Pd, la scissione che oramai conviene ad entrambi

18 febbraio 2017 | 09:33
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Pd, la scissione che oramai conviene ad entrambi

Troppe le differenze fra due culture politiche che non si sono mai amalgamate. E, secondo i sondaggi, si potrebbero pure guadagnare seggi

REGGIO EMILIA – Il Pd, partito nato da una fusione a freddo fra Ds e Margherita dieci anni fa, è sull’orlo della scissione. Sono troppe le differenze di un esperimento politico fra due culture che non si sono mai amalgamate e non hanno mai trovato una sintesi sui tempi più importanti: lavoro, economia, temi etici…

Le linee di faglia delle fratture che si evidenziano, non a caso, rappresentano plasticamente questa divisione: da una parte ci sono i cattolici ex Ppi e, dall’altra, gli ex Ds di tradizione comunista. Un’altra parte degli ex comunisti, poi confluita in Sel, se n’era già andata al tempo della fusione.

Quello che sta accadendo ora, quindi, è il frutto di un esperimento politico, non riuscito e gestito troppo frettolosamente durante la fondazione, fra due partiti che, probabilmente, avrebbero dovuto restare divisi e poi allearsi solamente in funzione elettorale. Fonderli in un unico soggetto politico è stato probabilmente un errore.

In questo fine settimana, a meno di clamorose sorprese, si consumerà la rottura definitiva fra queste due anime. Le responsabilità, come sempre accade quando si litiga, sono sia della sinistra Pd che dei renziani. L’ex premier, fra l’altro, non è sicuramente l’uomo più adatto a ricucire e a mediare. Difficile quindi pensare a un ripensamento dell’ultima ora.

Fra l’altro, in termini di seggi e di poltrone, non è detto che la divisione porti complessivamente a un cattivo risultato per le forze che oggi compongono il Pd. Anzi, le cose potrebbero andare perfino meglio rispetto alla situazione attuale. E questo, sicuramente, i protagonisti di questo litigio lo hanno già ampiamente calcolato. Per di più il nuovo partito di sinistra potrebbe decidere liberamente i propri candidati senza dover contrattare con i renziani. Quindi…

Ma vediamo i sondaggi, per quello che valgono. Senza scissione, per Ipr, il Pd arriverebbe al 30% (191 seggi), ma se si presentasse una lista scissionista di sinistra a guida D’Alema-Bersani, sempre per Ipr, il Pd si fermerebbe al 22% con 141 seggi, mentre la nuova forza dalemiana raggiungerebbe l’11% con 71 seggi. Quindi 212 seggi in tutto. Secondo questo sondaggio la scissione porterebbe 21 seggi in più per le forze che oggi compongono l’ex Pd.

Per l’istituto Tecné, invece, il Pd prenderebbe il 29% (184 seggi) senza scissione. Il Pd senza sinistra, invece, il 20% e 128 seggi, mentre la sinistra con minoranza Pd ormai scissa il 14% e 90 seggi. Quindi 218 seggi in tutto. Ben 34 in più rispetto all’ipotesi del Pd unito. Vero che i sondaggi valgono fino a un certo punto, ma da queste proiezioni si evince che la scissione, in realtà, non farebbe perdere seggi all’attuale Pd. Nulla vieta, poi, un’alleanza elettorale fra le due nuove forze politiche.

Stante il quadro che abbiamo appena delineato, la scissione diventa l’ipotesi oggettivamente più plausibile. Porterebbe maggiore chiarezza dal punto di vista politico e, probabilmente, non farebbe grossi danni elettorali in questo sistema proporzionale.