Agazzani: “Palazzo Magnani, dopo i flop bene cambiare rotta”

1 luglio 2015 | 20:47
Share0
Agazzani: “Palazzo Magnani, dopo i flop bene cambiare rotta”

Il critico d’arte spara a zero su presidente e direttore artistico, parlando di mostre mal assortite e spese eccessive rispetto ai risultati. Il Comune diventerà socio della Fondazione. La presunta incompatibilità di Franceschini

REGGIO EMILIA – E’ polemica sui costi della mostra di Piero della Francesca allestita a Palazzo Magnani all’indomani dell’annuncio del sindaco Luca Vecchi dell’ingresso del Comune di Reggio nella compagine societaria della Fondazione Palazzo Magnani. Il critico d’arte Alberto Agazzani affonda il coltello e scrive sul web: “Ieri sera durante la Commissione Cultura del Comune di Reggio Emilia ho assistito ed ascoltato uno spettacolo che non avrei potuto credere possibile se non lo avessi vissuto in prima persona”, prendendo spunto dal fatto che la mostra su Piero della Francesca a Pm è costata 800mila euro ed è stata vista da 19mila visitatori.

La questione è complessa, ed intreccia il dibattito sulle sorti della cultura reggiana, alla lotta squisitamente politica.

Ma andiamo con ordine. La presidente della Commissione cultura, Federica Franceschini (Pd, legata all’area ex civatiana del vicesegretario provinciale Roberta Ibattici), è anche direttore artistico di Palazzo Magnani. Come consigliera comunale a fine maggio aveva chiesto maggiore trasparenza sui conti di Fotografia Europea, evidenziando come le cifre ufficiali fossero “gonfiate” dal fatto che ogni biglietto venduto contiene l’ingresso a più mostre ed il Comune non forniva il numero dei paganti ma il numero delle mostre visitate, che ovviamente sono molte di più.

Franceschini però finisce al centro delle polemiche, quando dai banchi dell’opposizione si evidenzia come potrebbe esservi incompatibilità tra l’incarico di consigliera e quello di dipendente di Palazzo Magnani qualora il Comune diventasse socio della Fondazione come da tempo si ipotizzava. Gli esponenti Pd ostili alla “area Ibattici” segretamente gongolano.

Lunedì, infine, in Commissione Cultura Franceschini assente per motivi di opportunità – l’annuncio del sindaco Luca Vecchi (che ha la delega alla Cultura): l’amministrazione intende stanziare nel 2015 10.000 euro, diventando così socio fondatore della Fondazione partecipata a maggioranza dalla Provincia, che gestisce lo spazio espositivo di Palazzo Magnani. L’obiettivo è “una semplificazione del quadro delle istituzioni culturali cittadine e di un rafforzamento delle collaborazioni tra di esse” in una fase storica di risorse calanti.

C’è chi rinfocola la polemica sulla Franceschini, ricordando come la mostra su Piero della Francesca abbia avuto incassi assai miseri in rapporto al costo. Chi di calcolatrice ferisce, in politica deve aspettarsi una “resa dei conti”. In questo caso letterale. Ma nell’ambito dello scontro, non si punta l’indice su Palazzo Magnani né sulla sua amministrazione, ma sulla direzione artistica.

In questo contesto si inserisce la penna al vetriolo di Agazzani, critico d’arte di chiara fama ed altrettanto limpide parole. La sua è una critica squisitamente culturale, ma nei corridoi dei palazzi della politica c’è chi sta nuovamente gongolando.

Tiro al bersaglio sul presidente Giglioli. Cosa scrive Agazzani? Pubblica nel suo profilo Fb un lungo ed articolato intervento (“Piero-senza-Piero a Palazzo Magnani: cronaca di una Affondazione”) di analisi, che non manca di bersagliare la presidente della Fondazione Iris Giglioli. In Commissione, attacca Agazzani, Giglioli avrebbe parlato di Pm “con un’esposizione che rasentava il delirio (…), parlando e straparlando di massimi sistemi e intenzioni pervicacemente abortite (e mai viste realizzarsi), sciorinando a sua non richiesta discolpa (excusatio non petita accusatio manifesta) dati citati per sentito dire, senza riferimenti precisi ed anzi inciampando in grossolanità.. (abbiamo così appreso che esiste un “cow funding”, una raccolta vacche a favore di Palazzo Magnani. E qui mi taccio), parlando dei conti altrui (Arthemisia, società museali di altre province, ecc ecc) senza precisione, per sentito dire”.

“Finalità disattese”. Il critico continua con virulenza: “… Per non dire poi delle finalità di Palazzo Magnani, costantemente disattese da quasi vent’anni, che prevedono, tra l’altro, la valorizzazione del territorio e dei suoi artisti (non specificano “artisti amici del – sedicente – direttore di turno”…)”. E rispetto alla dichiarazione di Giglioli “abbiamo valorizzato le tarsie lignee della chiesa di san Prospero ed il codice di Piero conservato alla biblioteca Panizzi”, Agazzani commenta: “Grazie, ma per le prime provvede, ad esempio, la guida del Touring da 120 anni e per il codice non era necessario spostarlo di 100 metri al modico costo di 800mila euro)”.
Giglioli definisce poi quella su Piero della Francesca “un grande successo”. Ma il critico riporta i dati, forniti da Franceschini: “Più di 800.000 euro spesi per 19.000 visitatori (dei quali circa 10.000 da fuori provincia), più 8.500 studenti (di quelli intruppati nelle famigerate quanto inutili “uscite culturali” di giovanile memoria). Facendo due rapidi calcoli ecco i dati del “grande successo”: il costo della mostra a visitatore (considerando come tali anche gli studenti intruppati) è stato di 29 euro, contro una media di 10 euro (11 euro il biglietto intero, 10 euro il ridotto e 5 euro gli studenti) di incasso, ossia una perdita pari a 19 euro a visitatore, ossia di un buon 75%. Non c’é che dire: “un grande successo”. Talmente grande che non ce ne si augura altri! Però, hanno sottolineato Giglioli e Franceschini, i costi sono stati tutti sostenuti da sponsor. Altra bella e consolatoria excusatio non petita, come se quelli non fossero denari e come se quegli stessi fondi non si sarebbero potuti utilizzare in maniera più (culturalmente e non solo) produttiva”.
Picasso a Milano – citata come paragone da Giglioli e Franceschini – “è sì costata più di 2 milioni” ma dice Agazzani “ha avuto una media di 3.300 visitatori paganti al giorno, superando abbondantemente i 500.000 visitatori con un introito approssimativo di oltre 4 milioni e relativo guadagno”.

