Aemilia, in aula a Reggio riemergono estorsioni e tangenti

7 settembre 2017 | 18:23
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Aemilia, in aula a Reggio riemergono estorsioni e tangenti

Ascoltati testimoni della difesa. Raffica di “no” e “non ricordo”

REGGIO EMILIA – I dettagli di due specifiche vicende sono emersi dall’udienza del processo Aemilia contro la ‘ndrangheta che si celebra a Reggio Emilia, dove nei lavori della mattinata sono stati ascoltati i testimoni citati dalla difesa degli imputati Omar Costi e Mirco Salsi. La prima storia e’ quella dell’imprenditore di Viterbo Andrea Cesarini, parte offesa nel procedimento, di cui devono rispondere per estorsione aggravata dal metodo mafioso nei suoi confronti Luigi Silipo (45 anni cutrese residente a Cadelbosco Sopra), Omar Costi (imprenditore reggiano di 42 anni) e Mario Cannizzo (ex carabiniere di 58 anni), assieme (tra altri) al giornalista Marco Gibertini e Vittorio Mormile, entrambi gia’ condannati con pene pesanti in abbreviato.

Il secondo episodio e’ quello della maxitangente da 1,3 milioni che l’imprenditore reggiano Mirco Salsi pago’ alla faccendiera Maria Rosa Gelmi di Brescia e che si rivelo’ un bluff, inducendo Salsi a tentare di recuperare quei soldi chiedendo aiuto all’amico Marco Gibertini, che a sua volta lo mise in contatto con esponenti della cosca di ‘ndrangheta. In particolare Cesarini – che quando fu ascoltato in aula scoppio’ in lacrime nel denunciare le minacce subite verso i suoi figli – fu costretto a pagare a seguito di un presunto debito con un’azienda di Reggio Emilia che fa capo all’imprenditore Omar Costi 230.000 euro in contanti, 600.000 in assegni e anche la sua stessa macchina, una Lamborghini. Una circostanza, questa, costatagli anche una denuncia per calunnia, essendo stato costretto a denunciare il furto dell’auto per giustificarne la perdita.

I guai per il viterbese erano iniziati tra il 2012 e il 2013, quando era in affari con Costi, che ad un certo punto inizio’ a vantare un credito inesistente nei suoi confronti. In due incontri chiarificatori, avvenuti nello studio di un commercialista reggiano e a casa di Silipo, Cesarini si trovo’ di fronte tre uomini napoletani, tra cui Mirmole, che minacciandolo lo costinsero a pagare gettandolo sul lastrico. In aula questa mattina Mirmole ha negato ogni addebito, trincerandosi dietro una sfilza di “no” e “non ricordo”.

Ha parlato poco di piu’ lo stesso Omar Costi, precisando: “Gibertini mi disse che poteva presentarmi delle persone che potevano aiutarmi a recuperare il credito” e aggiungendo: “Il credito l’ho ceduto a Silipo”. Quando gli viene domandato perche’ all’incontro con l’imprenditore di Viterbo si presentarono anche i napoletani, Costi risponde: “doveva esserci qualcuno per certificare il risultato dell’incontro, ma non ci fu nessun risultato”.

Per la seconda vicenda, invece, e’ stato ascoltato un imprenditore di Milano truffato da Maria Rosa Gelmi per 300.000 euro, con la promessa di investimenti redditizi grazie agli agganci che la donna poteva procurare. Il teste parlando dell’imprenditrice afferma: “Era come una bella mela rossa, ma dentro e’ marcia” (Fonte Dire).