“La sinistra Pd farà la fine della riserva indiana”

7 maggio 2015 | 11:14
Share0
“La sinistra Pd farà la fine della riserva indiana”

Stefano Morselli scrive: “Civati lo ha capito, seppure dopo tentennamenti che lo hanno reso più debole politicamente”

REGGIO EMILIA – Pippo Civati, finalmente, ha deciso navigare in mare aperto. Non cambierà le sorti del mondo, da solo nemmeno quelle della politica italiana, però è un ulteriore segnale della impossibilità di immaginare un futuro per la sinistra restando all’interno del Pd. Personalmente, penso (e scrivo fin da allora) che il lungo addio del Pd all’idea stessa che debba esistere una sinistra politica sia cominciato nel momento della sua nascita. D’altra parte, non era necessario essere un veggente: bastava ascoltare e prendere sul serio il primo segretario Valter Veltroni. Il quale, pur venendo dal Pci, disse subito con apprezzabile chiarezza che il Pd sarebbe stato un “partito riformista, ma non di sinistra”.

In realtà l’idea di partito e di governo di Matteo Renzi sono lo sviluppo estremo e certo alquanto hard di quella impronta originaria. Valter Veltroni, ancora lui e ancora una volta con apprezzabile chiarezza, ha recentemente spiegato in una intervista a Repubblica che lui, all’ultimo congresso, ha sostenuto proprio Renzi, considerandolo coerente con l’ispirazione fondativa del Pd. Dunque, Renzi non è un alieno venuto da chissà dove, un usurpatore favorito del destino cinico e baro, E’ il risultato – per quanto alcuni fingano di stupirsi e parecchi se ne stupiscano davvero – di una storia lunga diversi anni.

Ora è pur vero che, nel ceto politico, molti “renziani” della seconda, terza e ultima ora sono balzati sul carro del vincitore più per comodità personale che per convinzioni ideali, quindi sarebbero presumibilmente pronti a smontare rapidamente se e quando il carro non fosse più quello vincente. Ma è altrettanto vero che il Pd, a otto anni dalla scelta “riformista ma non di sinistra”, sta ormai completando un cambiamento radicale di pelle, di senso politico, di riferimenti sociali, anche di elettorato. In molte parti d’Italia, il “partito della nazione” è già una realtà, affollata di trasformisti, pezzi di destra, personaggi di dubbia reputazione, perfino qualche ex fascista neppure tanto ex.

Su che cosa si basino, concretamente, le speranze di una inversione di tendenza è un mistero della fede. Era già troppo tardi quando Bersani, da segretario, provò a dare una sterzata, per altro debole e contraddittoria. Figuriamoci adesso, La “battaglia interna” alla quale si aggrappano le minoranze – più precisamente la parte che non intende fare una comoda opposizione di sua maestà – non ha prospettiva, se non quella di ridursi a una specie di riserva indiana testimoniale. Civati l’ha capito, anche se dopo tentennamenti che lo hanno reso più debole politicamente e hanno ridotto l’impatto della sua decisione. Per chi ha a cuore l’esistenza di una sinistra, ogni giorno sottratto alla ricostruzione di una nuova forza politica è un giorno sprecato inutilmente, che allontana un obiettivo già di suo parecchio difficile.