La mostra su Escher. I dati relativi ad altre mostre prodotte dalla Fondazione in tempi recenti? Agazzani afferma: “Escher: costo 300.000 euro (cifra decisamente alta ma possibile) e 69.000 visitatori in 5 mesi (dato sostanzialmente irrilevante: non esiste correlazione fra la durata di una mostra ed i suoi visitatori oltre i due mesi). In merito le due sottolineano che tale “vantaggioso” costo è stato reso possibile grazie all’intervento di Piergiorgio Odifreddi… dimenticando che se di un privilegio gode Reggio rispetto ad Escher (ed all’omonima fondazione ed eredi) non è tanto la generosa e disinteressata amicizia del grande matematico (che ha fatto tutto ciò a titolo gratuito?), ma piuttosto dal fatto che la prima mostra di Escher realizzata in Italia fu realizzata proprio a Reggio Emilia nel 1969 grazie alla lungimiranza ed al coraggio di un grande sindaco chiamato Renzo Bonazzi”.

La mostra dedicata all’Ariosto. Per Agazzani è stata “un’indigesta e mal assortita insalata russa senza capo né coda … altro clamoroso flop, con annesso bagno di sangue, annunciato”.

I dettagli. Agazzani infine chiede: “Sarebbe interessante sapere nel dettaglio dove sono stati spesi questi 800.000 … Mi dicono 70.000 di allestimento (che mi pare un po’ tanto per qualche teca e qualche parete di cartongesso…), trasporti ed assicurazioni per una mostra simile non possono superare i 200.000 euro. Considerando che è stato dichiarato che “si è speso pochissimo in comunicazione” (salvo poi utilizzare il migliore e più capace ufficio stampa arte italiano, immagino non a titolo gratuito) la domanda viene spontanea: dove sono finiti 500 o 400 o 300 o 200 o anche solo 100 mila euro?”.

Il catalogo. Il critico reggiano è caustico anche sul catalogo: “Il volume che accompagna la mostra (“non un catalogo di mostrabello da sfogliare, ma un vero e proprio volume di saggi e studi” da candidamente ammesso Giglioli con incomprensibile orgoglio) è di proprietà della casa editrice, che da PM ha intascato solo il dovuto per le copie vendute. Altro colpo di genio! Chiunque sa che le copie vendute in mostra, soprattutto in occasione di esposizioni d’arte antica, sono minimali rispetto a quelle vendute in libreria sulla lunga scadenza e, considerando il costo oggi irrisorio di tali pubblicazioni, è stato l’ennesimo colpo di genio non acquistare i diritti in toto sulla pubblicazione, garantendosi un’entrata costante nell’immediato e medio futuro”.

Il direttore. Parlando di Franceschini, il critico d’arte (che molti definiscono “lo Sgarbi reggiano” per l’eccentrico e irruente atteggiamento pubblico) spara altre bordate che potrebbero essere strumentalizzate nell’ambito dello scontro politico. “Viene presentata come direttore di Palazzo Magnani, e lei non smentisce – attacca -. Quando, però, le/ci si chiede in base a cosa ed a quali titoli possa definirsi tale improvvisamente diventa una semplice impiegata provinciale distaccata a Palazzo Magnani dove esercita il ruolo, condiviso, di direttore artistico. Direttore artistico su che basi? Con che curriculum che non sia quello tutto e solo costruito all’interno dello stesso PM come assistente del direttore-non-direttore Parmiggiani, altro cooptato”. Lo stesso Agazzani non ha un curriculum universitario tradizionale, ma spiega: “Uno storico dell’arte si definisce tale non solo per un titolo di studio (che hanno migliaia di giovani e meno giovani ad onor del vero), ma sulla base di pubblicazioni, articoli scientifici, partecipazioni a convegni, mostre curate… possibilmente a non a casa propria e non con “maestri” come il rag. Sandro Parmiggiani”.

Infine, Agazzani solleva la questione di incompatibilità del doppio ruolo: “Non si è mai visto uno che assegna contributi e denaro alla fondazione della quale è dipendente… A parte che tale norma è stata stabilita da regolamenti statali e non dai soliti rosiconi, e come tale va rispettata e applicata laddove ve ne siano i presupposti, esiste anche una questione morale che dovrebbe anticipare la legalità, evitando comportamenti inopportuni”. E dunque, conclude il critico d’arte, “bene ha fatto il sindaco ad usare cautela e a mettere bene in chiaro, ancorché col consueto garbo, che un futuro possibile e maggiore coinvolgimento del Comune (oltre i 10.000 euro s’intende) sarà subordinato ad un cambio di rotta. L’unica cosa sensata ascoltata ieri sera”.