Acqua pubblica, il Pd boccia la newco: si va verso la società mista

9 giugno 2015 | 12:18
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Acqua pubblica, il Pd boccia la newco: si va verso la società mista

Il documento approvato all’unanimità con i soli voti contrari di Tutino, De Franco e Tagliavini. L’allarme: “Conseguenze sociali e sui servizi inimmaginabili”

REGGIO EMILIA – La direzione provinciale del Pd ha approvato a larga maggioranza un documento, sul tema della ripubblicizzazione dell’acqua in cui si boccia la newco pubblica e dà mandato agli amministratori di “individuare un’altra soluzione tecnica, che garantisca a Reggio Emilia il più possibile il controllo della “sua” acqua, della sua qualità, del suo costo, della sua gestione, andando oltre l’attuale sistema e rispettando quello che è il dettato delle norme di bilancio, anche attraverso gli opportuni strumenti societari”.

In sostanza, quindi, si va verso la società mista pubblico-privata con gli enti locali al 51% e Iren, con una società veicolo, al 49% che è la soluzione prospettata dal vicesindaco del Comune di Reggio, Matteo Sassi, e auspicata anche dal sindaco di Reggio Luca Vecchi. I tre contrari al documento approvato sono stati l’assessore comunale Mirko Tutino, il consigliere comunale Lanfranco De Franco e il sindaco di Quattro Castella, Andrea Tagliavini.

La direzione provinciale del Pd “valuta positivamente il lavoro fin qui svolto dagli amministratori sul tema della “ripubblicizzazione dell’acqua”, che ha consentito di mettere in evidenza criticità e  opportunità dell’operazione così come era stata delineata due anni fa” e “afferma che già oggi la proprietà delle reti in provincia è indissolubilmente pubblica e che il nostro servizio idrico è riconosciuto come ai massimi standard di qualità a livello nazionale, con uniformità di servizio dal crinale al Po”.

Secondo il Pd “questa qualità va difesa ed incrementata secondo i principi di territorialità, trasparenza e controllo per evitare derive speculative nelle modalità di gestione ed anche per assicurare corrette politiche tariffarie che tutelino i cittadini.  Così come va tutelato il livello occupazionale che oggi consta di oltre 300 persone impegnate quotidianamente a garantire il servizio alla comunità reggiana”.

Ma, ed è questo quello che spaventa di più i sindaci del territorio, la direzione prende atto di quanto scritto all’Articolo 1, comma 609, lettera B della Legge di Stabilità 2015: “Nel caso di affidamento in house, gli enti locali proprietari procedono, contestualmente all’affidamento, ad accantonare pro quota nel primo bilancio utile, e successivamente ogni triennio, una somma pari all’impegno finanziario corrispondente al capitale proprio previsto per il triennio nonché a redigere il bilancio consolidato con il soggetto affidatario in house”.

Questo significa che, sostanzialmente, i Comuni sarebbero costretti a mettere a bilancio i debiti contratti con le banche pro quota creando grossi problemi ai propri bilanci e alla possibilità di fare investimenti e di garantire servizi sul territorio. Scrive il Pd: “I numeri messi in evidenza nello studio di fattibilità intrecciati con questo contesto normativo nazionale, mettono potenzialmente a repentaglio l’equilibrio economico-finanziario di numerosi Comuni già ad oggi espropriati della propria autonomia di bilancio. Un blocco simultaneo di diversi enti avrebbe conseguenze sociali e sui servizi inimmaginabile, a partire da coloro che oggi hanno più bisogno di aiuto”.