Barcellona, il rancore dei figli “bastardi” dell’Occidente

21 agosto 2017 | 17:35
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Barcellona, il rancore dei figli “bastardi” dell’Occidente

A guidare la mano dei giovani terroristi non è l’odio verso il nostro modello di sviluppo, ma il tradimento ricevuto da esso

REGGIO EMILIA – La strage di Barcellona è stata accompagnata, per l’ennesima volta da commenti che vanno dallo scontro di civiltà, alla guerra al terrorismo per poi finire nel “vogliono distruggere i nostri valori perché odiano l’Occidente”. Sono tutte frasi fatte che non colgono, a nostro parere, quanto sta avvenendo dalla caduta delle Torri gemelle ad oggi nel mondo.

Le frasi che ripetono come un mantra gli editorialisti sono sempre le stesse. Esaminiamole. Scontro di civiltà. E’ il “clash of civilizations” preconizzato dallo scienziato politico statunitense Samuel Huntington nel 1996. Secondo Huntington, in sintesi, le linee di faglia tra le civiltà saranno le linee sulle quali si consumeranno le battaglie del futuro.

E’ un’idea che, di fatto, presuppone che sia in corso un conflitto fra Islam e Occidente (e non solo secondo Huntington, ma qui ci interessa questo). Fra i nostri e i loro valori. Tuttavia lo scontro di civiltà cozza contro l’osservazione della realtà. Molti giovani musulmani, nei loro paesi, basta andare là e parlare con loro per rendersene conto, ammirano e anelano al modello di vita occidentale.

Molti stanno arrivando qui in Europa e, sicuramente, la maggior parte di loro non è contraria al nostro modello culturale se ambisce a viverci. Altri stanno nei loro paesi e preferiscono la loro cultura, ma la vivono in modo pacifico. Solo una minoranza si sente in guerra con l’Occidente. E per fortuna perché, se oltre un miliardo di musulmani dovessero insorgere contro il nostro stile di vita, sarebbe un grosso problema.

La guerra al terrore (o al terrorismo), altra parola che si sente spesso ripetere, è figlia di questa visione. Se c’è un conflitto di civiltà, allora vuole dire che c’è anche una guerra e quindi bisogna combattere chi mette in pericolo il nostro sistema di valori. In realtà per muovere una guerra, in senso classico, bisognerebbe avere un confronto fra due o più entità statali. Le nostre e quelle dei paesi musulmani che, tuttavia, attualmente per fortuna non sono in guerra con noi. Nè l’Isis, o quello che ne rimane, può essere considerato uno stato in senso classico.

Non di guerra, infatti, si deve parlare (come non lo fu con il terrorismo politico negli anni Settanta), ma di un’attività di intelligence e di polizia, combinata a leggi speciali che sono fondamentali per sconfiggere gli estremisti islamici che rappresentano una piccola parte del mondo musulmano. Qui, per esempio, senza scendere in un conflitto bellico, ci sarebbe ancora molto da fare per coordinare le varie intelligence e le varie legislazioni.

Veniamo all’ultimo concetto spesso utilizzato. Vogliono distruggere il nostro modello occidentale. Non tutti, in realtà, come si vorrebbe credere. Neanche tanti. Solo pochi. E qui bisognerebbe fare uno sforzo per capire perché giovani musulmani nati e cresciuti in occidente (e non), come sempre più spesso accade, vogliono uccidere loro connazionali (e non) e si sentono in conflitto con l’Occidente. La risposta, per quelli che vivono nei paesi africani o mediorientali, non è difficile da trovare.

I paesi occidentali hanno colonizzato le loro nazioni per secoli depredandone le ricchezze. Poi, quando non hanno potuto più farlo, hanno manipolato i loro leader e sfruttato economicamente quei paesi. Quando non era possibile, sono state mosse guerre e realizzati colpi di stato. E’ storia recente. Del resto, per esempio, l’Isis è un frutto avvelenato germinato dal caos seguito alla guerra in Iraq. Difficile pensare che non possano esservi giovani in quei paesi che odiano l’Occidente e il nostro stile di vita dato che, spesso, le nostre ricchezze dipendono proprio dallo sfruttamento delle loro nazioni. I valori che gli abbiamo portato sono colonialismo, guerre, morti, fame e povertà.

E che dire dei terroristi interni? Il caos che regna in quei Paesi si riverbera anche in Occidente. Questo perché le politiche neoliberiste che schiacciano i popoli nel terzo mondo sono le stesse che, oramai, si stanno applicando in larga scala anche in Europa e che stanno portando ad aumentare sempre di più il divario fra ricchi e poveri e a cancellare il ceto medio. I giovani musulmani europei, per ceto e per nascita, sono sicuramente quelli messi peggio in questa scala sociale. Disoccupati, senza futuro, spesso costretti a vivere in contesti degradati.

La maggior parte di loro, per fortuna, non si fa affascinare dalla retorica dell’Isis. Ma alcuni sì. E così Barcellona e le Ramblas diventano per gli assassini di qualche giorno fa, nel loro paesino sperduto in mezzo alla Spagna, il miraggio di alberghi, ristoranti, shopping a cui, probabilmente, non potranno mai accedere. E un’ipotesi, certo, ma non crediamo che a guidarli sia l’odio verso il nostro modello di sviluppo, ma il tradimento ricevuto da esso. Figli bastardi e ripudiati dell’Occidente. Una vita a metà. La propaganda dell’Isis, che mostra gli orrori compiuti dagli occidentali nei loro paesi contro i loro fratelli, fa il resto e si insinua nelle menti più deboli. E così, il ragazzino taciturno e semplice della porta accanto diventa il terrorista che falcia e uccide 14 persone sulle Ramblas.

Poi la vicina di casa commenterà: “Era così un bravo ragazzo”. E capiamo il suo stupore. Ma chi vuole analizzare veramente ciò che è accaduto, a meno che non sia in mala fede e non voglia servire interessi superiori che non sono quelli dei lettori, non può continuare ad usare il solito rosario di frasi fatte che abbiamo riportato sopra e deve andare un po’ più a fondo per capire cosa sta germinando nelle menti di questi giovani.