liceo, Elia Minari realizza inchieste e documentari sulla criminalità mafiosa in Emilia e nel Nord Italia. Il libro racconta i retroscena inediti delle inchieste dei ragazzi di Cortocircuito diventate note, compresi gli approfondimenti che sono stati acquisiti agli atti dalla magistratura, oltre a nuovi reportage realizzati sul campo e vicende vissute in prima persona. Il testo, che ha l’obiettivo di diffondere numerosi contenuti esclusivi sul tema della ‘ndrangheta in Emilia e sulle infiltrazioni mafiose anche nelle altre regioni settentrionali, contiene aneddoti personali, episodi inquietanti mai raccontati prima, vicende paradossali e inattese.

La pubblicazione – disponibile sia in formato cartaceo nelle librerie che come e-book online – svela un nuovo volto della ‘ndrangheta nel Nord Italia: abile nell’utilizzo strategico di Facebook e del deep web, dedita a crearsi un’immagine pulita anche tramite trasmissioni pilotate di tv locali, comunicati pubblici e conferenze stampa, interessata agli eventi sportivi e popolari, capace di camuffarsi. Una mafia che tenta di condizionare ambienti altolocati: la Corte suprema di Cassazione, alcuni ordini cavallereschi e logge massoniche.

Nel libro vengono raccontate le storie di persone insospettabili: medici, giornalisti, preti, poliziotti, magistrati, attraverso inchieste realizzate dal giovane Elia Minari. Sfogliando le pagine si capisce subito che per sradicare le mafie occorre innanzitutto rimuovere i pregiudizi e le convinzioni, anche perché alcune figure chiave della rete ‘ndranghetista hanno cognomi nordici. Un libro coraggioso e avvincente, nel qua­le, ripercorrendo le sue indagini, Elia Minari di­mostra come nella lotta alla criminalità or­ganizzata ognuno possa fare la propria parte.

Il libro di Elia Minari

Nel testo vengono svelate anche alcune reazioni suscitate, negli ultimi anni, dalle inchieste di Cortocircuito, come le lettere con richieste di risarcimento danni infondate, le minacce e le pressioni da parte di figure istituzionali. Il libro raccoglie anche testimonianze esclusive sui rifiuti sotterrati sotto alla linea della Tav in Emilia, su alcune discoteche e sulla costruzione di alcuni edifici pubblici.

Nella prefazione (di sei pagine) il procuratore nazionale antimafia cita esplicitamente anche la provincia di Reggio Emilia: “Dopo che Elia Minari ha pubblicato la video-inchiesta su Brescello, duecento cittadini sono scesi in piazza, per negare la presenza delle mafie nel territorio. Hanno partecipato alla manifestazione anche persone contigue alla ‘ndrangheta. Nel frattempo il parroco ha accusato Elia di provocare «danni al turismo» e di «diffamare il paese». Il consiglio comunale di Brescello, grazie alle indagini partite a seguito di quella video-inchiesta, è stato sciolto per infiltrazioni della criminalità organizzata. Il video realizzato da Elia ha sollevato il coperchio di una pentola in ebollizione che in tanti cercavano di tenere saldamente chiusa. Gli approfondimenti che l’autore di questo libro ha realizzato, nel corso di otto anni, nascono dal desiderio di capire, dal porsi delle domande già tra i banchi di scuola e poi nelle aule dell’università. Come mai le feste del liceo frequentato si tengono in una discoteca ritenuta dalla Prefettura luogo di riciclaggio di denaro mafioso? Perché gli appalti di alcune scuole vengono affidati a certe aziende? Cosa c’è dietro i quaranta roghi dolosi appiccati in pochi mesi? Come mai continuano a lievitare i costi di importanti cantieri pubblici? Tanti silenzi e le prime risposte: «Qui la mafia non esiste», «Non è successo niente», «Parlare di mafia danneggia l’economia», «Quell’imprenditore della ’ndrangheta è gentilissimo e dà lavoro a tanti» e «Quelle persone detengono armi non perché sono mafiosi, ma perché sono cacciatori». Tali spiegazioni arrivano anche da parte di autorevoli esponenti delle istituzioni”.

Il procuratore nazionale antimafia aggiunge: “Elia ha intrapreso un’attività coraggiosa d’approfondimento, d’inchiesta, d’impegno e passione civile. Partendo da un’aula di scuola, ha saputo sfruttare i mezzi tecnologici per fare conoscere le sue denunce. Il caso di Cortocircuito ci dimostra che, qualunque sia la nostra professione o il nostro lavoro, ciascuno può dare il proprio contributo. Senza bisogno di essere magistrati o poliziotti”.